La figura di
Pier Paolo Pasolini è ancora oggi molto sentita, tanto che in occasione del centenario dalla nascita sembra che non ci sia città o istituzione che non intenda dedicare all’artista rassegne, convegni e altre iniziative, non solo in Italia, ma anche all’estero. Se si esamina il fervore che ancora suscita Pasolini rispetto ad altri scrittori italiani, si nota la differenza. Come mai? Forse perché Pasolini è stato un artista prezioso e straordinario della cultura italiana che ancora oggi è in grado di parlarci. Non solo scrittore, poeta, romanziere, ma anche cineasta e forse ancora di più. Insomma, più artisti in uno. E in ognuno di questi campi espressivi - se non altro la poesia, il romanzo e il cinema - ha raggiunto dei vertici, tanto che anche se si fosse dedicato a uno soltanto di essi lo ricorderemmo ugualmente.
Oltre a questi aspetti, c’è anche un altro Pasolini, quello presente nella vita civile del paese, quel Pasolini “corsaro” che spesso si sporgeva fuori dal “cerchio estetico” per prendere posizione su argomenti che riguardavano l’Italia e il mondo con un senso di forte responsabilità e passione civile. Se da una parte i corsari usavano navi piccolissime e veloci per attaccare la potente marina mercantile, dall’altra Pasolini usava la sua piccola ma fortissima arma, quella della parola, anche per dire cose forti e lanciare accuse alle forme di potere (ricordiamo il suo articolo “Il romanzo delle stragi”, uscito sul
Corriere della sera un anno prima della morte, in cui sosteneva di sapere i nomi dei responsabili e dei mandanti delle stragi di quegli anni, ma di non avere delle prove). Quello che Pasolini ha ancora da trasmetterci - ed è la ragione per cui tanto si sente la sua presenza e la si celebra in questo centenario - è proprio la potenza non solo poetica, ma anche sentimentale, mescolata a una forza morale, una forza di indignazione, di disperazione, un senso di intollerabilità per come andava allora il mondo e per come sta andando oggi.
Le celebrazioni hanno sempre qualcosa di ambivalente, da un lato celebrano e dall’altro marmorizzano, imbozzolano una figura così viva. Per questo motivo credo sia importante ricordare non solo il compleanno dell’artista, ma anche la morte come avvenimento tragico, che turba la nostra sensibilità, che rappresenta una ferita, un trauma anche nella storia del nostro paese. A quasi 50 anni dall’assassinio feroce (2 novembre 1975), dal massacro di cui Pasolini fu vittima a Roma, ancora non conosciamo i responsabili, i mandanti e le motivazioni; nessuno è stato assicurato alla giustizia e dunque occorre anche ricordare che ancora oggi manca una verità storica. Non è così comune che un artista, uno scrittore venga ucciso in Italia, in un paese democratico nel cuore dell’Europa. Forse in altri paesi succede molto spesso, però ricordiamo anche che il nostro paese è stato macchiato da una serie di omicidi, di stragi, di finti incidenti, finti suicidi su cui ancora non abbiamo fatto chiarezza, e quello di Pasolini è uno di questi.
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Pasolini 100. Pisa rende omaggio allo scrittore e regista nel centenario della nascita