Golem. Quei bambini senza nome

Giuseppe Burschtein

12/06/2011

È alto come il mobiletto della macchina da cucire Singer accanto. Avrà sì e no quattro anni e due grandi occhioni scuri e felici. Quella successiva è un po’ più grandicella e i boccoli biondi che le cadono sulle spalle le danno un tono regale. Forse la chiamavano Principessa. Sotto ancora, sono in tanti: forse una classe delle medie. Sprofondati in cappottoni pesanti, col punto vita fatto scomparire dalle martingale alte e forse da qualche ciambella col burro di troppo. Vecchie fotografie ormai ingiallite e immagini digitali che ne preserveranno per sempre le sembianze. C’è preoccupazione a Yad Vashem, il Museo della Shoah di Gerusalemme. Quei volti, quelle storie di piccoli mai diventati grandi o forse, volesse il cielo, salvi e spersi in un mondo grande, non hanno ancora un nome. 25.000 bambini e ragazzi, sequenze di vita cristallizzate in bianco e nero che non sono ancora state identificate. Vengono da album di famiglia, da vecchi archivi ritrovati nella ristrutturazione di vecchie cantine o biblioteche pubbliche, dai database più disparati e perfino dai cassetti più segreti dei dossier sul nazismo. I volti più fortunati appartengono a riprese di vita familiare, gioiosa, talvolta raggiante e spensierata, altri minuscoli musi scattati dietro il filo spinato di qualche campo di concentramento; con gli occhi fulminati dal magnesio del flash e dal terrore di dover vivere o forse morire in quell’inferno. Orrore fissato per sempre nel formato bidimensionale di una fotografia anonima. Nel tempo sono arrivate, solo via e-mail, qualcosa come 140.000 foto e il numero cresce al ritmo di una dozzina di migliaia all’anno. Tra queste, solo una piccola parte riporta le generalità dei fotografati e in particolare i nomi che mancano sono quasi sempre quelli dei piccoli. Yad Vashem lancia una appello affinché quei bambini tornino ad avere un nome. Qualcuno potrebbe essere ancora in vita da qualche parte del mondo e di sicuro potrebbero essere molte le testimonianze che aiuterebbero a ridare un’identità a quelle straordinarie creature.

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