Casa Editrice: Aska Edizioni
Anno: 2012
N. Pagine: 168
Formato: 17x24
Il territorio del Valdarno superiore, tra Firenze, Arezzo e Siena, alla metà del XIII secolo era ancora in gran parte soggetto a signorie locali che detenevano il potere in nome dall'autorità imperiale. Nelle città invece, il governo era stato assunto più o meno stabilmente da una «fazione», che nascondeva le ragioni della sua supremazia politica ed economica sotto l'esteriore diversità di «parte» (guelfa a Firenze, ghibellina ad Arezzo e Siena), all'ombra del vessillo di una delle «due spade»: quella dell'imperatore o quella del papa... e forse la scelta di appoggiarsi all'impero per ottenere la concessione di autonomie e favori, così come quella per contro di opporsi ad esso al fine di raggiungere più o meno lo stesso obiettivo, potevano essere state influenzate dagli interessi divergenti delle città «rivali», per cui se l'una stava col pontefice l'altra non poteva che schierarsi con l'impero. In tutte era comunque avvertita con forza la necessità di controllare direttamente, per quanto fosse possibile, il proprio contado, dal quale dovevano pervenire senza interruzione gli approvvigionamenti alimentari e di altro genere. Per raggiungere lo scopo si poteva anche allearsi con la città più prossima ma non si esitava affatto, quando
occorreva, a «pestarle i piedi», soprattutto se in essa si fossero rifugiati i «banditi» esponenti della fazione opposta a quella di governo. Con lo stesso spirito agivano le signorie del luogo che pur di conservare i loro privilegi sostenevano l'una o l'altra
«parte», oppure vi si opponevano secondo la convenienza. Da qui le continue guerre «combattute con varia fortuna, senza vittoria piena degli uni o degli altri, seguite da paci giurate a malincuore e rotte alla prima occasione» (C. Paoli). È in questo contesto che la Repubblica fiorentina progettò la costruzione nel Valdarno superiore di ben sette terre nuove, delle quali solo tre (San Giovanni, Castelfranco e Terranuova) furono poi effettivamente portate a compimento per ragioni diverse e non senza qualche problema; il fine dichiarato esplicitamente dalle autorità cittadine era quello di controllare la produzione e i mercati, presidiare le vie di comunicazione verso sud e sottrarre fideles ai «magnati» del luogo per far «terra bruciata» attorno a loro e minarne il potere alla base; altre motivazioni sembrerebbero essere state marginali.
In Appendice al volume si pubblica per la prima volta, in foto e in edizione critica, il testo integrale del trattato concluso nel gennaio 1303 (s.c.) fra il governo fiorentino da una parte e Carlino dei Pazzi e i suoi consorti dall'altra, trattato che fece guadagnare anticipatamente al capo ghibellino un posto fra i traditori più infami nell'Inferno di Dante: «... sappi ch'io fui il Camicion de' Pazzi / e aspetto Carlin che mi scagioni» (Inferno, XXXII, 68-69); l'accordo costò a Firenze l'esborso di 4.000 fiorini e la rinuncia alla sovranità su qualche castello ma ebbe conseguenze di non poco conto anche sulla costruzione in atto della terra nuova di Castelfranco di Sopra.
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Casa Editrice | Aska Edizioni |
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Codice | 978-88-7542-181-6 |
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