03/02/2011
Addio allo scenario mediterraneo dell’Iliade e dell’Odissea, al mare Egeo, all’isola di Itaca e alla Sicilia dei Ciclopi. Secondo Felice Vinci, ingegnere nucleare e storico per passione, i due poemi omerici sarebbero ambientati nel mar Baltico e nelle terre che in esso si affacciano. Questa la rivoluzionaria teoria esposta nel libro dal titolo Omero nel Baltico. Le origini nordiche dell’Odissea e dell’Iliade, edito da Palombi Editori nel 1995. E’ stato un passo del De facie di Plutarco a suggerire all’ingegnere questa sua rivoluzionaria teoria. Secondo Plutarco infatti l’isola di Ogigia, terra della ninfa Calipso dove Ulisse fu trattenuto per otto anni, sarebbe localizzata a cinque giorni di navigazione dalla Bretagna. Uno scenario dunque atlantico e non mediterraneo quello suggerito dall’autore antico, e Felice Vinci sembra trovare numerose pezze di appoggio a questa affermazione plutarchea in entrambi i poemi. Dee dagli occhi azzurri e dalle chiome bionde, eroi vestiti di pellicce pesanti anche nel periodo primaverile ed estivo della navigazione, mare livido e nebbioso e il sole che non scende sotto l’orizzonte, tipico delle regioni che si trovano nei pressi del circolo polare artico. Tutti aspetti ben lontani dalla natura mediterranea della Grecia e sicuramente più vicini al mondo baltico e scandinavo.
I riscontri toponomastici - L’autore cita anche tutta una serie di riscontri toponomastici che sembrerebbero avvalorare la sua tesi. L’antico nome di Troia, città espugnata dagli Achei e al centro del poema iliadico, richiamerebbe l’odierna Toija nella Finlandia meridionale; Askainen, nella Finlandia occidentale, ci rimanderebbe all’Ascania e ad Ascanio, figlio di Enea; Karjaa e Lyökki, località sempre della Finlandia, rinviano invece ai Carii e ai Lici, alleati dei Troiani; ed Åbo, l’altro nome di Turku, potrebbe richiamare il popolo degli Abii “i più giusti degli uomini” (Il. XIII, 6).
Mediterraneo o Nord Europa - Anche la geografia dell’Odissea fornirebbe impressionanti riscontri con il mondo nordico: l’isola di Ogigia, ricordata da Plutarco nel passo del De facie, sarebbe molto simile per descrizione e scenario ad una delle Fær Øer; l’isola di Dulichio, che in greco significa “isola lunga”, sarebbe da identificare con la danese Langeland, isola che a sua volta racchiude nel proprio nome l’appellativo di “lunga”, “allungata”; e Zacinto, da identificare non con una delle Isole Ionie, bensì con la danese Tåsinge, della quale è inutile sottolinearne la somiglianza del nome. Una teoria originale e rivoluzionaria che per ora è in attesa di riscontri archeologici e che ovviamente non è stata risparmiata da critiche feroci da parte di alcuni esperti del settore antico. Secondo Felice Vinci i due poemi omerici sarebbero sì stati messi per iscritto in Grecia in età prearcaica, ma i loro contenuti sarebbero il risultato di memorie antiche, tramandate di generazione in generazione, e risalenti a quel popolo nordico che, una volta finito l’optimum climatico, sarebbe disceso dal Baltico verso il sud dell’Europa fino alla Grecia, dando vita alla civiltà Micenea. Per ora l’archeologia si è limitata a riscontrare una notevole quantità di ambra nelle tombe micenee più antiche, una pietra certo non mediterranea ma baltica che potrebbe farci veramente sperare nella veridicità di questa rivoluzionaria teoria storica e letteraria.
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