“Scrivo per trasmettere al mondo il mio modo di percepire la realtà…”. Sì, se non fosse che l’unica pubblicazione su cui hai fatto uscire il tuo racconto è il giornalino scolastico del 1995, quello che a nonna piacque tanto al punto che lo fece leggere a tutte le amiche (tre in totale, eh)! Ehm… ma volare un po’ più basso no, eh? Il mondo poi… bah! In ogni modo, in questa frase che ho realmente sentito (sì, lo so, è incredibile ma l’ho sentita proferire ed esattamente così, con il “mondo” come principale riferimento), c’è qualcosa su cui riflettere. Dico sempre ai miei allievi che per scrivere occorre avere in mente un messaggio da comunicare perché il romanzo, come il racconto, è una forma di comunicazione. Tuttavia, non occorre sentirsi investiti di una missione superiore e per questo dedicarsi alla scrittura. Basta avere in mente un messaggio, poi è ovvio che così facendo trasmettiamo il nostro modo di percepire la realtà, ma questo lo fa qualunque scrittore, non è una peculiarità del singolo. Del resto, ogni espressione artistica si basa sulla percezione che l’artista ha del mondo che lo circonda, delle emozioni, dei valori morali, ecc. Questo tipo di considerazioni porta a una domanda: perché si scrive? C’è chi scrive per evasione, chi per sfogo, chi per pubblicare un bestseller, chi per vanità… ogni motivazione può essere valida, ma quello che conta è passare un messaggio ai nostri lettori. Mettere in piedi una storia senza un messaggio significa semplicemente non saper scrivere.