Casa Editrice: Olschki Editore
Anno: 2021
N. Pagine: 243
Formato: 10.5x17
Storia di un libro che ha fatto la rivoluzione editoriale
È grazie ad Aldo Manuzio, editore geniale e anticipatore delle esigenze di mercato, se l’esule Machiavelli - traendone un dotto e piacevole divertimento - può leggere Dante e Petrarca durante le soste delle sue passeggiate nei boschi che circondano sant’Andrea in Percussina, alle porte di Firenze. La grande rivoluzione operata da Manuzio è la miniaturizzazione del prodotto editoriale, paragonabile oggi, più che ai tascabili, alla rivoluzione degli smartphone e dei pc leggeri e sottili. Manuzio pensa a un prodotto che allarghi il mercato editoriale, sia pure limitatamente a un’élite dai gusti raffinati. E nel 1501, con Virgilio, viene inaugurata, la produzione dei “libretti da mano” (enchiridia), un formato (in 8°) fino ad allora dedicato a testi di devozione. Questi libretti sono senza commento, la lettura deve scorrere agevole per il lettore, libera da orpelli eruditi, imprescindibili per edizioni di altro tipo. Specificatamente per la Divina Commedia, non viene nemmeno giustificato il titolo, un po’ strano rispetto alla tradizione: Le terze rime di Dante. C’è poi la scelta di riprodurre il testo con un carattere per il quale Aldo Manuzio si guadagna ulteriore fama: il carattere italico, il corsivo, che reinventa la scrittura latina attraverso un segno inclinato verso destra conservando, però, le maiuscole romane. Un’altra scelta con l’obiettivo di facilitare la lettura (e che insieme al formato fu oggetto di richiesta di privilegio al doge di Venezia).
l valore di questa edizione, un «monumento culturale»
Daniele Olschki ha deciso di riproporre il facsimile di quell’edizione aldina del 1502 basandosi sull’esemplare conservato presso la Biblioteca Classense che nel 1905 lo acquistò da Leo S. Olschki, insieme al resto della raccolta di Leo (edizioni, traduzioni e commenti danteschi) allora sicuramente il repertorio più completo relativo all’opera di Dante. Ma l’aldina 1502 viene anche riproposta a cento anni esatti dalla pubblicazione della Divina Commedia tratta dal Codice Landiano (1921, ancora artefice Leo Olschki), evidenziando, tra anniversari e scelte editoriali, il legame della casa editrice con Il Sommo Poeta. Un legame che non si incontra altrove e che si manifesta nella cura di questa edizione rilegata e custodita in cofanetto, raffinato oggetto editoriale in grado di competere (e con un prezzo decisamente più agevole) con la settantina di esemplari del 1502 che stanno ancora circolando sul mercato antiquario. L’operazione riveste un valore notevole sia per la storia delle edizioni dantesche che per quella dell’editoria, oltre a rappresentare un omaggio originale nell’ambito del settimo centenario della morte di Dante. Per quanto possa essere rischioso parlare di monumenti, sottoscriviamo volentieri la definizione di Francesco Barbieri quando, nell’introduzione parla di «monumento culturale». Il testo dell’edizione del 1502 è infatti curato da Pietro Bembo che si è basato sull’edizione della Divina Commedia donata da Boccaccio a Petrarca (1353/1355) confrontata con la lezione princeps del codice Landiano (un’edizione tratta dal quale il Bembo stesso donò a suo padre in occasione del restauro della tomba di Dante a Ravenna sovvenzionato proprio da Bernardo Bembo nel 1481) che fu la lezione dell’edizione olschkiana del 1921. Una fitta rete di relazioni e richiami che evoca intrecci culturali oltre ogni tempo. Dante è in esilio, Inferno e Purgatorio non gli hanno procurato i benefici che si aspettava (a cominciare dal riavvicinamento a Firenze), al contrario lo hanno danneggiato come autore. Cangrande della Scala non vuole o non può offrirgli il posto nello Studio scaligero al quale Dante aspira per concreti motivi economici. In reazione ai suoi detrattori (era stato accusato anche di stregoneria), Dante distoglie l’attenzione dal Paradiso, quasi alla fine, e si dedica alla redazione della Quaestio, secondo i criteri previsti dal genere.