30/04/2012
L’idea frullava come la pala di bachelite del grosso ventilatore. Nella testa di Meir Lansky, avvolta dal fumo spesso e dalla luce tagliata delle tapparelle c’erano due “terre promesse”. Tutte e due fatte di deserto e di un futuro tutto da conquistare. Ma una era in un posto troppo santo per essere frequentato da uno come lui. L’altra invece era lì, bollente e già insana, nel bel mezzo del deserto del Nevada. Las Vegas. Strapparla di mano a quattro mormoni e qualche indiano cencioso Pajute sarebbe stato gioco facile. E anche i ragazzi di Lucky Luciano avrebbero accettato. Gli dovevano molto dopo il suo contributo a spazzar via Salvatore Maranzano dai vertici di “cosa nostra”. E poi, quelli della loro risma, in quel forno di città c’erano arrivati da poco; il progetto era gigantesco e quell’estate del ’46 sarebbe stata l’inizio di una vera epopea. Era certo che avrebbe convinto “gli italiani” a concedergli il controllo di quella lingua di polvere rossastra. Ci avrebbe mandato il suo uomo migliore, il più fidato, il vicerè: “Bug”, Bugsy Siegel. E forse in seguito avrebbe chiamato anche gli altri: Longy Zwillman e Moe Dalitz. Il gruppetto storico. Erano finiti i tempi della prostituzione, della morfina illegale, dell’usura, dell’estorsione e soprattutto erano strafiniti i tempi del proibizionismo e per i “boys” era ora di nuova aria da respirare. Stava iniziando l’era del “gambling”, del gioco d’azzardo, tutto legale, stavolta. Lì fra i mille desideri di quei boss circoncisi sarebbe nato l’Hotel Flamingo, il primo grande investimento in carte, roulette, dadi e slot machine di questo mondo dal grilletto facile e dallo zucchetto in testa, coloro che con gli irlandesi e gli italiani si erano spartiti per qualche decennio il controllo del Lower East Side di Manahattan, il quartier generale degli immigrati. Ebrei, sì ebrei ma non osservanti; niente fede, riti e preghiere. Roba da educande. Per Meier, Longy , Moe e gli altri l’unica religione è il crimine. L’unica “Terra Promessa” Las Vegas.
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