Verrebbe da dire che “La Compagnia delle Illusioni – titolo dell’ultimo romanzo di Enrico Ianniello – abbia una forte attualità. La Compagnia in questione è il nome sotto il quale opera un gruppetto di attori, assoldati alla bisogna per recitare finte parti in situazioni vere, così che la realtà possa, in qualche modo, essere creduta diversa. Esemplare la prima scena del libro, dove un padre farabutto si rivolge alla Compagnia per avere al funerale della figlia, morta suicida, un falso e sconosciuto fidanzato della ragazza che in un toccante discorso testimonierà quale padre amorevole fosse stato il suddetto farabutto. A recitare la (credibile) parte è il protagonista del libro, Antonio Morra, nome in codice ’O Mollusco. Il quale, dopo il successo con la serie televisiva “Tutti a casa Baselice” nel ruolo di un portiere di condominio, non batte chiodo; salvo che fare il regista in una filodrammatica formata da persone benestanti (sono tutti dentisti) da cui riceve un piccolo stipendio. Una sorta di attività di copertura per l’attore quasi cinquantenne che vive a Napoli in casa con la mamma e la sorella Maria. Ecco così come egli sia finito nella truffaldina “Compagnia delle Illusioni” della zia Maggie interpretando i ruoli più disparati nelle situazioni più diverse; ovunque sia chiamato per “mutare la realtà”, perché “le persone non vedono ciò che è vero, ma rendono vero quello che desiderano vedere”. Una delle regole della Compagnia è che “la conseguenza estrema della finzione è la verità”. E arriverà il momento in cui questa regola sconvolgerà anche la vita di Antonio ’O Mollusco, allorché si accorge di avere illuso pure sé stesso; quando si rende conto che le vicende (spesso drammatiche) degli altri in cui si è cinicamente intromesso non lo hanno lasciato del tutto indifferente.Una bella – talvolta imprevedibile – storia, raccontata magistralmente con uso sapiente dei diversi registri: comicità, sentimento, compassione, e quanto di più sfumato sta nei passaggi tra un registro e un altro.
***
’O Mollusco
“Ci vuole un nome in codice,” mi aveva detto Zia Maggie, durante il nostro primo incontro. “Magari non è così necessario, ma è meglio se lo tenete. Poi oggi si porta assai, questa cosa dei soprannomi. Non vedete che non esce romanzo ambientato nella nostra città ai giorni d’oggi che non sia pieno di soprannomi? E noi siamo immersi nella realtà e nell’attualità, ricordatevi. Il vostro nome vero deve servire solo alla vostra famiglia, ai vostri amici e per i vostri documenti. Ma qualcosa di illegale capiterà; quindi il vostro nome meno gira, meglio è.”
“Zia Maggie, ma secondo voi dev’essere un nome eroico? Tipo un killer silenzioso? Che ne so, tipo Leòn? O un numero, tipo 007?”
“Se vi piace, va bene pure Leòn, Crow, Coccodrillo e tutti gli animali che volete voi. Però non rispecchia proprio quello che dovrete fare. Io penso che sia meglio un nome mellifluo, imprendibile. Proteo, nun ve piace?”
“Proteo? No... Me pare ’na medicina, no...”
“Sì, forse tenete ragione. Allora fatevi venire un’idea che vi rispecchi. Tanto serve solo a noi.”
Ci avevo pensato un po’, e alla fine avevo proposto il mio bellissimo, intenso, pugnace nome in codice: ’O Mollusco.
Io non ho mai avuto una gran personalità, pure per questo avevo deciso di fare l’attore, da ragazzo, per vedere se potevo pigliarmi le personalità che mi offrivano i personaggi della letteratura e del teatro, e usarle nella mia vita di tutti i giorni, tutti quegli eroismi, quelle passioni febbrili che io sentivo di non avere, o di avere proprio poco poco. Invece, paradossalmente, il personaggio che mi aveva dato un po’ di fortuna, quel Raffaele il portiere che mi aveva reso riconoscibile per strada, era proprio così: un essere anonimo, senza mezzo straccio di opinione personale, pronto a mettersi al servizio di chiunque potesse allungargli un po’ di soldi; informato, sì, sui fatti di tutti quanti, ma invisibile. Allora pensai che ’O Mollusco era veramente il nome da battaglia giusto per me. Perché avevo una personalità scivolosa, senza capo né coda, una personalità umida e vischiosa: la personalità pelosa di una cozza.
Almeno, questo pensavo di me.
Mentre andavo verso l’incontro con Zia Maggie alla Villa Comunale, respirando l’aria fresca di una nuova primavera che refolava tra i vicoli e nelle maniche e si infilava maleducata nei colletti, ripensai a quella scelta. Si era dimostrata assolutamente perfetta. Facevo questo lavoro da due anni, ormai, e per il nostro gruppo di lavoro ero ’O Mollusco, o a volte pure The Wimp, in inglese, bellissimo!
Sta arrivando The Wimp, diceva Zia Maggie al cliente, oppure questo è un lavoro per The Wimp, proprio come nei film.
Finalmente ero davvero qualcuno, o qualcosa, proprio come nei film.
All’inizio eravamo in tre, fissi, alle dipendenze di Zia Maggie: c’erano pure Sandinista!, così, col punto esclamativo, e Contromano.
Sandinista! aveva cinquantacinque anni portati veramente una chiavica; molto alto, col codino bianco e la voce così rauca che un fiammifero avrebbe preso fuoco sentendolo parlare, simpaticissimo. Si occupava della generazione dei sessantenni. Aveva scelto quel nome perché all’album dei Clash erano legati tutti i suoi ricordi più belli, soprattutto che non era andato a fare il militare perché c’era stato il terremoto, e così l’aveva messo in culo al sistema. A Sandinista! non gliene fotteva niente di fare l’artista, lui diceva che questo lavoro lo faceva perché era la sua rivoluzione antiborghese, perché voleva inquinare con l’arte la vita della gente, si definiva situazionista nostalgico alcolico intransigente. Ma manco a farlo apposta l’acronimo della sua definizione era SNAI, cioè il posto di scommesse in cui si giocava tutto quello che guadagnava.
Secondo me era soprattutto alcolico, ecco, diciamola tutta.
Invece Contromano era una trentacinquenne che di mestiere voleva fare l’attrice vera, quest’altro lavoro le serviva solo per arrotondare. Sognava una vita speciale, diversa da quell’asfissiante monotonia travestita da benessere che vivevano i suoi genitori, seduti con “La Settimana Enigmistica” sul divano di finta pelle beige.
Piano piano, Controma’, piano piano, facci stare quieti..., diceva Sandinista!
Sandini’, famme fa’, lasciami libera, io so’ ’na puledra!, rispondeva irritata Contromano.
Ma questo era solo all’inizio. Poi a Sandinista! era venuta una cirrosi epatica e si era ritirato, e Contromano pure si era licenziata da un giorno all’altro, perché finalmente le avevano assegnato una parte importante in uno spettacolo. Piccola piccola, ma importante importante. Collaboravano ancora con noi, ma solo ogni tanto.
Vabbuò, poi licenziata per modo di dire. Non è che ci potevano versare i contributi o che potevamo pagare le tasse, per il nostro lavoro. Cioè, dico, pur volendo, non si poteva proprio fare. Non potevamo essere inquadrati in nessun modo, perché non dovevamo essere niente. E forse per questo ’O Mollusco era diventato il più bravo di tutti.
[…]
“Buongiorno Zia Maggie.”
“Buongiorno Mollusco. Come state?”
“Bene, e voi?”
“Bene, grazie. Vi volevo dire che mi ha telefonato il dottor Martucci, è stato molto contento del lavoro. Siete stato estremamente professionale.”
“Hanno chiuso il contratto?”
“Sì. A condizioni molto vantaggiose, grazie a voi.”
“Bene.”
“Domani invece abbiamo un funerale, come vi ho scritto, a Materdei.”
E mi passò la solita busta chiusa.
Dentro ci trovo: indicazioni generali, tratti peculiari, elementi organizzativi e un po’ di fondo cassa. Quello che facciamo, con la nostra compagnia, non è illegale, o forse sì, non lo sappiamo ancora. A volte sembra immorale, ma io non ne sono così convinto. In ogni caso, Zia Maggie preferisce che ci incontriamo alla Villa Comunale, per parlarne di persona e non al telefono. Oppure, nei giorni di pioggia, nel suo bellissimo appartamento sopra alla Galleria Umberto I.
[da La Compagnia delle Illusioni di Enrico Ianniello, Feltrinelli, 2019]
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