“La lingua geniale”. Come innamorarsi del greco antico

Luca Martinelli

26/06/2017

A volte anche un saggio ha il potere di avvincere come la trama raffinata e incalzante di un romanzo d’avventure. Anche un saggio ha il potere di evocare la bellezza e di regalare emozioni. A me è successo con “La lingua geniale. 9 ragioni per amare il greco” (Editori Laterza), di Andrea Marcolongo.
Non c’è niente di tedioso dentro alla pagine di questo libro. Non c’è niente di intellettualistico o di accademico nelle spiegazioni delle particolarità del greco antico (l’aspetto e non i tempi dei verbi; il singolare uso del genere neutro; l’unicità del numero duale, quello più appropriato per due persone che si amano) e sul senso profondo e unico che sapevano esprimere le parole, anche attraverso la loro collocazione nella frase. Tutti elementi che hanno fatto sì che il greco antico abbia prodotto la più alta espressione della cultura dell’antichità (la poesia, la filosofia, la tragedia) e abbia alimentato, nel corso dei secoli, fino a noi, tutta la cultura occidentale.

C’è, invece, una passione e un amore per il greco che parla direttamente al cuore dei lettori. È impossibile, anche per chi il greco antico non lo ha mai studiato, rimanere indifferenti, non sentire quanto sia stata profondo il modo di parlare – e quindi di pensare – dei greci. Per me che ho frequentato il liceo classico, e che oggi ho una figlia che frequenta il classico, trovare qualcuno che abbia saputo esprimere con parole chiare, senza mai indulgere nello snobismo culturale di troppa saggistica, il senso del greco antico e l’eredità che esso è capace di trasmettere nel modo di pensare e di esprimersi di chi lo abbia studiato sui banchi di scuola è stata una piacevolissima sorpresa. Ho incrociato professori innamorati della cultura greca, ma nessuno aveva saputo dimostrare il suo amore come riesce a fare Andrea Marcolongo ne “La lingua geniale”.

La grecista, più volte, ricorda i propri momenti di terrore di fronte a una testo da tradurre, i propri errori, le cose non capite sui banchi di scuola. E più volte sottolinea che anche oggi gli studenti del liceo classico vivono le sue stesse paure. E tutti, c’è poco dare, più di una volte abbiamo provato paura, se non terrore, davanti a un testo di Platone, Senofonte, Tucidide. L’antidoto potrebbe proprio essere la lettura di questo libro. In modo provocatorio, per mondare il greco antico della sua nera aurea di crudeltà verso gli studenti, arrivo a sostenere che lo si dovrebbe adottare come libro di testo propedeutico allo studio della lingua greca in tutti i licei classici dello stivale.
 
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Luca Martinelli

Luca Martinelli

Nato a Siena nel 1964, vive a Prato dall’età di quattro anni. Prima cronista sindacale e politico per diverse testate, poi direttore di un settimanale economico locale, oggi lavora in un ufficio stampa istituzionale. A trent’anni la riscoperta di Sherlock Holmes: la particolarità del personaggi, una concezione del mondo e della vita, l’epoca storica in cui si svolgono i fatti lo affascinano al punto che, quando incontra “Uno studio in Holmes”, l’associazione degli scherlockiani italiani, non può che lasciarsi coinvolgere. Sulla rivista dell’associazione, “The Strand Magazine”, di cui oggi è direttore responsabile, ha pubblicato quattro racconti. Il palio di Sherlock Holmes è il suo primo romanzo.

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