Scrivere di punta. Le schegge di saggezza di Piero Bargagli

Massimiliano Bellavista

11/03/2020

Sono il bagaglio a mano della letteratura.  In cappelliera questo bagaglio ci sta sempre, basta al limite spingere un po' per farlo entrare. Se i massicci romanzi storici o le smisurate epopee familiari sono l’artiglieria pesante della Repubblica delle Lettere, gli aforismi ne sono il fioretto, l’avanguardia e più di frequente la retroguardia. Leggeri e maneggevoli ma, visti i tempi, decisamente e in tutti sensi, virali, sono l’iniezione di adrenalina salvavita contro il morso della depressione culturale. Una iniezione dove spesso per la verità a tanta adrenalina si mescola anche una buona quantità di serotonina, sotto forma di ironia e sarcasmo.

Ma è un genere, se non proprio da specie protetta come oggigiorno è la poesia, quantomeno minacciata, vista che ciò che prima si condensava piuttosto comunemente in libri e pamphlet, sovente pubblicati in forma anonima o sotto coloriti pseudonimi, ma comunque pubblicati, apprezzati e condivisi, adesso si disperde nei social, e spesso scade in volgarità gratuite o magre invettive, allontanandosi così dal gusto del lettore medio. Chi sa scrivere buoni aforismi oggigiorno? Si contano sulle dita di una mano.
Flaiano era uno che con gli aforismi ci sapeva davvero fare e, constatando questo stato di cose, avrebbe fatto spallucce. Sul Corriere della Sera di esattamente cinquantuno anni fa scriveva: “La crisi della cultura. C’è sempre stata: Shakespeare non sapeva il greco e Omero non sapeva l’inglese”. Quindi smettiamola di preoccuparci e godiamoci un sommerso autore di interessanti aforismi, riflessioni e salaci poesie condensate in scarni libretti che lui definiva Schegge. A suggerire il titolo al loro autore fu Prezzolini, che in una recensione disse Queste sono schegge di saggezza, sarebbe anche un bel titolo.  E così accadde.

Questi libretti escono uno dopo l’altro, in un periodo relativamente breve, dal 1977 ai primi anni Ottanta, in poche copie che subito vanno esaurite e hanno grande successo. Le citava Prezzolini, le citava di frequente Montanelli. John Rame, caposcuola del pop-snob, ne è il disincantato autore. Chiaramente, si tratta di uno pseudonimo. La Elena Ferrante del caso altri non era che il Marchese Piero Bargagli, senese, poi trasferitosi in Svizzera, a Lugano.  Alla fine degli anni Ottanta, del personaggio fuori dagli schemi si innamora Maurizio Costanzo, all’apice del successo con il suo Show. Ospite regolare del Teatro Parioli, questo personaggio non più giovane attira l’attenzione della televisione con le sue “Schegge di Saggezza”, libretto dove sono raccolti e condensati tutti i suoi colpi di fioretto. E di nuovo torniamo all’inizio di questo articolo: nella prefazione alle Schegge del 1992, pubblicato un anno prima che Bargagli morisse, è lo stesso Prezzolini a dire che Una delle malattie di tutta la letteratura italiana dai Siciliani a D’Annunzio fu la sovrabbondanza e lo spreco di parole. I nostri poeti, pochi esclusi, furono sovrabbondanti, ed io reagii fin da scolaro con risa, beffe, caricature e contraffazioni. Quando il Bargagli mi regalò questi suoi preziosi minuscoli prodotti, ora in versi ora in prosa, ma sempre di proporzioni da biblioteca delle formiche lo riconobbi come un compagno e spero d’essere ricambiato.

Ancora Flaiano gli farebbe eco, prendendosi gioco di capolavori che oggigiorno hanno i minuti contati e invocando per la letteratura nostrana l’avvento di uno stile concreto e asciutto, alieno da zavorre intellettuali e barocchismi, si potrebbe anche dire più spontaneo e genuino, visto che alla fine Il mio gatto fa quello che io vorrei fare, ma con meno letteratura (il Taccuino del marziano). Scrive Bargagli: Pensare è inutile,/ agire molesto/discorrere superfluo,/credere assurdo,/amare ridicolo./Nascere vessatorio,/mangiare istintivo,/scopare rischioso,/crepare definitivo/tutto quanto ovvio.

Bargagli è anche capace di accostamenti sorprendenti L’insonnia e la stitichezza sono strette parenti; l’una e l’altra sono conseguenze del vizio principale dell’uomo: l’impazienza (che è poi impazienza di morire). E la miglior cura è la pazienza. Aspettate tranquillamente di addormentarvi sdraiati nel letto: il sonno verrà. Aspettate serenamente di liberarvi seduti sul cesso: qualcosa verrà. Insonnia e stitichezza sono anche ottime amiche della cultura. L’attesa va confortata da buoni libri, con notevole vantaggio mentale.

Ma non è finita qui: nel 1991 c’è un attore e regista famoso che decide di fare un film tutto improntato ad una riflessione sull’amore e sulle sue conseguenze, un film-aforisma, a cominciare dal titolo Pensavo fosse amore e invece era un calesse. Massimo Troisi in questo film cita Bargagli. Si dice spesso che di riferimenti letterari sia intriso solo il suo ultimo film, il Postino, ma non è vero. Anche in Pensavo fosse amore, ci sono letteratura e filosofia. Soprattutto aforismi memorabili in stile Bargagli. La storia ruota intorno a due personaggi, Tommaso e Cecilia, lui gestore di un ristorante, lei di una libreria. All’inizio del film, nella libreria a Cecilia chiedono di un libro di cui si è sentito parlare in TV (forse si allude proprio allo show di Costanzo) e in particolare di una frase, in esso contenuta: Non bisogna amare per amore ma per schifo, perchè l’amore finisce ed è una delusione, anche lo schifo finisce però è una soddisfazione. Cecilia quella frase la riconosce subito e dice che si tratta del Matrimonio di convenienza del Marchese Piero Bargagli scritto sotto lo pseudonimo John Rame.

I due, Cecilia e Tommaso, si amano, ma arrivano sempre lì lì per sposarsi e poi non ne fanno niente: alla fine il film si chiude con loro che si ritrovano in un bar, dopo le nozze mancate, ma non riescono, né riusciranno, comunque a vivere l’uno senza l’altro sia pure in questa forma ‘sospesa’. Lui le dice: Io, guarda, non è che son contrario al matrimonio, che non son venuto...Solo, non lo so...Io credo che, in particolare, un uomo e una donna siano le persone meno adatte a sposarsi tra di loro. Troppo diversi, capisci? Un altro aforisma degno di nota. Seguono i titoli di coda. Bargagli avrebbe detto alla coppia di tirarsi su e di non abbattersi troppo. In fondo basta che ci sia l’amore, anche se somiglia più a un calesse. Nelle sue Schegge, a proposito del matrimonio dice: Il matrimonio è un contenitore dentro il quale la coppia chiude l’amore per conservarlo; di solito invece lo fa marcire.  Il Matrimonio è sovente un contratto economico; il che tuttavia non evita il fallimento.
 
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Massimiliano Bellavista

Massimiliano Bellavista
Massimiliano Bellavista è consulente di direzione, blogger (www.thenakedpitcher.com) e docente di Management strategico presso l’Università di Siena. Vincitore di premi letterari, suoi racconti e poesie sono pubblicati su riviste e antologie. Scrive una rubrica fissa per la rivista stroncature.com. Tiene regolarmente seminari di scrittura e in merito alla valorizzazione ed alla comprensione del libro antico come bene letterario e culturale. A Siena anima la scuola di scrittura Recensio. Riguardo alle sue opere di narrativa, poesia e management, pubblicate in italiano ed in inglese, tra le più recenti ricordiamo: Le reti d’impresa (Franco Angeli, 2012); Anatomia dell’invisibile (Tabula Fati, 2017); L’ombra del Caso (Il Seme Bianco 2018) e The Naked Pitcher (Licosia 2018); Dolceamaro (Castelvecchi 2019); Marketing e management degli impianti sportivi (Azzurra 2019); Vertical Farming (Licosia 2019)
 
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