Dietro la porta chiusa. Il romanzo psicoanalitico di Colette Shammah

Marialuisa Bianchi

20/12/2022

“Si comunica che in data 29 luglio 2010, non lontano dalla località di Bodrio è stato ritrovato in mare – privo di vita – il corpo della signora Greta Micael Martin”. Un avvio forte e deciso che costituirà il centro della narrazione del romanzo di Colette Shammah “Dietro la porta chiusa” (La Nave di Teseo). Una morte anche simbolica, come si potrà constatare nel coso della storia, e già il titolo è indicativo in tal senso, ma sarà il lettore a scoprirlo. Una seconda prova per la scrittrice di origine siriana, la cui famiglia ebrea fu costretta a fuggire nel ‘48 per trasferirsi a Milano. Il romanzo d’esordio del 2018 era “In compagnia della tua assenza”, sempre una storia familiare difficile dove compare una madre che muore.
 
Questa è la storia di tre personaggi molto diversi fra loro: due amiche, Greta e Vittoria, e il figlio di una di loro, Thöby, che dopo la morte improvvisa della madre ripercorrerà tappe importanti della sua vita. Il ragazzo si imbatte in fantasmi del passato che ostinatamente cercano di rimanere nascosti, per lui sarebbe ancora troppo doloroso. Il punto centrale è anche raccontare la vita di un ragazzino problematico con un estremo bisogno dell’altro, ma che per paura si nasconde in una tana, da cui suo malgrado sarà costretto a uscire e lo farà con grande dignità. La morte inspiegabile di Greta lascia un vuoto enorme fra le persone coinvolte negli affetti. Non solo per la grande sofferenza, ma anche e soprattutto per la difficoltà di affrontare la vita senza di lei e superare il lutto. Per farlo occorre guardarsi dentro, o meglio riflettersi in uno specchio che rimanda un’immagine che non piace. Però, guardarsi intorno, cercando di capire aiuta ad accettarsi Perché quando si sa si trova il coraggio, quando non si sa è difficile crescere, nel caso di Thöby, oppure quello che si suppone non corrisponde a verità.
 
L’incomunicabilità è la cifra nei rapporti genitoriali dei personaggi. Anche Greta da piccola si sentiva sola e abbandonata, malgrado avesse un padre, una madre e una sorella. “Era nata in novembre, il giorno dei morti, e da ragazza usava dire agli amici che la vita l’aveva colta di sorpresa e nel giorno sbagliato l’avrebbe colta la morte”. La solitudine e il silenzio di questi personaggi si avvertono in maniera inconfutabile e sono costantemente ribaditi, facendo immedesimare il lettore, che percepirà fino in fondo le loro difficoltà entrando in sintonia facilmente, anche se non ne comprende le scelte, come quella di Vittoria “che per anni aveva teorizzato la presenza di una forte connotazione egoista dietro a qualunque desiderio di maternità. Secondo lei, mettere al mondo un figlio era puro egocentrismo”. E invece poi aveva scelto di diventare madre, ma proprio la figlia l’aveva rifiutata nel momento in cui a sua volta aspettava un bambino. Anche un libro sulla maternità, due madri ansiose con la mania del controllo di cui una, Greta, che custodisce un segreto che ha influito decisamente sulla vita del figlio. Strani giri del destino, psico-genealogie, comportamenti che si ripresentano in famiglia, nonostante tutto. Potremmo definirlo un romanzo psicoanalitico per dare suono ai silenzi, le voci di dentro.
 
In copertina una foto molto esplicativa: un ragazzo con grandi occhi, di una intensa profondità, ci guarda mentre mangia una mozzarella. Forse il bisogno di cibo come metafora del bisogno d’affetto. Sicuramente su questo romanzo ha influito la formazione di mediatrice familiare che ha messo l’autrice di fronte a molti casi, portandola a interrogarsi sul perché di certe difficili situazioni. In ogni famiglia ci sono nodi da sciogliere, solo così si raggiunge la consapevolezza e se i nodi restano almeno si è cercato di comprenderne l’origine. A volte l’affetto si trova fuori, come nell’amicizia fra le due amiche o nel rapporto di Thöby con Nino, un meccanico che senza chiedere nulla l’ha accolto da fratello maggiore e l’ha aiutato a sentirsi meno solo. Nino aveva capito che non doveva indagare, le amicizie maschili sono fatte di silenzi. I padri biologici in questo romanzo sono sullo sfondo della situazione. Altro personaggio interessante è il commissario Roberto Lumis che ha fama di essere un uomo inflessibile, ma c’è qualcosa in Thöby che lo scuote nel profondo e indaga. È il capitano Achab che lotta contro la balena? Romanzo fortemente simbolico e intessuto di spunti letterari, anche favole che l’autrice ha studiato per la sua tesi di laurea in psicopedagogia.
 
E la morte della madre che significato riveste? Vittoria dopotutto è come una madre adottiva per Thöby. L’autrice ci potrebbe suggerire che la salvezza sia fuori dalla famiglia? “Ciascuno di noi è senza dubbio colpevole per tutti e per tutto ciò che accade sulla terra”, sembrano riecheggiare le parole de “I fratelli Karamazov”. Un romanzo scritto in una lingua piana e scorrevole, dalla struttura complessa, con molti salti temporali. Una sorta di macchina del tempo: in un andirivieni della memoria ci porta a un finale che non è consolatorio bensì un’apertura al mondo. Attraverso il dolore e la conoscenza la trasformazione è avvenuta. Il resto è da scrivere.
 
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Marialuisa Bianchi

Marialuisa Bianchi

Molisana d’origine, si è laureata in storia medievale a Firenze, dove vive. Ha insegnato Italiano e Storia nelle scuole superiori. Ha appena pubblicato per i tipi di Mandragora Storia di Firenze. La preziosa eredità dell’ultima principessa Medici che ha reso grande il destino della città. Precedentemente il romanzo storico Ekaterina, una schiava russa nella Firenze dei Medici e, nel 2021, La promessa di Ekaterina (edizioni End). Ha esordito con un libro...

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