03/12/2014
La disputa sulla data di nascita del Monte dei Paschi ha angustiato non poco quanti si sono a vario titolo adoperati per dare una plausibile coerenza al discorso pubblico sulla banca. La propaganda onesta non deve prescindere dalla verità. La filologia ha i suoi diritti da far valere anche fuori dall’accademia. E la cronologia più ancora. Un radicato gusto per la storia non può accettare improvvisazioni o approssimazioni. Nell’elaborazione del programma messo a punto nel 1972 per ricordare a dovere il mezzo secolo di vita dell’Istituto fu giocoforza riflettere ancora sul tema spinosissimo della continuità o meno del Monte non vacabile de’ Paschi, operativo dal 1625, con il primo Monte di Pietà, fondato il 27 febbraio 1471, e quindi, tenuto conto dello stile senese che fa decorrere l’anno dal 25 marzo, ab Incarnatione, istituito, in base al calendario corrente, il 27 febbraio del 1472. Ci voleva qualcosa di più d’un parere autorevole.
A emetterlo fu invitato Armando Sapori (1892-1976) . Il suo responso fu atteso come la formula di una sibilla. Sapori aveva tutti i titoli per convalidare una tesi e salvarla da malevole insidie. Colui che aveva conquistato agli apporti italiani nell’ambito della storia economica “un posto di primo ordine”, come riconobbe il maestro Gino Luzzatto, vantava anche un profondo, mai smentito, legame con Siena, la città dove era nato e che sempre aveva continuato a tener d’occhio con fierezza civica e passione scientifica. Ad attestare questa disposizione d’animo ed un costume di severo ricercatore, mai incline a concessioni campanilistiche, bastano certe affettuose note memoriali, pubblicate dal Rettore della Bocconi nel dopoguerra immediato e rinverdite, rivissute a ogni visita con partecipazione cordiale. Quando era tornato a Siena in occasione delle celebrazioni programmate per festeggiare i cent’anni del Liceo Classico Guicciardini, poi ribattezzato Piccolomini, si era lasciato andare ad un fiume di commosse evocazioni.
Aveva voluto ripercorrere, insieme alla figlia Giuliana, la strada, non pianeggiante, che portava dall’angusta abitazione di via delle Belle Arti – all’angolo che scende verso il santuario cateriniano – al prato di Sant’Agostino, allora prato sul serio, aperto come un belvedere verso i Servi e la campagna. Laureatosi nel ’19 e abbandonata Siena nell’infuocato 1921, Sapori s’era portato dietro un bagaglio di affetti e una varietà di interessi che ne avrebbero sostenuto la lungo tensione di ricerca e stravaganti esercizi di memoria. Nel ’21 fu assunto dall’Archivio di Stato di Firenze. Fu senatore dal ’48 al ’53, accademico dei Lincei dal ’56, e ci teneva a proclamarsi contradaiolo dell’Oca. L’invito ad approfondire i dilemmi che s’avviluppavano attorno al 1472 cadeva a proposito e sollecitava lo storico ad interrogarsi su una cronologia da sottoporre ad acuto esame. Appena arrivò il manoscritto aspettato con tanta ansia, Romolo Camaiti, che era a capo dell’Ufficio studi del Monte, andò subito a vedere come veniva sciolta la complicata questione del rapporto con il primo Monte. E non trattenne un grido di infantile esultanza nel leggere il modo inappuntabile col quale Sapori proponeva di metter punto alla disputa. Non era invocata solo una contiguità di luogo, che pure aveva il suo peso. In una delibera dell’11 agosto 1568, allorché s’era dato il via, dopo la fine della Repubblica, ad un Secondo Monte, i legislatori degli anni di Cosimo I non avevano esitato a rifarsi, e non per vezzo retorico, ai gloriosi primordi e avevano dichiarato la loro volontà di agire «secundun formam antiquorum et primorum capitulorum Montis predicti” (Archivio Monte dei Paschi, deliberazioni del Monte Pio, vol. I, cc. 7, r-v). “Così – chiosava Armando Sapori – nella carta di nobiltà del Monte dei Paschi si trova legittimamente la data di nascita, 1472, del lontano progenitore».
E quel Monte di Pietà sarebbe stato aggredito da tante richieste per far fronte all’opprimente dissesto che lievitò al punto da originare in parallelo il Monte non vacabile dei Paschi della Città e Stato di Siena, operativo dal 1625. Altro che contiguità di spazio e analogia di funzioni! Alla base di tutto stava l’esplicitata volontà di tener fede all’iniziale mission, o almeno di non interromperla. L’argomentazione era giocata a chiusa d’uno scritto buttato giù col gesto fulmineo e incontestabile che chiude una lunga arringa. E non ammette repliche.
Scheda tematica inserita nel volume “Il Monte nel Novecento”
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