“On the road”, c’era una volta il sogno americano

Luigi Oliveto

10/11/2016

Non so come – e questo un po’ mi inquieta – ma l’America e il mondo sopravvivranno anche a Donald Trump, il cui trionfo elettorale ha ormai decretato che al sogno americano non crede più nessuno. E mentre cerco di farmene una ragione, dai palchetti più alti della libreria (quelli che vengono spolverati solo nelle grandi occasioni) fa capolino, beffardo, Jack Kerouac. Dalla costola ingrinzita del suo “On the road” mi fa un bel ciaone, lui che da tempo si è “dimesso dal tentativo di essere felice”. E sì che in diversi ci avevamo creduto a quel manifesto contro la società americana arrogante e autoreferenziale tanto da ritenersi perfetta, la migliore di tutte. E giù vai contro il capitalismo, il consumismo, il conformismo ideologico. Perché c’era l’urgenza di ritrovare un’America più umana, persino più mistica, nei suoi grandi spazi (geografici e ideali) verso la “nuova frontiera”. Perciò – si diceva convinti – “Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati” “Dove andiamo?” “Non lo so, ma dobbiamo andare”. Beati tempi del diritto all’ingenuità. Ma almeno un viaggio da costa a costa sarebbe istruttivo pure oggi, per capirla veramente questa America assemblaggio di tante Americhe, di nuovi poveri e sempre meno ricchi (in maniera esagerata quelli che lo sono), di un razzismo che ha ampliato la propria gamma cromatica, di un grande Paese dove le sue sempiterne (talvolta affascinanti) contraddizioni si sono aggiornate alle incertezze, alle infimità, alle disperazioni, agli spaesamenti e ai pragmatismi del tempo presente.
 
E così in America quando il sole tramonta e me ne sto seduto sul vecchio molo diroccato del fiume a guardare i lunghi lunghi cieli sopra il New Jersey e sento tutta quella terra nuda che si srotola in un’unica incredibile enorme massa fino alla costa occidentale, e a tutta quella strada che corre, e a tutta quella gente che sogna nella sua immensità, e so che a quell’ora nello Iowa i bambini stanno piangendo nella terra in cui si lasciano piangere i bambini, e che stanotte spunteranno le stelle, e non sapete che Dio è Winnie Pooh?, e che la stella della sera sta tramontando e spargendo le sue fioche scintille sulla prateria proprio prima dell’arrivo della notte fonda che benedice la terra, oscura tutti i fiumi, avvolge le vette e abbraccia le ultime spiagge, e che nessuno, nessuno sa cosa toccherà a nessun altro se non il desolato stillicidio della vecchiaia che avanza, allora penso a Dean Moriarty, penso perfino al vecchio Dean Moriarty padre che non abbiamo mai trovato, penso a Dean Moriarty.
 
[da Sulla strada di J. Kerouac, trad. di Marisa Caramella, Mondadori, 2006]
 
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Luigi Oliveto

Luigi Oliveto

Giornalista, scrittore, saggista. Inizia giovanissimo l’attività pubblicistica su giornali e riviste scrivendo di letteratura, musica, tradizioni popolari. Filoni di interesse su cui, nel corso degli anni, pubblica numerosi libri tra cui: La grazia del dubbio (1990), La festa difficile (2001), Siena d’autore. Guida letteraria della città e delle sue terre (2004), Giosuè Carducci. Una vita da poeta (2011), Giovanni Pascoli. Il poeta delle cose (2012), Il giornale della domenica. Scritti brevi su libri, vita, passioni e altre inezie (2013), Il racconto del vivere. Luoghi, cose e persone nella Toscana di Carlo Cassola (2017). Cura la ristampa del libro di Luigi Sbaragli Claudio Tolomei. Umanista senese del Cinquecento (2016) ed è co-curatore dei volumi dedicati a Mario Luzi: Mi guarda Siena (2002) Toscana Mater (2004),...

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