La storia del Mostro di Firenze è da riscrivere? Sembra proprio di sì, a leggere il libro di Paolo Cochi, Michele Bruno, Francesco Cappelletti, con intervista-racconto di Nino Filastò, “Mostro di Firenze: al di là di ogni ragionevole dubbio” (Enigma Edizioni). Un volume che assomiglia a un dossier; un insieme puntuale di fatti, date, testimonianze, circostanze, interrogatori, perizie balistiche e scientifiche. L’autore e i suoi collaboratori non cercano di dimostrare tesi. Rimanendo in disparte, sullo sfondo, riescono a far sorgere nel lettore, con la loro ricerca approfondita ed esaustiva, dubbi, domande, congetture. Riescono a far riflettere e a concludere che la questione del Mostro di Firenze - che negli anni Ottanta ha terrorizzato la Toscana e le coppie di innamorati che usavano appartarsi nei boschi, facendo raccomandare i genitori di utilizzare case e luoghi protetti - non è conclusa.
L’impressione globale che si ha dopo la lettura del libro è che i conti non tornano. Sarà per via dei mezzi di indagine di quei tempi, inferiori a quelli attuali, sarà per una conduzione delle indagini che talvolta appare confusa e imprecisa, sarà per l’oggettiva complessità della vicenda, per le infinite ritrattazioni e correzioni. Al di là di tutto questo, c’è qualcosa che sfugge. C’è una verità, la Verità, che si nasconde e che latita. L’intuizione è che qualcosa di inconfessabile, di indicibile, non sia ancora emerso o fatto emergere. Dalla scoperta di questo punto oscuro potrebbe deflagrare e venire chiaramente alla luce tutta la banalità del male: il filo di Arianna che porterebbe dritto al Minotauro, o ai vari mostri che gravitano intorno al Mostro, che dopo un’attenta lettura appare meno scontato identificare con Pacciani. Seguendo quel filo, forse potrebbero trovare una spiegazione logica anche quelli che sono considerati i “delitti collaterali” della vicenda Mostro di Firenze. Più che un “cold case” la vicenda appare una caso congelato, oggi riattivato dalla recente scoperta di una Beretta calibro 22 che potrebbe essere l’arma del delitto e da una serie di inchieste giornalistiche, anche senesi, pubblicate su Sienanews da Andrea Ceccherini e Katiuscia Vaselli.
Da tutte le ricostruzioni emerge un impressionante quadro di ambienti umani e sociali degradati, anche non in relazione fra loro, che emerge dalla lettura. Prostituzione, incesto, violenza, perversioni, assoluta promiscuità sessuale, conflitti familiari esasperati, vendette, faide, prevaricazioni. Questi ambienti sono stati il terreno di coltura, lo sfondo, della follia maniacale del mostro. Forse per il principio di attrazione fra simili, alcune vicende si sono sfiorate, alcune persone molto distanti fra loro, magari accomunate da un caso o da una comune perversione, si sono conosciute. Nella vicenda del Mostro di Firenze, anche lo scenario risulta mostruoso. E allora è forse il caso di ripercorrere e sgranare la catena dei delitti, riprendere e analizzare tutte le piste, in primis quella pista sarda che a un certo punto viene abbandonata, quando la giustizia sposta i riflettori sui “compagni di merende”, trovando in loro i colpevoli di delitti forse troppo efferati e frutto di una intelligenza lucida e affilata, per essere attribuibili a un pugno di personaggi di una mostruosità a più bassa frequenza.
Forse è il caso di ricominciare da capo, da quello che c’è ancora, dagli oggetti, dai reperti, dalle analisi scientifiche condotte con metodi moderni; forse è il caso di ricercare il Dna ovunque si trovi, di incrociare dati, di riesumare cadaveri e fatti, di riascoltare le testimonianze dei sopravvissuti. Forse il Mostro di Firenze è morto. Non è morta, tuttavia, l’esigenza di dare pace e giustizia alle vittime e alle loro famiglie, ricercando una verità univoca. “Al di là di ogni ragionevole dubbio”.
Torna Indietro