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Pietà per la creatura. La durata umanistica e sacrale nella poesia di Pasolini

Pier Paolo Pasolini, grande personaggio della letteratura contemporanea, è ormai divenuto classico ineludibile a chi voglia cogliere a pieno il senso del nostro Novecento. Studioso, poeta, drammaturgo, scrittore, regista e critico, la sua opera è di fatto una delle più vaste e più intense che il panorama letterario novecentesco proponga: la natura poliedrica di questo grande letterato lo ha reso capace di muoversi disinvoltamente attraverso numerosi linguaggi artistici, riuscendo in tutti a trasmettere la profondità del suo pensiero. Tuttavia è nella sua espressione poetica che, Michela Mastrodonato, critica e giornalista, vede la tendenza a interpretazioni critiche «faziose e ideologicamente ingenerose» che rischiano di offuscare la «pura bellezza conoscitiva dei suoi versi» (p. 13).
 
Mossa pertanto dall’intento di restituire alle liriche di Pasolini quella sacralità, a tratti quella connotazione spirituale, che gli è propria, la Mastrodonato conduce il lettore ad una rilettura dei testi poetici pasoliniani tesa a dar luce alla sofferenza e insieme alla limpida eleganza che li denotano. Così in prima istanza emerge, in questo studio approfondito ed estremamente curato, la travagliata ricerca di Dio «generata da un’anima diversa e sconsolata» (p. 31) nell’opera “L’Usignolo della Chiesa Cattolica” e una sofferta condizione di reietto che, con tono dolente, «sogna di essere riaccolto nella cittadella da cui è stato esiliato» (p. 157), ovverosia la Chiesa Cattolica, concetto reperibile in “La religione del mio tempo”. Allo stesso tempo l’ansioso desiderio di inclusione e insieme l’anelito a una religiosità corale e spontanea prendono corpo chiaramente nei versi pasoliniani di “La Guinea” che, «in quanto riflessione sulla poesia e sul suo potere sacralizzante, con un volo pindarico vertiginoso accosta e quasi sovrappone i colori “dell’Appennino d’oro” dell’amico Bertolucci ai colori “senza ironia” visti nel Kenya, dove Pasolini ha assistito all’epifania di una religiosità da tempo perduta nella vecchia Europa. […] Il fascino della dimensione sacrale resta, dunque, valido di per sé e per sé. E ne “La Guinea” è come se Pasolini intendesse prendere le mosse da vecchi habitus poetici, legati alla religione naturale del villaggio materno […] per traghettarci verso orizzonti storicamente e geograficamente distanti ma identici nell’immutabile nostalgia del sacro radicata in ogni cultura che non abbia rotto i suoi ponti con la natura» (p. 220).
 
Un volume di grande intensità quello di Michela Mastrodonato, giornalista professionista e docente, che ha dedicato a Pier Paolo Pasolini anche il suo dottorato alla Sorbona di Parigi.

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