Perché leggere i classici. Il De brevitate vitae e la valorizzazione del “tempo presente”

Duccio Rossi

01/03/2011

Lucio Anneo Seneca è stato un filosofo e letterato latino, vissuto nel primo secolo dopo Cristo. Una figura tormentata dagli eventi del proprio tempo che ci ha lasciato molte opere sotto forma di dialoghi, trattati, epistole e tragedie. Con Seneca la riflessione romana raggiunse il massimo livello nell’ambito della filosofia morale. Seneca fu un brillante avvocato, eccellente oratore ed abile uomo politico. Il suo talento lo portò presto a frequentare la corte imperiale e il suo amore per la filosofia ed il pensiero gli permise di ricoprire l’impegnativo ruolo di precettore prima e consigliere poi dell’imperatore Nerone. Tutte le sue opere sono pervase dal senso angosciante del tempo che passa, dall’idea della vita che scorre inesorabile e da quella della morte.

Il De brevitate vitae - Un pensiero che sembrava tormentarlo e che trova il suo apice espressivo nel De brevitate vitae, ovvero la “brevità della vita”: un dialogo scritto forse tra il 49 e il 54 d. C., quando Seneca poté tornare a Roma dal suo esilio in Corsica; un allontanamento voluto dall’imperatore Claudio in seguito ad una presunta relazione tra il filosofo ed una delle nipoti dell’imperatore stesso. Il tempo che scorre, la vita che passa e l’incertezza del domani non sono però in Seneca il frutto di un pessimismo esistenziale astratto, magari dovuto ad un animo troppo sensibile o eccessivamente predisposto a stati depressivi. L’incertezza del futuro e la fugacità del tempo erano tragicamente suggeriti a Seneca da una reale condizione politica che in età imperiale vedeva il destino dell’intera classe senatoria appeso ad un filo, dipendente da un solo gesto dell’imperatore, da un suo sospetto o addirittura da un suo malumore. Il pessimismo di Seneca è quello di un uomo che fu minacciato da Caligola, esiliato da Claudio e poi fatto uccidere da Nerone. Ed alla luce di questa sua tormentata vita, minacciata da una spada di Damocle che pendeva perennemente sopra la sua testa, Seneca scrisse il De brevitate vitae; ma non lo compose per scoraggiarsi ancora di più, bensì per trovarne la soluzione, per cantare la propria vittoria sul tempo e sulla precarietà della vita. La soluzione sta appunto nella saggezza e nella capacità di vivere la qualità del tempo, non la sua durata.

Riflessioni attuali - Anche se nessuno di noi, oggi, viene minacciato dalla follia di un imperatore, il De brevitate vitae ci può comunque aiutare nella valorizzazione del nostro tempo. Se leggiamo le pagine di questo dialogo con attenzione, ci accorgiamo che le riflessioni di Seneca vanno ben oltre il motivo che le ha determinate, si spingono oltre quel pericolo di morte avvertito dall’autore e che è ovviamente una sua esperienza del tutto personale e molto lontana da noi. La valorizzazione di ogni singolo istante della nostra vita è un concetto che possiamo applicare anche ai nostri giorni, alla nostra vita semplice e quotidiana. Del resto la brevità della vita è un’idea costante dell’essere umano, indipendentemente dall’epoca storica. Secondo Seneca la vittoria sul tempo avviene per mezzo di quella saggezza che ci permette di vivere il presente, immergendoci completamente in ogni singolo gesto che compiamo, poiché il saggio non ha bisogno né del rimpianto del passato né dell’ansia del futuro, ma solamente del tempo presente: l’unico “tempo reale” nel quale egli si può realizzare.

Hic et nunc - Nel De brevitate vitae Seneca ci consiglia dunque di essere sempre presenti a noi stessi, di vivere la vita “hic et nunc”, qui e adesso. La salubrità di questo consiglio senecano trova una valida conferma anche nella psicoanalisi a noi contemporanea. Raffaele Morelli infatti, psichiatra e psicoterapeuta, oltre che scrittore di grande successo, sostiene che il segreto della felicità risieda proprio nelle piccole cose della vita quotidiana, nella capacità di vivere a pieno le nostre azioni minime, quelle azioni apparentemente banali come fare il bucato, prendere un caffè o guardare un film. Immergendosi in queste azioni quotidiane – secondo Morelli – la mente umana si libera dalle ansie e dallo stress, e la vita viene così vissuta a pieno in ogni suo istante. Un’idea, quella delle azioni minime, che secondo Morelli è riscontrabile visivamente nei fantastici quadri del pittore olandese Jan Vermeer, il quale, nel XVII secolo, dipingeva figure femminili che compivano semplici azioni, quali ricamare, cucire, scrivere una lettera o versare il latte da una brocca. Vivendo le nostre azioni minime vivremo la qualità del tempo e non la sua durata. Secondo Seneca, infatti, la durata della vita non dipende dalla nostra volontà, ma la qualità di essa può dipendere in gran parte dalla nostra volontà.

Qualità della vita - La vittoria sul tempo avviene dunque anche spostando l’attenzione dall’aspetto quantitativo a quello qualitativo. Quante vite non vissute – dice il filosofo latino – si consumano ogni giorno; quante persone esistono solamente, senza vivere davvero. E poi molti di noi sono soliti non valorizzare il tempo solamente perché esso non cade sotto gli occhi. Ed ancora: siamo soliti rimpiangere il tempo passato poiché è corso via troppo in fretta, ma non facciamo niente per vivere a pieno il presente, che invece è ancora qui a nostra disposizione. Potrebbe dunque risultare utile ricordarci di queste riflessioni di Seneca quando corriamo in ufficio, andiamo a prendere i figli a scuola, quando ci lamentiamo di non avere mai tempo per fare niente. Il nostro presente è sempre lì a nostra disposizione, basta valorizzarlo e non considerarlo mai come tempo non vissuto. Perciò affrettati, mio Lucilio, a vivere e considera ogni giorno come se fosse una vita intera (Seneca – Ep. 101, 9).

Leggi anche:
“Il Clebbe di Tambus”, Elettra Fusi racconta la storia di una compagnia teatrale sui generis
Perché leggere i classici. Erodoto, relativismo culturale e democrazia
Omero nel Baltico, le origini nordiche dell’Odissea e dell’Iliade
Perché leggere i classici. “I fratelli” di Terenzio e i consigli per i nostri figli
Perché leggere i classici. Mito e tragedia, riflessioni ancora valide

Torna Indietro
Lascia un Commento

Scrivi un commento

Scrivi le tue impressioni e i commenti,
verranno pubblicati il prima possibile!

Ho letto l'informativa sulla privacy e acconsento al trattamento dei dati personali ai sensi dell'art. 13 D. lgs. 30 giugno 2003, n.196

Duccio Rossi

Vai all' Autore

NEWS

x

Continuando la navigazione o chiudendo questa finestra, accetti l'utilizzo dei cookies.

Questo sito o gli strumenti terzi qui utilizzati utilizzano cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner o proseguendo la navigazione, acconsenti all’uso dei cookie.

Accetto Cookie Policy
X
x