20/01/2012
Il libro
Pago il conto e saliamo sul mio SUV. Appena fuori dal centro mi dirigo verso sud e imbocco la strada che esce dal paese. Non avevo previsto di portarla da me, è la prima volta che le cose si sviluppano diversamente da come avevo pianificato, ma forse adeguarmi ai percorsi obbligati dalla vita è il giusto contrappasso per chi come me si arroga il diritto d’immortalare la vita altrui su pagine eterne. Guardo il volto di Sara, la sua pelle è perfetta, non tradisce la minima ruga. In fondo merita di essere l’unica a conoscere l’opera della quale sarà la degna conclusione.
- Sara, c’è una cosa che vorrei assolutamente chiederti e che mi ha incuriosito fin da subito.
- Ovvero?
- Donna di Picche, perché?
- Oh, quello! Solo un gioco.
Il suo sguardo si adombra. - Una partita disputata molto tempo fa, contro un avversario davvero speciale.
- Da vittoriosa?
Mi guarda, sorride e dice:
- Vittoria e sconfitta sono solo interpretazioni di uno stesso esito, che alla fine accomuna due contendenti.
Non aggiunge altro. Sarà un peccato non poter ascoltare tutte le storie che questa donna avrebbe da raccontarmi.
- Eccoci arrivati.
Premo il pulsante del telecomando e il cancello che dà sul vialetto d’ingresso si apre con il solito cigolio.
Non era andata come Sara si sarebbe aspettata: benché in possesso delle informazioni schiaccianti fornite dalla polizia postale, Miconi aveva negato il mandato che le avrebbe consentito di catturare chi si nascondeva dietro lo pseudonimo di Inchiostro. Ma se in servizio aveva un regolamento da rispettare, da libera cittadina il discorso era completamente differente.
- Non faccia sciocchezze Mezzanotte! Io le chiappe non gliele salverò. - l’aveva avvisata Miconi quando lei, per tutta risposta, aveva chiesto due giorni di permesso. Recuperare informazioni sulla famiglia di Inchiostro fu una formalità. In ogni caso non stava per affrontare nulla che la calibro 22 che aveva con sé non avrebbe potuto sistemare.
Orlandi parcheggiò il SUV davanti al box auto adiacente alla villetta, costruita al termine di un breve sterrato che da una stradina secondaria si inoltrava tra la fitta vegetazione della Garfagnana.
Varcata la soglia della casa, un odore dolciastro colpì con forza le narici di Sara che non riuscì a trattenere una smorfia di disgusto.
- Perdonami se non ti ho avvisata del cattivo odore, io ormai non ci faccio più caso.
- “Cattivo odore” è riduttivo.
- Sì, me ne rendo conto, ma le sostanze che si usano per conciare le pelli hanno questa sgradevole controindicazione.
- Giornalista, scrittore, discendente da una famiglia di rilegatori e ora conciatore! Non so se definirti più poliedrico o interessante, Rino.
L’uomo rise.
- No, solo una delle cose che hai elencato ha a che fare con ciò che sto realizzando qui: vorrei riprendere la tradizione della mia famiglia.
- La legatoria?
- Di più. Il libro del quale ti ho parlato sarà stampato su vera pergamena e come saprai per ottenere la pergamena è necessaria la lavorazione di pelle animale. – mentre pronunciava queste parole si avvicinò a Sara e ne sfiorò la guancia vellutata.
- Affascinante – disse lei, ritraendosi leggermente.
- Non puoi capire quanto! Anche se, da collezionista, comprenderai appieno il valore di un’opera del genere realizzata ai giorni nostri.
- Sì, infatti - la mano di Sara scomparve nella borsetta.
- Se stai cercando il cellulare, nessun operatore dà una copertura decente qui.
- Io... in effetti dovrei telefonare...
- Nessun problema. C’è un apparecchio fisso che potrai utilizzare, ma prima seguimi: ti devo mostrare ciò per cui sei qui.
- Sì, certo – disse Sara apparentemente più calma, lui le fece strada lungo un corridoio buio che terminava in quella che doveva essere la sala da pranzo.
Nella stanza dominavano toni scuri, ravvivati appena da quattro lampade applicate a ognuna delle pareti decorate con carta da parati a larghe strisce oro e nere. Scuro era il legno lucido dell’imponente tavolo, circondato da dodici massicce sedie in ebano e pelle nera, scure erano le gocce di cristallo che ornavano il lampadario a sette bracci appeso, quasi come un monito, al centro del soffitto.
- Ecco L’Inferno, edizione 1901 - quasi declamò Orlandi indicando un leggio appoggiato su di un mobile basso sul lato opposto della sala.
Sara aggirò il tavolo avvicinandosi al libro aperto sul supporto, sfiorò una delle pagine ricavandone una sgradevole sensazione.
Scorse alcune righe con lo sguardo.
- Ma, non sono i versi di Dante, questi.
- No hai ragione. Non versi, ma parole di un inferno molto più vero.
Sara lo guardò smarrita.
- Non capisci? Come potresti! Questo è genio puro. Guarda ancora mia cara.
- Questa è la mia storia, la storia di Graphyo – lesse Sara a mezza voce.
- Non ho detto leggi, ma “guarda”.
Un’ombra nera, quasi una decorazione, sembrava macchiare il foglio di pergamena sul quale era vergato lo scritto in inchiostro seppiato.
- Cos’è questa? Filigrana?
Orlandi sogghignò.
- È incredibile come la mente umana rifiuti ciò che non vuole accettare. Sicura sia filigrana? Non ti sembra, forse, più un tatuaggio?
Guardò divertito l’espressione della donna a metà tra stupore e difficoltà nel comprendere.
- Sì, un tatuaggio che ornava la pelle di Graphyo, perché la sua storia l’ho scritta sulla sua pelle!
Ora Orlandi parlava in preda a uno stato di esaltazione. - In quel volume ogni pagina è pelle e storia di qualcuno! Meraviglioso, vero?
- Pergamena umana...
- Brava mia cara! Vedo che capisci!
Sara deglutì vistosamente - E quando hai cominciato questa... questa opera?
- Sono anni che la coltivo dentro me, la immagino, la rendo ogni giorno un poco più reale. Ma, il tempo esatto, in fondo, che importanza ha? Ora esiste e di una cosa puoi essere certa: tu sarai il capitolo finale! Per me sarà un piacere lavorare il tuo morbido vello – disse avvicinandosi.
Una pistola si materializzò nelle mani di Sara.
Orlandi rimase per un attimo spiazzato, poi affidandosi a propria volta all’effetto sorpresa, s’impossessò del libro e stringendolo al petto, di corsa infilò una porta in fondo alla stanza.
- Fermo! Polizia! Rino Orlandi sei in arresto!
Nessuna risposta. Sara si diresse verso la porta che l’uomo aveva imboccato pochi istanti prima.
Buio.
A tastoni trovò l’interruttore, lo premette. La luce illuminò una scala di legno che conduceva verso il basso.
Sara cominciò a scendere, un gradino per volta, con la pistola in pugno. Al terzo gradino fu travolta dalla carica di Inchiostro che, aggredendola da dietro, la trascinò con sé in fondo alle scale.
Il fetore lì era insopportabile.
Semi tramortita, si sentì trascinare sul pavimento.
Quando riaprì gli occhi, si trovò costretta in ginocchio sul pavimento con il busto sporgente verso l’interno di una grossa vasca in mattoni colma di un denso liquido, dalla superficie del quale in più punti emergevano arti, crani e articolazioni scarnificate.
Sara in quel momento ripensò alle parole di Miconi, la sciocchezza l’aveva fatta: era sola e non aveva riferito a nessuno dove sarebbe andata. Con ogni probabilità dopo la sua scomparsa sarebbero risaliti ad Orlandi, ma questo aspetto non la consolava per nulla.
- Sì, tesoro, è acido: la mia personale procedura di smaltimento rifiuti. - ridacchiò - Perdonami, ma mi vedo costretto a sacrificare il tuo bel volto in nome della mia grande opera d’arte.
Spinse il viso della poliziotta a pochi centimetri dalla superficie verdastra. Con i polmoni in fiamme a causa dei mortali vapori dell’acido, Sara riuscì a scalciare a caso; il grido di dolore di Orlandi confermò che il colpo era andato a segno. Orlandi barcollò indietro di qualche passo lasciando cadere a terra il libro, ma quando a fatica Sara riuscì a rimettersi in piedi, l’uomo la caricò di nuovo terminando però la propria corsa contro un calcio in pieno petto.
Il racconto è inserito all'interno dell'Antologia Criminale che contiene i racconti selezionati dalla giuria come finalisti del Premio Letterario "Garfagnana in giallo". L’ottavo e ultimo capitolo, La fine, sarà pubblicato venerdì 27 gennaio.
Clicca qui per leggere il primo capitolo, Graphyo; il secondo capitolo, Online; il terzo capitolo, Il cane; il quarto capitolo, Dettagli; il quinto capitolo, Attesa; e il sesto capitolo, Donna di Picche.
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Nato a Bologna nel 1966, oggi vive a Latina. Colpito dal morbo di Asimov in tenera età, scrive di fantascienza, horror e giallo dando prova più volte di amare la contaminazione tra generi. Il suo primo racconto "Eroi" viene premiato nel 2006 a Fondi (premio Ieri Oggi Domani) e nello stesso anno inizia la collaborazione con "I narratori di Puerto Eden". Nel 2008 vince la seconda edizione del premio "Giallolatino" con il racconto "Notti di Luna Iena". Dal 2009 fa parte del gruppo letterario pontino "I duri della Palude" con il quale pubblica, tra gli altri, il racconto breve “Chi ha paura del lupo cattivo” uscito nell’istant-book presentato proprio a questa sesta edizione di Giallolatino “2012 la fine del mondo”. Nel 2010 pubblica "Il faro" nell’antologia "Virtù e Peccato" (Arpanet) mentre il...
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