Esistono diversi bravi autori di libri per bambini e ragazzi. Più rari sono gli scrittori che sanno scrivere favole per l’infanzia destinate agli adulti. Tra costoro c’è, a pieno titolo, Matteo Cellini. Si veda il suo ultimo libro “I segreti delle nuvole” (illustrato dai trasognanti disegni di Valerio Berruti) e verrà spontaneo ai grandi – spenta la luce e data la buonanotte ai piccoli – di leggerlo d’un fiato lasciandosi coinvolgere (commuovere) dalla magia di quelle pagine. Potremmo spingerci a dire che è una favola filosofica universale: sulla vita, sui destini dei singoli, sull’esistere o no, sull’essere al mondo in una certa parte di mondo invece che altrove, in una determinata famiglia anziché in un’altra, e così via da un destino all’altro.
Perché “Sopra le nuvole è pieno di bambini, pienissimo. È pieno di bambini che aspettano di essere chiamati alla vita, che aspettano di nascere. Come in comode, soffici, bianchissime, sale d'attesa. Non stupirti, ci sei stato anche tu anche se l'hai dimenticato. Ci siamo stati tutti. Nessuno ricorda di esserci stato, di essersi affacciato, da lassù, e di avere tifato perché i propri possibili genitori si incontrassero, si conoscessero, si innamorassero e decidessero di metterlo al mondo. Ma è successo, altrimenti non saresti qui, non staresti leggendo queste righe.”
Si sappia pure – avverte Cellini – che quando piove o grandina, ciò che cade dal cielo è la disperazione dei piccoli abitanti delle nuvole presi a inseguire desideri irraggiungibili. Ma talvolta ridono. Eccome se ridono: quando vedono che, laggiù, due persone si sono innamorate.
***
Assieme a tantissimi altri bambini, io, Tommaso Sili, me ne stavo disteso a pancia sotto sulle nuvole che ora lo scirocco e i venti del mare Adriatico, ora la fredda tramontana del nord spingevano verso gli Appennini.
Me ne stavo lì tutto il tempo perché le due uniche persone che potevano mettermi al mondo abitavano una a Urbania e una nella periferia di Urbania, lungo la strada che da Urbania porta a Urbino, località Gualdi.
Questa vicinanza dei miei possibili genitori faceva di me, tra i miliardi e i miliardi di bambini delle nuvole, un bambino incredibilmente fortunato.
Sono comparso sulle nuvole il giorno in cui mia mamma, più piccola del babbo, è diventata capace di avere dei bambini. In quell’istante, come per incanto, sono diventato una possibilità dell’esistenza.
Non solo io: assieme a me, vicino e lontano da me, sono comparsi sulle nuvole almeno tre miliardi di bambini e bambine – i miei fratellastri e le mie sorellastre – che potevano nascere se solo mamma si fosse unita con uno dei tre miliardi di esseri umani di sesso maschile presenti sul pianeta Terra.
Eh, sì, l’ho spuntata fra tre miliardi di concorrenti.
Ma il percorso che mi ha portato alla vita non è stato per niente facile, per niente breve.
La prima relazione di babbo fu con una ragazza che non era la mia mamma. Era un amore adolescenziale, e non durò a lungo. Finì ben prima che lei andasse all’università e lui cominciasse a lavorare al vivaio a tempo pieno dopo le superiori; però, nonostante questo, vissi quei mesi costantemente nel terrore.
I momenti peggiori erano quelli in cui si appartavano alle feste in qualche stanza vuota al piano di sopra, nelle radure dietro i cespugli, nella camera dei genitori quando uscivano per cena: in quei momenti rischiavano di accendere per errore la scintilla di una vita che non era la mia.
Il giorno in cui si lasciarono definitivamente fu un grande sollievo; in quell’istante gridammo tutti insieme, io e gli altri bambini delle nuvole, che quella separazione rendeva più vicini alla vita. Un tuono fortissimo. Lo sentirono sia a Pesaro sulla costa che ad Apecchio, sugli Appennini.
Assieme al tuono però, da quelle stesse nuvole, scese sulla Terra una pioggia lieve, di quelle che nemmeno fanno aprire gli ombrelli e sollevano appena l’odore di asfalto bagnato: una pioggia interamente composta dalle lacrime silenziose di quella bambina che era stata così vicina ad afferrare la vita e che ora la perdeva.
A diciott’anni, mamma si mise invece con un tipo di Bologna che aveva conosciuto durante un viaggio in pullman a Madrid e questa relazione sembrò subito seria, importante. E così, affacciato sopra il campanile di Urbania o sopra la torre degli Asinelli di Bologna, ripetevo di continuo, con un filo di voce: “Lasciatevi lasciatevi lasciatevi lasciatevi lasciatevi lasciatevi lasciatevi”, e pregavo perché litigassero, non andassero d’accordo, smettessero di volersi bene.
Più la relazione si prolungava, più cercavo cose in cui sperare: arrivai a concentrarmi sulla distanza tra Urbania e Bologna, sulla gelosia eccessiva della mamma, sul fatto che a mio nonno quel ragazzo non piacesse per niente.
Sembrerà incredibile, vista dalla Terra, ma ogni storia d’amore ha sulle nuvole due, tre, quattro tifosi e qualche milione di gufi.
[da I segreti delle nuvole di Matteo Cellini, disegni di Valerio Berruti, Bollati Boringhieri, 2018]
Esistono diversi bravi autori di libri per bambini e ragazzi. Più rari sono gli scrittori che sanno scrivere favole per l’infanzia destinate agli adulti. Tra costoro c’è, a pieno titolo, Matteo Cellini. Si veda il suo ultimo libro “I segreti delle nuvole” (illustrato dai trasognanti disegni di Valerio Berruti) e verrà spontaneo ai grandi – spenta la luce e data la buonanotte ai piccoli – di leggerlo d’un fiato lasciandosi coinvolgere (commuovere) dalla magia di quelle pagine. Potremmo spingerci a dire che è una favola filosofica universale: sulla vita, sui destini dei singoli, sull’esistere o no, sull’essere al mondo in una certa parte di mondo invece che altrove, in una determinata famiglia anziché in un’altra, e così via da un destino all’altro.
Perché “Sopra le nuvole è pieno di bambini, pienissimo. È pieno di bambini che aspettano di essere chiamati alla vita, che aspettano di nascere. Come in comode, soffici, bianchissime, sale d'attesa. Non stupirti, ci sei stato anche tu anche se l'hai dimenticato. Ci siamo stati tutti. Nessuno ricorda di esserci stato, di essersi affacciato, da lassù, e di avere tifato perché i propri possibili genitori si incontrassero, si conoscessero, si innamorassero e decidessero di metterlo al mondo. Ma è successo, altrimenti non saresti qui, non staresti leggendo queste righe.”
Si sappia pure – avverte Cellini – che quando piove o grandina, ciò che cade dal cielo è la disperazione dei piccoli abitanti delle nuvole presi a inseguire desideri irraggiungibili. Ma talvolta ridono. Eccome se ridono: quando vedono che, laggiù, due persone si sono innamorate.
***
Assieme a tantissimi altri bambini, io, Tommaso Sili, me ne stavo disteso a pancia sotto sulle nuvole che ora lo scirocco e i venti del mare Adriatico, ora la fredda tramontana del nord spingevano verso gli Appennini.
Me ne stavo lì tutto il tempo perché le due uniche persone che potevano mettermi al mondo abitavano una a Urbania e una nella periferia di Urbania, lungo la strada che da Urbania porta a Urbino, località Gualdi.
Questa vicinanza dei miei possibili genitori faceva di me, tra i miliardi e i miliardi di bambini delle nuvole, un bambino incredibilmente fortunato.
Sono comparso sulle nuvole il giorno in cui mia mamma, più piccola del babbo, è diventata capace di avere dei bambini. In quell’istante, come per incanto, sono diventato una possibilità dell’esistenza.
Non solo io: assieme a me, vicino e lontano da me, sono comparsi sulle nuvole almeno tre miliardi di bambini e bambine – i miei fratellastri e le mie sorellastre – che potevano nascere se solo mamma si fosse unita con uno dei tre miliardi di esseri umani di sesso maschile presenti sul pianeta Terra.
Eh, sì, l’ho spuntata fra tre miliardi di concorrenti.
Ma il percorso che mi ha portato alla vita non è stato per niente facile, per niente breve.
La prima relazione di babbo fu con una ragazza che non era la mia mamma. Era un amore adolescenziale, e non durò a lungo. Finì ben prima che lei andasse all’università e lui cominciasse a lavorare al vivaio a tempo pieno dopo le superiori; però, nonostante questo, vissi quei mesi costantemente nel terrore.
I momenti peggiori erano quelli in cui si appartavano alle feste in qualche stanza vuota al piano di sopra, nelle radure dietro i cespugli, nella camera dei genitori quando uscivano per cena: in quei momenti rischiavano di accendere per errore la scintilla di una vita che non era la mia.
Il giorno in cui si lasciarono definitivamente fu un grande sollievo; in quell’istante gridammo tutti insieme, io e gli altri bambini delle nuvole, che quella separazione rendeva più vicini alla vita. Un tuono fortissimo. Lo sentirono sia a Pesaro sulla costa che ad Apecchio, sugli Appennini.
Assieme al tuono però, da quelle stesse nuvole, scese sulla Terra una pioggia lieve, di quelle che nemmeno fanno aprire gli ombrelli e sollevano appena l’odore di asfalto bagnato: una pioggia interamente composta dalle lacrime silenziose di quella bambina che era stata così vicina ad afferrare la vita e che ora la perdeva.
A diciott’anni, mamma si mise invece con un tipo di Bologna che aveva conosciuto durante un viaggio in pullman a Madrid e questa relazione sembrò subito seria, importante. E così, affacciato sopra il campanile di Urbania o sopra la torre degli Asinelli di Bologna, ripetevo di continuo, con un filo di voce: “Lasciatevi lasciatevi lasciatevi lasciatevi lasciatevi lasciatevi lasciatevi”, e pregavo perché litigassero, non andassero d’accordo, smettessero di volersi bene.
Più la relazione si prolungava, più cercavo cose in cui sperare: arrivai a concentrarmi sulla distanza tra Urbania e Bologna, sulla gelosia eccessiva della mamma, sul fatto che a mio nonno quel ragazzo non piacesse per niente.
Sembrerà incredibile, vista dalla Terra, ma ogni storia d’amore ha sulle nuvole due, tre, quattro tifosi e qualche milione di gufi.
[da I segreti delle nuvole di Matteo Cellini, disegni di Valerio Berruti, Bollati Boringhieri, 2018]
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