04/01/2012
Era già un gran caldo e se non fosse stata una giornata memorabile avrebbe indossato la solita camicia bianca a maniche corte. La solennità del momento, però, esigeva il rigore di una cravatta e di un abito scuro. Toccava a lui. Nessuno più di quel David Gruen, meglio conosciuto come Ben Gurion, polacco, conosceva la storia di quel paese piccolo nei confini e grande nelle aspettative, che stava nascendo. Intorno a quell’idea ci aveva lavorato tutta la vita e finalmente il momento era arrivato. A casa aveva salutato la moglie Paula con tenerezza e non era riuscito a nascondere la commozione. Fuori, ad attenderlo, tre auto scure di fabbricazione inglese. Alcuni uomini dell’Haganah, di quello che sarebbe diventato il futuro esercito regolare, lo avrebbero accompagnato al palazzo. Tel Aviv in quella stagione appariva più luminosa di sempre. Il mare, tagliato dalla punta di Jaffa, rifletteva il bagliore delle case bianche sembrando un campo innevato. Arrivato, aveva preso posto al centro del grande tavolo. Proprio sotto un grande ritratto di Teodoro Herzl, quel giornalista ungherese visionario che, cinquant’anni prima aveva cominciato a lavorare allo stesso concetto: costruire una nazione che potesse accogliere tutti gli ebrei del globo. Intorno, i membri di un Consiglio di Stato provvisorio, i compagni di sempre. Lui, David Ben Gurion, basso di statura e coi capelli che sembravano fiocchi di zucchero filato appoggiati sulle tempie; uomo determinato, intelligente e di grandi relazioni ci aveva già provato nel 1915 ma i tempi non erano maturi. Ora era lì, capo dell’Agenzia ebraica per l’immigrazione, Presidente “in pectore” di uno stato sovrano, “levatrice” di una nazione che stava per essere partorita. La sala era strapiena e la folla nelle strade intorno continuava a crescere. Un colpo al microfono e Tel Aviv, che non smetteva mai di parlare, si ammutoliva. Era il 5 Iyar 5708, il 14 maggio del 1948. Ben Gurion proclamava solennemente l’indipendenza dello Stato d’Israele. Con la benedizione delle Nazioni Unite, col riconoscimento degli Usa e dell’Urss e con la fine del mandato britannico in quell’area. Eretz Israel, la terra d’Israele, il sogno di un territorio nel quale concentrare i valori identitari, spirituali, politici, culturali di tutti gli ebrei del mondo si era avverato. Un sogno che dura da sessant’anni e vuole continuare ad essere sognato.
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