I pustaha, libri magici sospesi tra magia bianca e nera

Massimiliano Bellavista

30/03/2020

I pustaha, che in sanscrito significa libro o meglio manoscritto, sono libri misteriosi. Appartengono al popolo Batak, originario del nord di Sumatra, in Indonesia. I testi di questo libro riprodotto in fotografia, parlano di magia e divinazione. Questo libro altro non è che il taccuino dell’uomo della medicina Batak, il Datu. Datu lo dettava ai suoi studenti, o forse erano loro stessi a prendere quelli che oggi chiameremmo appunti delle lezioni. Questo ne spiega ciò che anche a prima vista si nota, ovvero il carattere frammentario, fatto di liste, testi, disegni e formule magiche.
 
La conoscenza di un Datu si componeva di tre aspetti inscindibili e imprescindibili:
-La capacità di sostenere e proteggere la vita
-La capacità di annientare la vita
-La dote della divinazione.
La prima dote voleva dire conoscere e saper fare diagnosi, rimedi, pozioni magiche e amuleti, amuleti e oggetti magici, e saper celebrare cerimonie per salvaguardare l’anima dei propri protetti. La seconda dote equivaleva a saper praticare all’occorrenza la magia nera. La terza dote era connessa alla capacità di indagare e formulare vaticini scrutando nelle anime degli uomini, interpretando il volere degli Dei, delle stelle e degli antenati.
 
La fattura del libro è preziosa, antica e complessa. La copertina del libro era sempre ricavata dalla corteccia degli alberi di Aquilaria, un sempreverde tipico del sud est asiatico.  La corteccia veniva prima ammorbidita in acqua di riso, che è la sospensione di amido ottenuta drenando il riso bollito o bollendo il riso fino a quando non si dissolve completamente nell'acqua. Sulla copertina come si vede si incideva sempre un geco, per rappresentare una Divinità favorevole all’uomo Boraspati, Dea della terra e della fertilità. Il libro aveva uno stretto legame con il cibo, in quanto doveva assicurare protezione alla comunità, mentre il cibo doveva assicurarne il sostentamento. Il simbolo del geco accomunava i due aspetti, comparendo di sovente come decorazione anche sulle pareti esterne dei granai. L’inchiostro era ottenuto da resine che veniva mescolata riscaldandola con altri ingredienti. Per scrivere si usavano invece penne di bambu, corno di bufalo, o parte della foglia di una palma da zucchero. Questo libro è scritto in una lingua rituale, il Poda.
 
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Massimiliano Bellavista

Massimiliano Bellavista
Massimiliano Bellavista è consulente di direzione, blogger (www.thenakedpitcher.com) e docente di Management strategico presso l’Università di Siena. Vincitore di premi letterari, suoi racconti e poesie sono pubblicati su riviste e antologie. Scrive una rubrica fissa per la rivista stroncature.com. Tiene regolarmente seminari di scrittura e in merito alla valorizzazione ed alla comprensione del libro antico come bene letterario e culturale. A Siena anima la scuola di scrittura Recensio. Riguardo alle sue opere di narrativa, poesia e management, pubblicate in italiano ed in inglese, tra le più recenti ricordiamo: Le reti d’impresa (Franco Angeli, 2012); Anatomia dell’invisibile (Tabula Fati, 2017); L’ombra del Caso (Il Seme Bianco 2018) e The Naked Pitcher (Licosia 2018); Dolceamaro (Castelvecchi 2019); Marketing e management degli impianti sportivi (Azzurra 2019); Vertical Farming (Licosia 2019)
 
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