Universo e Metaverso sono due luoghi tanto sconosciuti quanto affascinanti al punto da essere ormai sempre più oggetto di interesse da parte di tutti. Non passa giorno che non si apprendano nuove scoperte in ambito astronomico e aerospaziale, così come è assolutamente normale per le nuove generazioni varcare le soglie del metaverso ed esplorarne le apparentemente infinite possibilità. A proposito di questi argomenti e di qualche consiglio di lettura
ad hoc, abbiamo rivolto alcune domande a
Valentino Megale, imprenditore nell’ambito della salute digitale, benessere mentale e tecnologie XR, con all’attivo un dottorato di ricerca nell’ambito della Neurofarmacologia, CEO e cofondatore di Softcare Studios e docente del Master in Space Design di ISIA Firenze.
Valentino, recentemente due temi come Metaverso ed esplorazione dell’Universo sembrano sempre più entrare nella quotidianità contemporanea grazie ad articoli di giornali, mostre dedicate (come la recente Let’s get digital organizzata alla Strozzina di Firenze). Cosa sta succedendo e come sono legate queste due realtà?
Dopo aver esplorato oceani e continenti, la tecnologia ci offre oggi la possibilità di intraprendere l’esplorazione di nuovi orizzonti, estendendoli molto oltre i confini del nostro pianeta Terra. Da un lato, i successi dell’ingegneria, la riduzione dei costi e l’ottimizzazione dei processi ci permettono di vivere l’alba della New Space Economy, in cui viaggiare nello Spazio, verso la Luna, Marte e altri pianeti sta diventando accessibile ad un numero sempre maggiore di attori, pubblici e privati. Parallelamente, tecnologie come la realtà virtuale ci permettono di inoltrarci in spazi mai esistiti prima, quelli del Metaverso, trasposizioni digitali del nostro immaginario grazie a cui poter espandere la nostra percezione e condividere esperienze esotiche con intere comunità di persone dovunque queste si trovino, abbattendo distanze e limitazioni fisiche. In un certo senso, stiamo vivendo una nuova “Age of Wonder” come descritta nell’omonimo libro di
Richard Holmes riferendosi agli esploratori di fine 1700 che con i loro viaggi attorno al mondo inaugurarono anche le basi della scienza moderna e di una nuova consapevolezza dell’umanità. Oggi, questi viaggi ci portano sempre più lontano dalla nostra “Casa”, o sempre più in profondità nella nostra mente e, a mio avviso, ciò che le lega maggiormente è il viaggiatore stesso, l’essere umano. Davanti a prospettive così ignote, non ci siamo mai sentiti così spaesati come oggi, eppur così, quasi forzatamente, vicini ai concetti che più diamo per scontati, quali la nostra identità, i limiti del nostro corpo e la coesione sociale che tiene in piedi l’umanità. I viaggi di oggi sono una grande sfida allo status quo ed anche un’importante opportunità per conoscerci meglio.
Quali libri possono essere dei validi approfondimenti nell’ambito della nuova corsa allo Spazio e dal punto di vista delle tecnologie immersive e del metaverso?
Come docente del Master in Space Design, il mio focus didattico sarà l’impatto dell’esplorazione spaziale sulla mente ed il comportamento degli esseri umani, quali anomalie possono insorgere a causa delle forti limitazioni imposte dalle missioni spaziali e quali potrebbero essere le possibili contromisure, supportate anche dalle nuove tecnologie quali la realtà virtuale, impiegata in situazioni simili sulla Terra. A tal proposito, mi piacerebbe condividere due libri che pur parlando di spazio e metaverso finiscono per sondare proprio gli abissi della mente, la frontiera ultima di ogni viaggiatore. Il primo è “Solaris”, il più noto romanzo dell’autore polacco
Stanislaw Lem. Si tratta di un racconto di fantascienza, in cui l’esplorazione spaziale di uno strano pianeta senziente spinge i protagonisti a confrontarsi con drammatici dilemmi sulla propria identità e sul concetto di intelligenza. Due degli ingredienti della personalità umana messi sempre più in crisi anche nella nostra società ipertecnologica dinanzi a simulazioni del comportamento umano progressivamente più convincenti, quali quelle basate sull’intelligenza artificiale. Interessante è il fatto che Lem, esperto in cibernetica, sia stato anche tra i principali autori a riflettere sulla realtà virtuale e sull’impatto delle simulazioni digitali sulla società umana. Collegandoci alla realtà virtuale e spingendoci così verso il tema del Metaverso, consiglierei il romanzo dove questa parola è stata usata per la prima volta: “Snow Crash”, dello statunitense
Neal Stephenson. In “Snow Crash” viene creato l’immaginario alla base della ambizioni moderne riguardanti il Metaverso: una società distopica, sull’orlo della catastrofe climatica, in cui il potere appartiene a grandi monopoli ed i cittadini vivono letteralmente una doppia vita, fisica e virtuale, immergendosi in mondi immaginari in VR dove compensare le mancanze del mondo fisico. In un mondo in cui è possibile essere chiunque vogliamo, chi siamo davvero? E soprattutto, davvero la vogliamo una realtà in cui preferiamo fuggire in spazi virtuali piuttosto che costruire un mondo fisico migliore?
Qual è l’impatto della realtà virtuale sulla psicologia della persona?
La realtà virtuale sta emergendo come strumento chiave per capire meglio come funziona la nostra mente. Abbiamo da sempre avuto la tentazione di manipolare la realtà circostante per sperimentare con la nostra percezione, ma mai come ora abbiamo avuto la possibilità di avere così tanto controllo su questo processo. La VR sottolinea un dato di fatto, tanto fondamentale quanto dato per scontato: la nostra personalità, il nostro comportamento e interpretazione del mondo dipendono dall’elaborazione delle informazioni sensoriali da parte del cervello. Un processo non sempre perfetto, in cui esperienze e dati sensoriali possono concorrere tanto a renderci felici quanto a generare condizioni patologiche come depressione, fobie, spiccata percezione di dolore e così via. Grazie alla VR, abbiamo a disposizione uno strumento utile e non invasivo per caratterizzare meglio queste condizioni, ma anche per supportare interventi terapeutici. Con il crescere delle evidenze scientifiche, la VR viene sempre più utilizzata per la gestione del dolore acuto e cronico, per la facilitazione di lunghi percorsi di riabilitazione neuromotoria, per il trattamento di fobie e PTSD, e nell’ambito della psicoterapia (chiamata in questo caso cyberterapia). È la sfida che portiamo avanti quotidianamente con
Softcare Studios, startup che ho co-fondato insieme ad altri 4 colleghi nel 2017 a Roma, specializzata nello sviluppo di esperienze in realtà virtuale per la gestione non farmacologica del dolore nei pazienti ospedalizzati. Un esempio è il nostro progetto
TOMMI dedicato ai pazienti pediatrici, progettato per ridurre la percezione di dolore durante procedure mediche stressanti quali le routine di accesso vascolare, limitando al contempo la necessità di somministrare farmaci sedativi (come evidenziato nella recente
pubblicazione scientifica ad opera dell’ASST Fatebenefratelli di Milano), generando valore tanto per il paziente (migliore esperienza terapeutica) quanto per il personale medico (riduzione di tempi e costi). In numerosi percorsi terapeutici, i processi cognitivi giocano un ruolo essenziale, e grazie alla VR abbiamo a disposizione un nuovo alleato per valorizzare la componente mentale del paziente, rendendolo parte ancora più attiva della cura.
Quanto è importante la formazione di figure professionali che abbiano un approccio multidisciplinare nell’ambito dell’esplorazione spaziale?
L’esplorazione spaziale è una sfida poliedrica, in cui il successo di una missione dipende da un’integrazione efficace di tutte le sue componenti, dalla complessità umana degli astronauti fino a quella delle tecnologie utilizzate. Così come queste componenti devono “completarsi” a vicenda, allo stesso modo chi concorre alla progettazione di una missione spaziale deve essere in grado di relazionarsi con altri specialisti, apprezzare prospettive diverse e approcciare ogni problema attraverso valutazioni profondamente orizzontali. La multidisciplinarietà non è un’opzione, ma un requisito fondamentale. E lo è non solo per l’esplorazione spaziale, ma per la stragrande maggioranza di sfide che siamo chiamati ad affrontare nel nostro presente e futuro come società umana.