Questo libro di racconti di Luigi Oliveto – “Le rose di Kathryn. Storie di varia umanità” (Primamedia Editore) – mi ha destato meraviglia e assoluto consenso. La meraviglia si riferisce a questa nuova attività di narratore, dopo le significative opere (abbrevio le citazioni per motivi di spazio) su Carducci, Pascoli e Cassola, tanto per citare quelle di maggior significato, insieme ad un riuscito adattamento della “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, per i bambini della scuola primaria, che ha avuto ben cinque edizioni, oltre a numerose e documentate ricerche sulla musica e la cultura popolare. Si tratta ora della prima prova narrativa dell’autore e – diciamolo subito – ha superato ogni più ottimistica previsione. Nel volume sono contenuti quindici racconti di varia misura e tutti rivolti a comprendere e, se è il caso, condividere, le più varie esperienze. Come afferma Oliveto “osservavo, ascoltavo gli altri cercandovi sintonia. Costruivo su di loro (e me le raccontavo) vere e proprie storie, prestandovi i miei sentimenti o, viceversa, rintracciandovi quanto ancora mancasse al mio sentire. […] Partecipe e sodale dell’universo mondo, sotto qualsiasi cielo, in ogni minima esistenza. Pertanto – spero si colga – tale è il soffio che sfoglia queste piccole storie”.
 
Una così profonda ricerca contiene – per essere sintetici – tre caratteristiche che contraddistinguono i vari testi, una più affascinante dell’altra. Partiamo dalla cultura che è alla base di queste pagine. Intanto una seria e profonda conoscenza della religiosità cattolica, con i suoi autori fondanti, i riti, gli slanci ed anche con quello che contiene, in una pratica male interpretata, di banale e persino di grottesco. Si evidenzia anche una inconsueta dimestichezza con varie città e paesi – soprattutto Roma – con i suoi allettanti stornelli, con originali inserimenti del linguaggio popolaresco. Infine la sua conoscenza del comparto ferroviario, con treni, attese incredibili, il colorito conversare “in carrozza” e il fischio dei convogli che, fin da bambino, incanta il personaggio Maso. Ci ha colpito poi la reiterata presenza di nomi stranieri – o anche di espressioni italiane – ripetutamente usate per indicare qualcuno o qualcosa. Si tratta di uno stile di scrittura apparentemente semplice, ma reso più incisivo dalla compresenza di un linguaggio “nobile” e, al tempo stesso, popolaresco.
 
Ascoltiamo ora qualche breve brano. In “Seconde nozze”, Paoletto, dopo intricate vicende, si smarrisce nelle proprie allucinazioni: “Prese a fissare il fiume, lo fece chissà per quanto tempo: le ombre si erano fatte più corte, il sole stanava odori e insetti, screziava la corrente di un intollerabile scintillio. Troppa luce. Paoletto strinse gli occhi e bastò un oplà per far coincidere il gorgo dell’acqua con quello della sua ossessione. Sì è vero fiume che tu dai la pace / fiume affatato fammela trovà’. In un altro racconto, intitolato “Le rose di Kathryn”, si assiste al funerale di Roberto un “cartolaio” inutilmente innamorato di una professoressa di inglese, peraltro già sposata e assistito dalla fioraia Sonia, che lo onora con moltissimi mazzi di fiori. Sulla sua bara ne spicca uno, ma non si seppe “chi fosse la Kathryn del fascio di rose posate amorevolmente sopra il feretro”. Ben altri sarebbero i passi notevoli da citare, ma dobbiamo passare a delle brevi conclusioni, affermando innanzitutto che il libro di Luigi Oliveto esce dalla consueta collocazione di “stampa locale” per aspirare ad un livello di originale narrativa nazionale. Con il nostro forte augurio di proseguire questa nuova strada con risultati altrettanto validi.
 
Recensione pubblicata su La Voce del Campo del 21 gennaio 2021