“L’ala ferita ancora / Vola, ma ha perso il cielo”: i versi di Viola di morte che danno il titolo al volume esemplificano la “brama d’infinito brutalmente spezzata, frustrata e vanificata dalla prosaicità della vita” che costituisce uno dei temi di elezione di Tommaso Landolfi. Ritenuto dalla critica il più virtuosistico prosatore italiano del ‘900, solitario, appartato, eccentrico dandy con la passione divorante per il gioco, ebbe frequentazioni letterarie (tradusse Gogol, Dostoevskij, Tjutcev, Tolstoj, Turgenev, il Cechov dei racconti e, dal tedesco, Hoffmann e Novalis) che lo potrebbero apparentare ai grandi narratori fantastici dell’800, ma il suo immaginario è aggiornato ai fantasmi onirici del Surrealismo e alle profondità novecentesche dell’inconscio. In questo libro Arcangelo Mazzoleni compie un’immersione nel continente sommerso che è alla base della produzione poetica di Landolfi: attraverso un’analisi delle tre raccolte Breve Canzoniere, Viola di morte e Il tradimento ne coglie i rapporti cogli scritti di narrativa, rinvenendo poi i molteplici influssi della sua ispirazione, analizzando la sua lingua fastosa e barocca, immaginifica, nonché scavando nel territorio oscuro delle sue ricorrenti ossessioni: il tema pervasivo della Madre perduta, lo straniato orrore per la quotidianità domestica, la ripresa dell’immagine gotica della Donna, “creatura angelicata o malefica Medusa”, o “la morte del Sole”: proiezione apocalittica di un’immane catastrofe interiore.