Non più amara ma benedetta. La Maremma dei santi secondo Marco Faraò
27/09/2018
Quest'opera tratta della storia dei santi nati, vissuti, morti o sepolti in una specifica zona d'Italia: la Maremma. Ma cosa si intende con questo termine? Una delle prime difficoltà che affrontai nella stesura del testo fu proprio riconoscere i confini di questo territorio geografico. Non è stato facile individuare i limiti di questa zona che, a seconda delle differenti interpretazioni ed epoche, identificavano aree diverse della Toscana e non solo. Ho deciso alla fine di prendere come punto di riferimento la citazione dantesca del XII Canto dell'Inferno che così recita:
Non han sì aspri sterpi né sì folti,
quelle fiere selvagge che 'n odio hanno,
tra Cecina e Corneto i luoghi colti.
Più precisamente ho considerato la zona costiera tra il fiume Cecina e il Mignone a sud di Tarquinia (nome che dal 1929 ha sostituito quello di Corneto) e l'intera provincia di Grosseto con la parte meridionale delle Colline Metallifere e la parte occidentale del Monte Amiata, l'arcipelago toscano e la zona nord occidentale della provincia di Viterbo fino al lago di Bolsena. Ho così raggruppato non solo la Maremma propriamente detta (quella cioè compresa tra i promontori di Piombino e dell'Argentario), ma anche la cosiddetta Maremma pisano-livornese e quella laziale oltre alle isole e all'entroterra legate storicamente e culturalmente alle vicende del territorio maremmano che copre un'area vasta circa 5.000 kmq. Ecco spiegato perché troviamo località che portano il nome di "marittimo/a" pur trovandosi a decine di chilometri dal mare!
Da dove proviene il nome "Maremma"? L'ipotesi più ricorrente spiega che derivi dalle locuzioni latine "Maritima regio" e "loca maritima" che, nell'VIII secolo, indicavano la fascia litoranea della Toscana meridionale (la prima citazione di Massa come Maritiba risale a un atto di vendita del 738). A partire dal XIII secolo l'aggettivo si sarebbe via via trasformato nel sostantivo "Maremma" che conosciamo oggi. Un'altra ipotesi interessante pone l'accento sul fatto che gli Spagnoli, giunti nella Maremma meridionale nel XVI secolo, avrebbero chiamato quel luogo col nome catalano di marisma che significa "palude, stagno"; anche in francese antico esisteva il termine marais con lo stesso significato, mentre nel dialetto romano è detto marana o marrana un "fiumiciattolo o canale di scolo in cui le acque fluiscono lentamente a cielo aperto" (Dizionario Garzanti). Con il termine Maremma si indica in generale, da un punto di vista geografico, una zona costiera ricca di pianure alluvionali in cui alti cordoni di sabbia, detti tomboli, formatisi dal vento e dall'azione di deboli maree, impediscono il normale deflusso delle acque fluviali e, una volta perso il collegamento col mare, trasformano le lagune in stagni e acquitrini paludosi.
La zona fu colonizzata dagli Etruschi che vi fondarono numerosi insediamenti (Roselle, Vetulonia, Populonia, Sovana, Saturnia, Cosa, Talamone) e gli stessi Romani vi edificarono ville lungo la costa e vi costruirono la strada dell'Aurelia. Caduto l'Impero ebbe inizio il declino e l'abbandono che lasciò spazio a terreni incolti, divenuti presto acquitrinosi e malsani, e al proliferare delle zanzare portatrici della malaria. Lo spopolamento si aggravò nell'Alto Medioevo durante il periodo delle invasioni barbariche: la maggior parte della popolazione abbandonò le coste pianeggianti per cercare riparo sulle zone collinari dando vita, all'inizio dell'XI secolo, alle comunità che si diffusero intorno ai castelli dei signori del luogo, tra cui la potente famiglia Aldobrandeschi. Fino al XIII secolo si ebbe un periodo di relativa tranquillità economica interrotta dalle guerre da parte di Siena per conquistare i territori maremmani: i soldati di ventura depredavano le popolazioni che di nuovo fuggirono e abbandonarono i campi favorendo così, con il ristagno delle acque nei canali, la diffusione della malaria anche sulle colline. Nella seconda metà del XVI secolo i Medici conquistarono gran parte della Toscana e diedero avvio a lavori di ripopolamento delle coste e a opere di bonifica delle campagne ma con scarso successo. Si riteneva all'epoca che la "mal-aria" derivasse dall'inalare i miasmi prodotti dalle paludi e che la soluzione più adatta fosse quella di tenere separate le acque dolci da quelle salate. Bisognerà attendere il Granduca Pietro Leopoldo (1765 - 1790) per iniziare degli interventi risoluti di bonifica dei terreni paludosi, soprattutto nella zona intorno a Castiglione della Pescaia, e la sistemazione degli argini del fiume Ombrone affidati al gesuita Ximenes che non risolsero però il problema delle cattive condizioni di salute dell'intera area. Già a partire dal 1334, nel periodo tra luglio e ottobre, le popolazioni del litorale si spostavano dalla pianura verso zone più elevate e dal 1862 persino la Prefettura di Grosseto si trasferì a Scansano mentre la Pretura fu spostata a Montorsaio per scampare alla malaria: questo fenomeno, terminato ufficialmente solo nel 1897 ma continuato ancora per diversi anni dalla popolazione locale, era noto col nome di "estatatura".
I tentativi di bonifica ripresero dopo il periodo napoleonico con il Granduca Leopoldo II (1824 - 1859) ma solamente all'inizio del Novecento - con l'uso del chinino nei trattamenti antimalarici - e in particolar modo durante il fascismo, il problema venne affrontato e negli anni Cinquanta dichiarato risolto grazie anche all'utilizzo del DDT, con la trasformazione di ambienti paludosi e malsani in fertili terreni da coltivare. Così quella terra selvaggia e ostile un tempo portatrice di morte e chiamata col triste appellativo di "Maremma amara" - rifugio di briganti ma anche di pellegrini, monaci ed eremiti - appare oggi come una terra bellissima e ricca di una storia cristiana millenaria.
Dal libro "Benedetta Maremma" di Marco Faraò. Per gentile concessione dell'editore.
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