Le fate tra illusioni e disincanto. L'anima femminile e la poesia della natura

Marilena Mosco

24/03/2023

Le fate misteriose e immaginifiche, protagoniste delle fiabe che hanno popolato i nostri sogni  infantili, sono indagate, studiate e approfondite nel libro di Carla Lomi (Le fate tra illusioni e disincanto, Moretti & Vitali) in modo tutt’altro che fiabesco, ma particolarmente erudito, ricco di notizie e di spunti di riflessione che riguardano anche l’attualità. Mitologia, psicologia, psicanalisi, antropologia sono gli strumenti di analisi usati nel corso della ricerca condotta da anni con l’amore di chi crede nei misteri della natura e del cosmo al di là delle mere speculazioni scientifiche.
 
Delle fate si indaga l’origine coincidente col mito delle Ninfe, delle Driadi, abitanti delle sorgenti d’acqua, dei laghi  e dei boschi; il mito, frutto dell’immaginazione, ha permesso il perpetuarsi delle credenze in queste figure che alimentano la fantasia e favoriscono lo sviluppo dei sentimenti. Un capitolo è dedicato all’immaginazione, l’amore e le fate che dominano nelle fiabe, specchio dei nostri piu intimi desideri e delle nostre paure: l’amore, presente in molte fiabe e favorito dall’intervento della fata, sottintende l’esplorazione dell’io ma anche dell’altro e la fiaba fa che ognuno possa specchiare il proprio Sé.
 
Ma è l’immaginazione che ci permette, come scriveva Leopardi di “concepire le cose che non sono, figurarsi dei piaceri infiniti, delle illusioni”; quelle illusioni per cui i mortali sono in grado di accettare eventi anche tristi della vita, nella speranza di un avvenire migliore. A Leopardi, alla sua fede nelle “favole antiche” ,“quando nei boschi si giudicava  per certo che abitassero le belle Amadriadi, e i fauni e i silvani e Pan”, sono dedicate pagine significative del saggio che ci fanno rivivere la bellezza del suo pensiero espresso nello Zibaldone e nella Storia del genere umano, tratta da Le operette morali.
 
Il nucleo del libro è nel capitolo “Un archetipo chiave: la fata” che spiega come la fata sia un archetipo essenziale dell’inconscio collettivo studiato da Jung e dalla sua scuola (Mircea Eliade, Erich Neumann, Esther Harding), un'espressione della duplicità del femminile impersonato da due fate del mondo medioevale, Melusina e Morgana. La parola fata deriva dal verbo fari che significa parlare, indica la decisione divina irrevocabile, il fato, l'oracolo, il destino, impersonato nell’antichità dalle tre Parche, Cloto, Lachesi e Atropo, che presiedono alla nascita e alla morte; ma fata è affine anche a fatua, la divinatrice dal carattere essenzialmente erotico, la donna favolosa, giovane e di buon genio, dotata di straordinarie virtù: la fata ha sempre rapporto con l’uomo e il suo destino e questo rapporto è una metafora del passaggio dell’Anima - identificabile con la componente femminile, secondo Jung-, nella coscienza, ovvero della trasformazione dell’uomo a contatto col femminile, voce dell'eros che si dispiega nelle relazioni ma anche in una visione della realtà affettivamente connotata.
 
È la storia della fata Melusina che incontra Raymund a caccia nel bosco e gli propone di sposarla in cambio di ricchezze e onori a patto che non la veda il sabato quando lei fa il bagno (e mostra la coda di serpente). Raymund come Psiche non resiste al divieto per cui perde tutti i suoi possedimenti e il potere; Melusina mostra il suo doppio volto; da protettrice, edificatrice, creatrice della ricchezza , diventa , con la sua coda di serpente, distruttrice, responsabile della morte di due figli (come Medea). Simbolo della dicotomia maschile e femminile, anima e corpo, natura e cultura, Melusina personifica la fatale competizione che nei secoli si è venuta a creare tra i sue sessi, e secondo l’autrice, preannuncia il pensiero della differenza che ha scardinato la naturalità del ruolo dei due generi.
 
La Fata Morgana è la regina dell’Isola Fortunata o Avalon dove viene condotto Artù ferito che ha bisogno di esser curato; la maga lo accoglie, lo osserva a lungo e dichiara di poterlo guarire - con le erbe magiche e le art  di cui è esperta - a patto che rimanga con lei molto tempo. L'isolamento nel quale a lungo vivono insieme Morgana e Artù rappresenterebbe il tempo richiesto per abbandonare le resistenze e far affiorare l’inconscio; e lei è l’Anima che unisce il conscio e l’inconscio, determinando la possibilità del cambiamento per l'eroe, Artù, ma anche per la società. Poichè la configurazione del re rimanda alla dimensione collettiva e Morgana è immagine altra della Grande Dea, la vicenda trasformativa di Artù e la sua cura diviene motivo per  analizzare il rinnovamento a cui è chiamato tutto l'ordine sociale.
 
Così, giunta a questa altezza, Lomi ricorda il pensiero di Franco Cambi, filosofo dell’Educazione, che dopo il crollo dei miti della modernità, propone per il nostro mondo malato, intriso di materialismo e attraversato da “alcuni sinistri fantasmi” - si pensi ai problemi ecologici di portata planetaria - l'esigenza di superare ogni esclusione per dare voce a coloro che vivono in una condizione di emerginazione e di sopraffazione, auspicando un progetto radicalmente innovatore che promuova nuovi valori e prospettive, col recupero del femminile, dell’affettività, della solidarietà, del paradigma della cura.
 
Una digressione storica ripercorre poi i periodi nei quali è prevalso il volto della fata malefica, della maga responsabile delle disgrazie umane, evidenziando gli aspetti principali del periodo della caccia alle streghe fino all’avvento della luce della ragione, dell’Illuminismo che ne ha celebrato la scomparsa; di contro il Romanticismo con la poetica del Sublime (i luoghi d'elezione delle fate appartengono in larga misura al novero dei paesaggi sublimi) ha rilanciato la fede nel sovrumano, nell’inconoscibile, nel ritorno alla natura e nel bando dello scientismo, del razionalismo. Da qui la rivalutazione dell’immaginazione che sola permette di superare il disincanto del poeta ma non solo) per il mondo che non crede più alle illusioni: la natura e la sua forza misteriosa, rappresentata dalla ginestra leopardiana, ci spinge a credere nel nostro immaginario, e nelle illusioni – radicate nella nostra natura - che ci aiutano a vivere.
 
Un messaggio complesso, denso, che può apparire astratto e lontano - la fata è espressione di un mondo che crede alla magia e che personifica le forze della natura in primis la foresta, gli alberi - ma che, a una lettura approfondita, si rivela suggestivo e attuale (significativamente l'autrice richiama più volte gli studi di Stefano Mancuso), aperto alla riflessione e alla discussione: molto interessante per chi non ama fermarsi alla superficie delle cose, ma preferisce inoltrarsi alla scoperta di nuovi orizzonti che fecondano il pensiero con il fascino e la verità dell'Altrove.
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Marilena Mosco

Già direttrice del Museo degli Argenti, ora tesoro dei Medici.
 
 
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