Casa Editrice: Edizioni Effigi
Anno: 2019
N. Pagine: 188
Formato: 16.5x24
“La storia è memoria” soleva ripetere l’epigono della scuola storica Jacques Le Goff. Una memoria il più possibile oggettiva, attraverso lo studio dei documenti. Non certo una carrellata sterile di date e avvenimenti, bensì un’analisi di problematiche osservate, studiate in “maniera globale”. Le brevi riflessioni che seguono testimoniano come la storia possa essere intesa come una vasta esperienza delle varietà umane, un lungo incontro degli uomini e – facendo nostra la lezione di Adriano Cavanna – «il diritto riflette sempre la tavola dei valori di una società e il concetto che quest’ultima ha della giustizia». Memore del testamento del grande fondatore della scuola storica francese, a distanza di alcuni anni dalla prima pubblicazione sulle Commende Stefaniane mi accingo con animo rinnovato a rispolverare quelle antiche carte, sempre certa che l’insegnamento di Marc Bloch e Lucien Febvre non può restare lettera morta, qualcosa di inerte, segregato tra le antiche stanze del sapere universale: la riflessione sulla necessità interiore di “comprendere il presente attraverso il passato e comprendere il passato attraverso il presente” non può certo limitarsi ad una sfera dell’esistenza ma dovrebbe assorbire ogni ambito dell’esistenza umana e civile, per quelle motivazioni legate al significato stesso del verbo “comprendere”. Secondo Erodoto il “mestiere” di storico consisteva nel “raccontare ciò che fu”, eclissandosi di fronte ai fatti, mossi in primis dall’onestà intellettuale. Tale formula mostra ancora oggi la propria ambiguità, può essere letta certamente come consiglio di probità ma anche di passività. Ciò che conta, a mio modo di vedere, è farsi pervadere da una sola passione: quella per la conoscenza, senza distogliere lo sguardo dall’uomo senza aggettivi, corpo e anima che ricongiungono in sé il cosmo. Da tali premesse scaturisce l’indagine sull’Ordine di Santo Stefano Papa e Martire e la “Commenda di Porrona”, consapevole della lezione di Bloch secondo cui ogni scienza non è che una parte del moto universale verso la conoscenza. Nel corso della presente analisi il lettore avrà modo di “scoprire” che Cosimo I de’ Medici instaurò una politica tesa alla creazione di nuove formule statutarie che determinarono il consolidamento di uno Stato su base regionale ed il sorgere di una Religione. Quest’artificio produsse il Granducato di Toscana che poggiava su di una nuova istituzione cavalleresca: il Sacro Militare Ordine di Santo Stefano Papa e Martire. La commenda dell’Ordine stefaniano divenne una sorta di stipendium dignitatis disciplinato dagli Statuti, che costituirono la premessa di diritto positivo per la creazione di un nuovo tipo di titolarità reale. Il grado di Miles assurgeva a nuova dignitas elargita a seguito di un procedimento, preceduto da una supplica, dal Magnus Dux Etruriae, che, rifacendosi al diritto feudale, concedeva la commenda quale serenissimo Gran Maestro ed esempio concreto fu la Commenda di Porrona. Il feudo, in questa particolare accezione di dignitas che si potrebbe definire cavalleresca, era lo strumento giuridico previsto dalle disposizioni statutarie della Sacra Militia al fine di incrementare il numero dei nuovi fedelissimi, prodi cavalieri, pronti a giurare fedeltà al proprio Magnus Magister. Lo status nobiliare veniva dispensato da quest’ultimo, che poteva quindi disporre di stretti collaboratori pronti a difendere il Granducato dagli invasori, dagli assalitori e dai nemici. Il sovrano e Gran Maestro, seguendo un modello di diritto patrio feudale, dispensava benefici ai valorosi cavalieri che avrebbero rappresentato l’unità del Granducato. In controtendenza rispetto ad altri Stati vicini, non si affidò ai nobili, creando un sistema fondato su una nuova classe dirigente.
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Casa Editrice | Edizioni Effigi |
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Codice | 978-88-6433-950-4 |
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