02/04/2011
Nascere nel 1859 a Białystok, che oggi è in Polonia ma allora era Russia, a pochi chilometri dalla Bielorussia; da una famiglia di ebrei lituani che a casa parlano Yiddish; avere il padre insegnante di tedesco, vivere in una città divisa fra polacchi, bielorussi e tedeschi, crescere a Varsavia dove si parla polacco e russo e appassionarsi al latino, il greco, il lituano, lo spagnolo, il francese, l’inglese e l’ebraico dovrebbe far passare la voglia di cimentarsi con le lingue. Ma ciò non fece il dottor. Zamenhof che per l’appunto si inventò l’esperanto. Perfino il suo nome è un labirinto linguistico. Appare come Ludwik Lejzer Zamenhof alla tedesca oppure Lyudovic alla russa o più ebraicamente Eliezer o Lazarus, diventa Ludovic alla francese e viene trascritto in decine di altre grafie. Dall’elenco dei candidati al Nobel per la Pace del 1910, è iscritto come Louis Lazare. Per tutti egli volle essere Ludwik Lejzer, ebreo russo, linguista, e come se non bastasse, medico oftalmologo. Per lui, quel mondo diviso fra etnie, tradizioni e lingue diverse è all’origine dei disaccordi fra le popolazioni. È questa la convinzione di Zamenhof. Perfino gli ebrei, pensa, fra sefarditi e askenaziti, fra Mediterraneo ed Europa continentale, non parlano la stessa lingua. Si immagina allora una lingua franca per gli ebrei che è una specie di Yiddish scritto coi caratteri latini, e con lo pseudonimo di Mr. X ne pubblica una sorta di manuale nel 1909. È nella lingua, dunque, per la visione di Zamenhof che si annida il seme del dissidio. Il linguaggio unisce e divide. Quel suo mondo di Białystok, nel quale ebrei, polacchi, russi, bielorussi e tedeschi vivono avvelenati, ha un solo antidoto: una lingua comune. “Quando i popoli potranno liberamente comprendersi, cesseranno di detestarsi”, dice. Matura così il concetto dell’esperanto, la lingua per tutti: semplice, artificiale, inclusiva. Studia, aggrega fonemi e parole, suoni e grafie, analizza, scansiona, spizzica dalle tante grammatiche che conosce e che ha vissuto e dà il via al primo volume della “Lingwa uniwersala”. La fame di novità diffonde immediatamente la nuova lingua. Nascono giornali scritti in esperanto e si organizzano convegni. . “Lingvo internacia”, il secondo volume, consegnerà il recente idioma al futuro. Oggi, il fuoco del “Doctoro Esperanto”, il lessico della speranza, è ancora vivo.
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