18/03/2010
La rappresentazione tradizionale “Sega la vecchia” o “Segavecchia è la ricostruzione di un rituale che si usava nelle nostre campagne, per esorcizzare il passaggio del tempo, il trascorrere delle stagioni, la loro ciclicità. Sega la vecchia è, infatti, un “raccontare” le cui origini si perdono nella notte dei tempi e come tutti i rituali, le novelle e le fiabe sui maghi, le streghe, le affabulazioni legate al trascorrere del tempo e l’avvicendarsi delle stagioni sono di origine ignota, si tramandano a voce. Anche il “sega la vecchia”, patrimonio della tradizione popolare, si è trasmessa a voce, “oralmente”, assumendo una forma espressiva di teatro d’improvvisazione, oggi si direbbe “di strada”, che nelle nostre campagne assunse i termini di un vero e proprio “racconto figurato” e che si andava a rappresentare nel tempo della Quaresima. Come tutte le antiche tradizioni di teatro popolare è recitato rigorosamente da soli uomini che vestono i panni sia degli uomini che delle donne.
Il racconto - Il “Sega la vecchia” è, infatti, un racconto, una sceneggiata, che vede i Cantori-Segatori attori di una vera e propria drammatizzazione imperniata alla necessità di “segare” la vecchia che, come recita il Capoccia “ce n’ha fatte tante” e perciò deve essere punita. Da altre parti della Toscana vige anche la tradizione di porre al “rogo la vecchia” quale sinonimo di “rito fertilizzante”. In realtà la ”vecchia”, qui rappresentata dalla moglie del capoccia, è la Quaresima, la lunga notte invernale in attesa del richiamo della Primavera, la Resurrezione della natura. Il rituale vuole che la vecchia, prima di essere condotta a morte da parte dei segatori, segua una sorta di purificazione, il pentimento, e lasci Testamento alla presenza del Notaio. Dopo che lo Squadratore ha preso le misure e i Segantini si apprestano alla Segagione, d’improvviso il Figlio, già accondiscendente, si fà avanti ad invocare ed impedirne l’esecuzione. Dopo un tergiversare fra il figlio, il vecchio genitore (il capoccia), la Guardia di foreste, l’intervento del Dottore, la “vecchia” guarita, viene portata a “nuova vita”: una vera e propria Resurrezione della natura contro le avversità della cattiva stagione e le ristrettezze imposte dalle necessità del periodo quaresimale. A questo punto si apre lo Scenario verso la nuova vita, il figlio vuole sposarsi, il vecchio e la vecchia si abbracciano e ballano mentre il Prete impartisce la benedizione agli sposi. Si chiude la scena tra cori e balli in allegria.
La tradizione dell’improvvisazione - L’improvvisazione anche in questo caso è d’obbligo. Lo scopo primario è quello di recuperare una tradizione antica e farne oggetto di uno spettacolo, per quanto esilarante, tra frizzi e lazzi ed ironiche allusioni tutte toscane, che ne esalti l’importanza culturale e perché non se ne perda la memoria. Al 1947 risale un documentazione fotografica di una rappresentazione fatta in piazza a S. Quirico d’Orcia. Una successiva fu riorganizzata ed eseguita alla fine degli anni settanta grazie al recupero dei versi portati e recitati a “memoria” dal mitico “Beggi”, un artigiano calzolaio proveniente dalla vicina Fattoria di Cosona. E oggi, grazie al contributo di alcuni componenti l’Attuale Compagnia del Sega la Vecchia, presenti nel gruppo dei Cantori di San Quirico d’Orcia, che hanno recuperato e trascritto buona parte di quel lavoro se ancora oggi viene ancora messa in scena questa antica tradizione.
Testo presentato il 13 marzo 2010 a San Quirico d’Orcia (Siena) quando è stata rappresentata “Sega la vecchia” in occasione del gemellaggio con il comune del Giglio.
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