La Bibbia di Gutenberg, un’ossessione da collezionisti

Luigi Oliveto

09/04/2020

Fate conto di leggere un romanzo. Storia di denaro (molto denaro), intraprendenza, raffinate voglie, ineffabile soddisfazione del possesso. Una storia che ruota tutta intorno a un libro. Libro molto particolare, una copia della Bibbia stampata verso la metà del Quattrocento da Johannes Gutenberg, colui che si dice essere stato l’inventore della stampa a caratteri mobili. Tra le rare edizioni della Bibbia gutenberghiana, la Numero 45 (delle 48 sopravvissute) è tra le più bramate. Va infatti considerato che nessuna edizione è uguale all’altra, basti solo pensare ai capolettera dipinti a mano da artisti diversi, alle correzioni effettuate, alle copertine, alle rilegature. Di questa Numero 45 – oggetto di devozione (in tal caso c’entra poco il contenuto) e di ossessione collezionistica – parla il libro “La Bibbia scomparsa” (Mondadori) di Margaret Leslie Davis, affermata autrice di biografie. Pure in queste pagine è presente l’elemento biografico, perché per raccontare della Bibbia scomparsa occorre narrare di Estelle Betzold Doheny (1875-1958). E già la sua vicenda ha del romanzesco. Estelle era l’invisibile operatrice telefonica che metteva in contatto il ricchissimo petroliere Edward Doheny con gli investitori. Il magnate si invaghì di quella voce prima ancora che della persona. Si sposarono dopo un breve corteggiamento. Rimasta vedova, la signora Betzold Doheny fu bravissima manager nella gestione dell’impero finanziario ereditato dal marito e quando volle togliersi qualche costoso sfizio lo fece collezionando libri antichi, fino ad allestire in casa propria una stupefacente biblioteca (roba da milioni di dollari). Riuscì ad accarezzare, come sua proprietà, anche la mitica Numero 45, prima donna collezionista a poterlo fare ed ultimo proprietario privato del leggendario incunabolo. Il racconto della Davis inizia la mattina del 14 ottobre 1950, quando, proveniente da una casa d’aste londinese, giunge a Los Angeles un ordinario pacco postale (“Gli addetti di Tice and Lynch, una compagnia di spedizionieri doganali di lusso, non avevano idea di cosa stavano trasportando e non avevano preso particolari precauzioni”). Dentro una scatola di legno, con un approssimativo imballaggio di cartacce, c’era ‘il libro’ che nel corso di cinque secoli aveva visto penombre di monasteri e di aristocratiche magioni, passaggi da un continente all’altro. Il primo dei possessori noti era stato il III conte di Gosford (viveva nell’omonimo castello, quello della scenografia di "Game of Thrones"). Dall’Europa, la Bibbia era poi finita in Giappone, ora negli Stati Uniti. Il libro della Davis è un seducente racconto sulle origini della stampa, l’oggetto-libro, l’ossessione da collezionismo, la storia culturale del mondo, la questione morale che si pone al pensiero di quanto sia ingiusto che un bene dell’umanità (l’Unesco ha iscritto la Bibbia di Gutenberg nella cosiddetta Memoria del mondo) possa farsi proprietà di un singolo. Ogni bibliofilo estremo risponderebbe: “Ovviamente ingiusto che un simile tesoro appartenga a una persona, e che quella persona non sia io”.
 
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Una scatola di legno contenente uno dei libri più preziosi al mondo arriva a Los Angeles il 14 ottobre 1950, con un clamore e con misure di sicurezza di poco superiori a quelli riservati a un catalogo dei grandi magazzini Sears. Il libro è stato inviato da Londra per via aerea, come un normale pacco postale, nome in codice commode, «comò». Gli addetti di Tice and Lynch, una compagnia di spedizionieri doganali di lusso, non avevano idea di cosa stavano trasportando e non avevano preso particolari precauzioni.
La vedova di uno degli uomini più ricchi d’America, Estelle Betzold Doheny, è una delle poche donne che collezionano libri rari, e ha messo insieme una delle più stupefacenti biblioteche della costa occidentale. L’acquisizione della Bibbia di Gutenberg, universalmente riconosciuta come il più importante di tutti i libri a stampa, la renderà uno dei più grandi collezionisti dell’epoca. L’arrivo del volume è il culmine di una caccia durata quarant’anni, ed Estelle Doheny si gode il momento prima ancora del bottino.
La sua ricerca di un esemplare della Bibbia di Gutenberg è cominciata nel 1911, quando era ancora una bellezza bruna dal vitino di vespa, la dolce metà di una coppia controcorrente che stava plasmando l’Ovest americano grazie a una fortuna fondata sul petrolio. Ora, a settantacinque anni, ha un fisico morbido, matronale, e i capelli grigi e ondulati. Il lieto evento le regala un lampo di giovinezza sul viso, ed è tutta un sorriso. Ma resiste alla tentazione di strappare l’involucro del pacco, che resta intonso per tutta la notte, così potrà aprirlo il giorno dopo con le dovute cerimonie.
Estelle ha invitato uno dei suoi amici più fidati, Robert O. Schad, conservatore dei libri rari alla Henry E. Huntington Library, a vedere il suo acquisto, e lui arriva a mezzogiorno con la moglie, Frances, e il loro figlio diciottenne, Jasper. La segretaria addetta ai libri di Estelle, Lucille Miller, scorta gli Schad nel grande atrio e, dopo averli accompagnati in biblioteca, con un cenno della mano li invita a sedersi al tavolo di legno che si trova al centro. La Sala dei libri, come l’ha affettuosamente battezzata Estelle, ha lussuose finiture in legno di sequoia, e un tempo era la sala da biliardo del marito. All’epoca le pareti ospitavano dipinti legati all’impero petrolifero di Edward Doheny, affreschi commissionati dall’impareggiabile imprenditore che ha trivellato alcuni dei pozzi più grandi della storia dell’estrazione del petrolio. Ora, invece, accolgono gli scaffali costruiti su misura per gli amati libri di Estelle, il suo impero personale, che vale almeno quanto il petrolio di Edward.
La sua collezione è nata quasi per gioco, ispirata dai popolari elenchi di libri che tutti dovrebbero possedere, ma ora contiene circa diecimila volumi eccezionalmente rari, accessibili solo a pochi acquirenti danarosi e culturalmente ambiziosi: dorati manoscritti miniati che rilucono di santi e creature mitologiche, enciclopedie medievali e centotrentacinque incunaboli, i primi esemplari a stampa dell’Occidente, pubblicati prima dell’anno 1501. Opere alla base della cultura occidentale, come il De officiis di Cicerone e la Summa Theologiae di Tommaso d’Aquino, stanno gomito a gomito con una sontuosa copia dei Canterbury Tales del 1477. È questa la compagnia da un milione di dollari che la Bibbia di Gutenberg avrà sul suo scaffale.
Il pacco di circa 60×90 centimetri attende al centro del tavolo, illuminato da una lampada da biliardo in bronzo e vetro. Quando Estelle entra nella stanza, accompagnata dall’amica e governante Rose Kelly, il gruppo è in silenzio. Lucille prende un paio di forbici e le fa passare tra i presenti. Estelle, che per l’occasione indossa un abito di seta azzurra stampata e ha un pettine tempestato di pietre preziose appuntato sulla tempia destra, desidera che tutti partecipino, quindi ciascuno taglia un tratto dello spago che avvolge il pacchetto.
È un momento emozionante anche per Lucille, una donna esile, con le gambe e le braccia lunghe, i capelli castani divisi da una scriminatura centrale che le si arricciano intorno alle guance. Con l’immancabile matita dietro l’orecchio, la sua è una bellezza sommessa, che difficilmente salta all’occhio; un volto pallido, simmetrico, nascosto dietro gli occhiali. Lucille è sempre stata al fianco di Estelle nella ricerca della Bibbia di Gutenberg, ha condiviso ogni promessa, speranza e occasione sfumata per quasi vent’anni. Mentre rimuove l’imballaggio che avvolge la scatola e solleva il coperchio, azzarda un sorriso, ma poi vede l’involto logoro all’interno. «Non credevo ai miei occhi» disse in seguito. «Sembrava proprio un plico di vecchie cartacce lacere. Non avevo mai visto una cosa impacchettata con tanta trascuratezza.» Il prezioso libro è stato imballato senza imbottitura, avvolto in un cartoncino leggero e poi con una carta scura, ondulata, legata con un cordoncino spesso. Lucille striglia con il pensiero i funzionari della dogana di New York che avevano aperto il pacchetto per l’ispezione e poi lo avevano ricacciato nella scatola «alla buona, mettendoci un po’ di spago qui e là, ed è arrivato così».
È un miracolo che il libro non sia danneggiato.
Non appena solleva l’ultimo strato di carta, però, si rassicura: la Bibbia sembra essere in ordine. Per un esperto come Robert Schad non c’è dubbio, vista la rilegatura originale cinquecentesca di pelle di vitello scurita dal tempo che ricopre i pesanti piatti di legno: la copia ora in possesso di Estelle Doheny fa parte della prima tiratura della prima edizione del primo libro stampato con caratteri mobili in metallo, ed è pressoché intatta, le pagine linde e fruscianti. I motivi floreali e a losanga goffrati sulla copertina di cuoio sono ancora nitidi e saldi al tocco. Cinque borchie di metallo in rilievo proteggono i piatti, un ornamento centrale e altri quattro posizionati a un centimetro da ciascuno dei quattro angoli. Due fibbie di cuoio spezzate sono le uniche testimonianze che questo libro, che ha rappresentato la Parola Vivente per quasi cinque secoli, è stato aperto e chiuso abbastanza spesso da consumare i robusti legacci.
Lucille si avvicina alla sua datrice di lavoro: in piedi alla sua sinistra, infila la mano sotto il dorso del librone, in modo che la signora Doheny possa esaminarlo più facilmente. Estelle allunga le braccia per toccare il prezioso rivestimento di pelle, solleva lentamente la copertina e apre il gigantesco volume. Con gli occhiali cerchiati d’oro in bilico sulla punta del naso, passa delicatamente la mano destra sui bordi delle pagine increspate, stando molto attenta a non toccare la parte stampata. Mentre gira le pagine, a una a una, è sopraffatta da una gioia quieta. La sua ricerca di quell’oggetto, frutto dell’ingegno occidentale, è cominciata molto tempo prima, durante giorni più felici, quando suo marito non era ancora stato coinvolto nello scandalo. Sente sotto le dita la superficie levigata della carta fatta di stracci e si sforza di fissare lo sguardo sui caratteri gotici, neri, ma il testo latino si perde in una chiazza sfocata e lei non riesce a distinguere le righe stampate. Un’emorragia in un occhio e un glaucoma nell’altro hanno reso Estelle quasi cieca all’età di settantacinque anni.
Lei tuttavia conosce bene ciò di cui è entrata in possesso, e il solo fatto di averlo davanti a sé entusiasmerebbe chiunque ne comprendesse il significato. L’evoluzione della stampa con caratteri mobili di metallo, in Europa, ha trasformato ogni aspetto della civiltà umana, e l’esecuzione del lavoro da parte di Johann Gutenberg ha raggiunto livelli che pochi sarebbero stati in grado di eguagliare.
Mentre Estelle lascia correre le mani sul libro, Schad, un uomo posato di discreta cultura, che quel giorno indossa un abito nero, cravatta e una camicia bianca inamidata, illustra alcune delle caratteristiche che lo rendono unico. Ogni esemplare della Bibbia di Gutenberg è leggermente diverso dagli altri, perché l’officina di Gutenberg stampava le pagine di ciascuno dei ponderosi volumi ma toccava poi all’acquirente farli rilegare e decorare. Una vera e propria squadra di artigiani avrebbe poi personalizzato il libro, a seconda dei gusti e delle disponibilità del possessore; sarebbero stati ingaggiati dei miniatori per realizzare le iniziali ornamentali istoriate, e specialisti chiamati «rubricatori» avrebbero aggiunto i titoli dei capitoli e delle partizioni interne, separati dal testo.
Il primo proprietario di questa Bibbia non aveva lesinato sugli ornamenti. Il volume è ricco di miniature elaborate, sontuosamente variopinte, e grandi iniziali. Nell’angolo superiore sinistro della prima pagina, c’è una voluminosa «F» maiuscola miniata in verde e oro con un decoro di tralci rigogliosi e minuscole campanule lungo il margine esterno. L’intrico di foglie scende lungo la facciata e ne attraversa il fondo, dove l’artista, nell’angolo opposto, a destra, ha aggiunto un uccellino azzurro dal ventre bianco con il becco di un giallo brillante.
Questo genere di illustrazione crea un lieve contrasto con la ricchezza dei caratteri di stampa di Gutenberg. L’inchiostro, lustro e corvino, brilla come se le pagine fossero state appena stampate, una caratteristica che è stata per lungo tempo uno dei grandi misteri dell’arte di Gutenberg, un marchio di fabbrica delle Bibbie stampate a Magonza, in Germania, prima del 15 agosto 1456.
La maggior parte degli studiosi ritiene che Gutenberg abbia prodotto circa centottanta copie, e di queste, molto probabilmente, centotrentacinque erano stampate su carta e trenta su pergamena, ovvero su pelle di animale. Al momento di lasciare l’officina dello stampatore, il prezzo del libro si aggirava sui trenta fiorini, equivalenti a tre anni di stipendio per un impiegato. Gli esemplari su pergamena avevano un prezzo più alto, dal momento che richiedevano un lavoro maggiore ed erano più costosi da produrre: per una singola copia occorreva il pellame di centosettanta vitelli.
La copia di Estelle è una delle quarantacinque di cui nel 1950 era nota l’esistenza. Le altre, che versano in condizioni varie, sono sparse in tutto il mondo, tra biblioteche private e musei: dodici in America, undici in Germania, nove in Gran Bretagna, quattro in Francia, due in Italia, due in Spagna e una rispettivamente in Austria, Danimarca, Polonia, Portogallo e Svizzera. Meno della metà dispone di tutte le pagine originali, un prerequisito per poter essere definito «perfetto». Quella di Estelle è forse la più bella delle copie cartacee superstiti. Nonostante l’età, il volume non ha pagine mancanti e non presenta danni rilevanti. Designata come Numero 45 in un’autorevolissima lista redatta dall’esperta libraria ungherese Ilona Hubay, questa Bibbia è stata senza dubbio oggetto di particolari attenzioni nel corso dei secoli, o quanto meno è stata trascurata in maniera estremamente gentile.
Una «F» (nell’originale di un verde stupefacente) e il fogliame dal tratto delicatissimo caratterizzano la prima pagina della Bibbia di Gutenberg posseduta da Estelle Doheny, stampata a Magonza prima del 15 agosto 1456.
Le pagine stampate da Gutenberg, in genere, erano rilegate in due volumi, e circa la metà delle copie note è considerata «incompleta» perché il secondo volume è andato perduto. È questo il caso della Numero 45, che contiene il Vecchio Testamento, dalla Genesi ai Salmi; ma che è anche uno dei pochi esemplari a conservare la rilegatura originale, creata a Magonza e coeva alla stampa. La copertina di pelle di vitello è decorata con una serie caratteristica di incisioni. Un reticolo di piccoli diamanti, che i bibliofili chiamano «motivo a losanga», circonda sei emblemi differenti, tra cui un’aquila, un trifoglio, un giglio e una stella a sette punte. Questi dettagli, e la copertina nel suo complesso, sono in condizioni eccellenti.
Lucille si fa da parte, in modo che Schad possa gentilmente reggere il volume di quasi sette chili per Estelle. Fra tutti i bibliofili che le sono stati vicini nei decenni di zelanti acquisizioni, nessuno le è mai stato più caro di Robert Schad, un fidato consigliere che l’ha affiancata nella sua ricerca e che negli ultimi vent’anni ha scelto personalmente gli esemplari acquistati per potenziare la splendida «collezione delle collezioni» alla Huntington Library. Come Estelle, anche lui è un autodidatta, formatosi grazie ad anni e anni di esperienza a diretto contatto con i libri più importanti del mondo e con i celebri mercanti che ne curano le vendite. Ha sempre trattato Estelle con rispetto, accogliendo benevolmente le sue domande, anche le più semplici.
Schad fa segno al figlio di prendere la macchina fotografica Kodak Duaflex biottica che ha portato con sé. Jasper scatta rapidamente una decina di foto, coprendo la lampadina con un fazzoletto bianco per proteggere gli occhi sensibili della signora Doheny. In una delle fotografie, Estelle regge la Bibbia, sbirciandone le pagine. A detta di Schad, è solo la seconda volta che una Bibbia di Gutenberg e il suo possessore sono stati fotografati insieme.
La giornata si è fatta «incandescente», e la compagnia si ritira nella cosiddetta «Sala pompeiana». Sotto una cupola di vetro Favrile di circa sette metri, attribuita a Louis Comfort Tiffany, il gruppo festeggia l’arrivo della Bibbia di Gutenberg con un pranzo di cui Lucille conserverà a lungo il menu: consommé madrilène in gelatina con cracker e salsa, pollo fritto con fiocchi di mais, insalata mista, un vassoio di pesche, pere e cachi, e un dessert di bignè alla panna e biscotti, con del tè freddo servito in bicchieri colmi di ghiaccio.
Secondo il diario di Lucille, il pranzo termina puntualmente alle due e mezzo del pomeriggio, e lei torna nella Sala dei libri per riporre la Bibbia nella scatola della spedizione, conservando l’incarto lacero. Mentre la mette via, nota un cartoncino bianco, rigido, su cui è scritto semplicemente: «Dogana: Si prega di maneggiare con GRANDE CURA e reimpacchettare nello stesso modo. Grazie». Sotto l’appunto manoscritto è stampato: «Con le FELICITAZIONI di MAGGS BROS. LTD».
 
[da La Bibbia scomparsa di Margaret Leslie Davis, trad. di Silvia Albesano, Mondadori, 2020]
 
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Luigi Oliveto

Luigi Oliveto

Giornalista, scrittore, saggista. Inizia giovanissimo l’attività pubblicistica su giornali e riviste scrivendo di letteratura, musica, tradizioni popolari. Filoni di interesse su cui, nel corso degli anni, pubblica numerosi libri tra cui: La grazia del dubbio (1990), La festa difficile (2001), Siena d’autore. Guida letteraria della città e delle sue terre (2004), Giosuè Carducci. Una vita da poeta (2011), Giovanni Pascoli. Il poeta delle cose (2012), Il giornale della domenica. Scritti brevi su libri, vita, passioni e altre inezie (2013), Il racconto del vivere. Luoghi, cose e persone nella Toscana di Carlo Cassola (2017). Cura la ristampa del libro di Luigi Sbaragli Claudio Tolomei. Umanista senese del Cinquecento (2016) ed è co-curatore dei volumi dedicati a Mario Luzi: Mi guarda Siena (2002) Toscana Mater (2004),...

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