Come appassionata del genere storico e avendo studiato a lungo la storia di Firenze non potevo non imbattermi nel bel romanzo di Carla Maria Russo, dal titolo così intrigante: “La figlia più amata” (Piemme). L’autrice milanese, molisana d’origine, si è cimentata da sempre col genere, ricordo la saga degli Sforza, giusto per fare un esempio, ma con questo scritto torna a Firenze, da cui era partita con “Il cavaliere del Giglio” ambientato in epoca medievale, una città che ama molto a giudicare dal nuovo libro.
Un romanzo che mi ha colpito per l’accuratezza storica e per la sorprendente attualità sia dei fatti recenti in Iran - dove lo slogan “Donna, vita, libertà” è stato gridato nelle strade che hanno visto donne e uomini manifestare fianco a fianco per reclamare i propri diritti -, sia per gli avvenimenti di cronaca che si ripetono e che vedono le donne sempre più vittime da calpestare e uccidere se non accettano le condizioni dei maschi. Se si parla di patriarcato oggi, immaginiamoci cosa doveva essere nel passato, quando il concetto di democrazia e diritti delle donne erano fuori da ogni immaginazione.
Con “La figlia più amata” siamo all’epoca di Cosimo I granduca di Firenze e della sua bella e intelligente moglie, Eleonora da Toledo, che ricordiamo nel meraviglioso ritratto del Bronzino, pittore che immortala anche Bia, figlia illegittima di Cosimo, come appare nella splendida copertina del libro. Siamo nell’epoca rinascimentale, nello splendore dei monumenti, ricchezza, bellezza e potere per i Medici, signori di Firenze a cui è stato riconosciuto il titolo per la prima volta, da papa Pio V. Una famiglia che ha coniugato allo splendore, l’amore per il sapere e la conoscenza, per una visione più ampia dei confini storico-geografici.
Ma se con Cosimo la città ha raggiunto una vetta molto alta, si intravedono già i segni della decadenza. Era infatti Roma il centro della cultura rinascimentale e Firenze si avviava a diventare una città marginale, in un mondo diviso fra grandi e potenti stati. Nonostante gli sforzi di Cosimo che comunque fu un ottimo principe e si ritirò a quarantacinque anni, lasciando al figlio Francesco in reggenza uno stato in buone condizioni di salute. Eleonora di Toledo all’epoca era già morta: elegante e fredda, fu la moglie adatta a Cosimo, un matrimonio ben riuscito, fino alla tragedia che portò via due figli in pochi giorni per le febbri malariche contratte in Maremma e dopo poco la stessa Eleonora che morì di tisi. Aveva tuttavia scelto bene, un matrimonio d’amore, una moglie degna di un duca, ma anche una brava curatrice che arricchì il patrimonio familiare acquistando case e terreni.
Questi i contorni della storia, molto ben delineata e approfondita. Quello che però interessa alla scrittrice non è la grande vicenda storica, ma la vicenda familiare, un elemento che appare in tutti i suoi romanzi. Qui c’è un padre molto protettivo, figlio di un condottiero amatissimo, Giovanni Dalle Bande Nere, che però non gli è mai stato accanto, per questo Cosimo scelse di stare molto vicino ai suoi. “Al mondo esterno la nostra appariva come una famiglia rumorosa, confusionaria ma allegra e in armonia, nella quale - circostanza molto inusuale, anzi inconveniente, al nostro livello sociale - sia la madre sia il padre si interessavano alla vita dei figli e trascorrevano del tempo con loro - condividendo i pasti - un piacere irrinunciabile per mio padre - e a volte persino i giochi. In realtà, noi figli non eravamo affatto un gruppo unito e solidale come poteva sembrare, anzi al contrario, era diviso e attraversato da gelosie e rancori” (come riporta nel diario segreto Eleonora).
Lui vorrebbe stare invece con i suoi figli, però come si vede dal romanzo la famiglia è spesso un luogo di tensioni molto forti e di rancori, gelosie, vendette. Dunque, l’autrice indaga su questo luogo ambiguo di amore ma anche di odi: un groviglio di nodi, un covo di vipere e vittime da sacrificare. In particolare, Carla Maria Russo si concentra sulle quattro sorelle. Cosimo, forse perché allevato fra le donne, preferisce le figlie femmine, ma per il troppo amore e senso di possesso incide sul loro destino, indirizzandolo verso la tragedia. Due donne in particolare occupano la scena del romanzo: Isabella figlia intelligente e volitiva, moderna e sensuale; Eleonora la cognata, allegra e gentile. Le due sono amiche intime e organizzano serate di musica e intrattenimento con artisti e letterati, proprio nel nome di quell’amore per il bello e per il sapere che ha caratterizzato la famiglia dei Medici.
Uno dei temi di questo romanzo è sicuramente la combattività femminile del personaggio di Isabella, degna figlia di Eleonora, ma anche quello della genitorialità e dei compromessi in famiglia. I personaggi appaiono ricchi di sfumature e molto ben descritti. “No, non si vergogna affatto di amare Isabella più di tutti gli altri figli. I maschi non suscitano nel suo cuore nemmeno l’ombra della tenerezza che gli ispira lei. Ha già perso Bia e Maria. Presto lo abbandonerà anche Lucrezia…ora che sta per perderla, sente di amare un po’ di più quella figlia della quale, a essere nesto, si è sempre accorto molto poco e gli dispiace saperla nelle grinfie degli Este, sacrificata sull’altare del suo interesse politico, perché è una creatura delicata e fragilissima”.
Cosimo è ossessionato dal troppo amore per Isabella, cosa avrebbe mai potuto rifiutare a quella figlia che aveva preso il posto lasciato vuoto da Bia, la figlia che ebbe giovanissimo da una donna sconosciuta. A chi Cosimo avrebbe potuto darla in sposa? Sbaglia anche per interesse politico nello scegliere per lei Paolo Giordano Orsini, di una casata più illustre dei Medici, ma un dissipatore, sciocco e vanesio pieno di debiti. Eppure, Cosimo lo sceglie proprio per questo, per poterlo manovrare, per fargli accettare che Isabella risiederà a Firenze nella casa del padre anche una volta sposata. Maria è la figlia sognatrice, lei vive in una dimensione immaginaria. Promessa sposa sin da bambina, sogna e fantastica di diventare duchessa e si vede piena di attenzioni e oggetti meravigliosi. Lucrezia è la figlia invisibile, gracile, magra e con una pelle quasi trasparente. La madre la osserva con disprezzo, la figlia riuscita male. I fratelli sono tratteggiati a tinte fosche, tutti scontrosi, malvagi e scostanti assolutamente disprezzabili, da Francesco, subdolo e cattivo, a Pietro il pazzo. Solo Giovanni ha carattere più nobile, forse perché subisce l’influenza di Isabella, ma la vita per lui riserverà un triste destino. Notevole anche l’approfondimento psicologico di Galeazzo, il figlio di Francesco Sforza: non è all’altezza del padre e quindi usa la violenza perché si sente frustrato.
L'autrice ha costruito magistralmente la loro storia, raccontandoci gli intrighi di corte, le spie, i sotterfugi, i colpi di scena, i delitti e il sangue. Perché la storia gronda sempre di sangue. Ma chi scrive romanzi storici finisce sempre per parlare di attualità, come Carla Maria Russo che dichiara di frequentare le biblioteche dove si imbatte spesso nelle cronache dell’epoca, una manna per scoprire i tratti più nascosti delle personalità.
Sempre attenta alla condizione femminile, come nel penultimo romanzo, “Cuore di Donna”, completamente diverso per epoca e personaggi, ambientato a New York del 1860 fra immigrati italiani, leggiamo “Nessuna donna gode di un processo equo, né mai lo avrà, fino a quando non verrà processata da una giuria di sue pari. Le leggi vengono pensate da uomini, formulate da uomini, promulgate da uomini e imposte a tutta la popolazione, maschile e femminile, da uomini… Quando agli uomini è concesso di praticare ogni tipo di violenza sulle donne, inclusa quella di vendicarsi con la morte di una moglie fedifraga, restando praticamente impuniti?”.
Tante cose sono cambiate da allora, ma nel ‘500 fra i potenti, come in altri luoghi del mondo resta sempre un crimine in sé, che è difficile da estirpare. Grazie a Carla Maria per portare avanti queste battaglie
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