14/10/2013
Lo scorso agosto sono partito per l’Inghilterra sulle tracce di Sherlock Holmes e del suo creatore, lo scrittore Arthur Conan Doyle. In cerca di luoghi, situazioni, emozioni. Con mia grande sorpresa, tuttavia, una delle emozioni più intense e inaspettate del viaggio me l’ha regalata un angolo della bellissima cattedrale di Winchester. È uno scampolo magico di pavimento e di parete nella navata sinistra della chiesa, non molto distante dall’ingresso. Sul pavimento di marmo bianco spicca una lapide dello stesso materiale ma di colore scuro, tra il grigio e il nero. È la tomba di Jane Austen, una delle più grandi, profonde e ironiche scrittrici inglesi. Sul lato sinistro della tomba, sulla parete, scintilla un’altra lapide, d’ottone, anch’essa dedicata alla Austen, e sopra una finestra decorata. Ai piedi della targa, fiori. Tanti fiori. Lo confesso, mi sono commosso. Vi chiederete: “Ti sei commosso per la tomba della Austen? Che ti è accaduto, allora, quando hai avvistato, sotto i bassi rami di un albero, quella del tuo ‘adorato’ Conan Doyle?”. Le domande, se ve le siete poste, sono legittime. Ma spero che riuscirò a spiegarvi perché, da questo angolo della cattedrale di Winchester scaturiscano tante emozioni.
In memoria di Jane Austen - Sulla lapide della tomba sono scolpite queste parole: “In memoria di Jane Austen, ultimogenita del defunto reverendo George Austen, già rettore di Steventon in questa regione. Ha lasciato questa vita il 18 luglio 1817, all’età di 41 anni, dopo una lunga malattia, sostenuta dalla pace e dalla speranza cristiana. Grazie alla benevolenza del suo cuore, la dolcezza del suo temperamento e le straordinarie doti della sua mente ha guadagnato il rispetto di tutti coloro che la conoscevano e il più caloroso amore da parte di chi le ha vissuto accanto. Il loro dolore è in proporzione al loro affetto; sanno che la loro perdita è irreparabile, ma nella loro profonda afflizione sono consolati dalla ferma e umile speranza che la sua carità, la devozione e la purezza hanno permesso alla sua anima di essere accolta alla vista del Redentore”. La lunga epigrafe non fa mai cenno all’attività che occupò l’intera esistenza di Jane Austen: la scrittura. Si fa accenno alle “straordinarie doti della sua mente” ma è davvero troppo poco per intuire che quella era la tomba di una scrittrice geniale e straordinaria. Tuttavia sapevo che quando quella lapide fu posta a sigillo della sua tomba, nessuno avrebbe potuto scrivere qualcosa di diverso. Secondo i canoni della società dell’epoca, sebbene la Austen non fosse un caso unico, una donna scrittrice non era concepibile. Non lo si poteva dichiarare pubblicamente. Una donna non poteva essere un personaggio pubblico. Non poteva esporsi al di fuori della propria cerchia familiare e delle proprie conoscenze dirette. Doveva essere anonima. E difatti la Austen firmò il suo primo romanzo, “Ragione e sentimento”, con la formula “By a Lady” (“Di una Signora”) e i successivi con la formula “By the author of…” (“Dall’autore di…”). Era inevitabile che la sua attività di scrittrice non venisse menzionata sulla lapide della sua tomba. E la sensazione che ho provato è stata di turbamento e dispiacere. Perché la scrittura fu l’unico, immenso e irrinunciabile amore che Jane Austen coltivò per tutta la sua breve vita. E tenerlo nascosto suona come una condanna. Sembra quasi che così si sia voluta cancellare l’eresia di aver voluto vivere una vita libera e tutta dedicata al suo unico amore.
Il riconoscimento pubblico - Poi, ci si sposta verso la targa di ottone affissa alla parete e ci si sente invadere da un moto di dolcezza e di felicità. Qui, finalmente, è scolpito a chiare lettere che fu una scrittrice. “Jane Austen. Nota a molti per i suoi scritti, – recita l’epigrafe – cara alla sua famiglia per il multiforme fascino del suo carattere e nobilitata dalla sua fede cristiana, nacque a Steventon, nella contea di Hants, il 16 dicembre 1775 e fu sepolta nella cattedrale il 18 luglio 1817. ‘Ella apre la bocca con saggezza e la sua lingua è la legge della bontà’”. Questo sacrosanto riconoscimento pubblico avvenne nel 1870, per volontà del nipote della Austen, Edward. Per finanziare la realizzazione e la posa della targa in ottone, il nipote usò i proventi di un libro che egli scrisse per celebrare la vita e l’opera della zia. Nel 1900, infine, grazie a una pubblica sottoscrizione lanciata e sostenuta dai lettori della Austen, sopra la targa fu anche realizzata una finestra decorativa, da cui filtra una luce che illumina, finalmente, la figura della grande scrittrice. Mi è parsa una storia incredibile. Una di quelle storie in cui il protagonista deve rinunciare allo sguardo delle persone e deve attraversare un deserto buio prima di potersi mostrare con il suo volto, il suo nome, la sua anima. È questa storia che mi ha commosso. Una storia che, una volta di più, ci pone di fronte ai pregiudizi della società nei confronti delle donne, della loro sensibilità, della loro intelligenza, della loro creatività, del loro buon senso. Tutte doti che Jane Austen possedeva e che ha trasferito nelle protagoniste dei suoi romanzi.
Orgoglio e pregiudizio - Un’ultima cosa. Se non avete mai letto nulla della Austen, leggete almeno un suo libro. Magari l’arcinoto “Orgoglio e pregiudizio”, di cui quest’anno ricorre il 200° anniversario della pubblicazione. Scoprirete una scrittrice raffinata, profonda e ironica la cui conoscenza dell’animo umano, maschile e femminile, è stata eguagliata davvero da pochissimi suoi colleghi.
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Nato a Siena nel 1964, vive a Prato dall’età di quattro anni. Prima cronista sindacale e politico per diverse testate, poi direttore di un settimanale economico locale, oggi lavora in un ufficio stampa istituzionale. A trent’anni la riscoperta di Sherlock Holmes: la particolarità del personaggi, una concezione del mondo e della vita, l’epoca storica in cui si svolgono i fatti lo affascinano al punto che, quando incontra “Uno studio in Holmes”, l’associazione degli scherlockiani italiani, non può che lasciarsi coinvolgere. Sulla rivista dell’associazione, “The Strand Magazine”, di cui oggi è direttore responsabile, ha pubblicato quattro racconti. Il palio di Sherlock Holmes è il suo primo romanzo.
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