08/06/2012
Al tempo di Facebook è difficile spiegare ad un adolescente l’eccitazione che si provava nel ricevere una lettera da un “amico di penna”. Corrispondenti sparsi nel mondo e che a fatica si riusciva a trovarli. La scuola, la famiglia, i giornali: ogni sistema era buono per farsi aiutare ad avviare un’amicizia a distanza, e anche se solo epistolare dava le sue belle soddisfazioni. A volte, per attraversare appena qualche paese le risposte impiegavano settimane. Poi magicamente il postino suonava. E quando c’era posta era una festa. Un giorno del 1947, sul Palestine Post di Gerusalemme apparve una lettera di un certo Alistair Hamilton, dodicenne che viveva in Nuova Zelanda e che cercava amici da questa parte di mondo, nell’emisfero boreale. Un ingegnere austriaco che viveva ad Haifa con la famiglia passò l’articolo al figlio Arye Meir che, – spinto dalla voglia di capire come potessero vivere le pecore a testa in giù vista la posizione dell’Oceania sul globo terrestre rispetto al Medio Oriente – iniziò la corrispondenza. Furono un paio d’anni di comunicazioni intensissime e intelligenti. In fondo la vita era molto simile e anche Arye, come il suo amico Alistair si era trasferito in una bella fattoria nel bel mezzo del niente, piena di polverone e animali da cortile. Una era la “farm” e l’altra si chiamava “kibbutz” ma in tutte e due faceva un caldo cane e si lavorava come ciuchi. Di qua e di là dal mondo. Parlavano di francobolli e di futuro, di sport, di pianeti e di un mondo nuovo che usciva da una guerra grande e quando la censura familiare lo consentiva di amichette con le gote rosse e i vestiti attillati. Poi si sa, la vita è un’esperienza che prende e il tempo trita il presente come se non avesse mai futuro e così anche i nostri due scrittori postali furono affaccendati in mille altri impegni. Come quello importante di diventare adulti. E così la corrispondenza cessò per oltre vent’anni. Fino a quando, Mr. Hamilton, diventato allora un ricco allevatore di Dunedin non raccontò la sua storia ad un solerte impiegato postale dell’Isola del Sud. Che per una magia che già esisteva anche senza Internet, ricostruì il percorso verso quello che ora si chiamava Israele, dove abitava un giornalista famoso di nome Meir. Il resto è presente. La corrispondenza riprese e i due, che non si erano mai visti, si sono incontrati. Nell’ufficio postale numero 43 di Gerusalemme.
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