17/08/2014
“E quando arrivato sarò all’agonia, ti prego, Maria, soccorrimi tu”. Preghiera, implorazione, parole profetiche pronunciate poco prima di essere colpito da una palla in fronte da un rappresentante di quello Stato da poco unitario, del quale si è festeggiato il 150° anniversario qualche anno fa. Molto si è scritto e fantasticato su David (il Santo dell’Amiata) Lazzaretti e su quel movimento religioso, rivoluzionario, socialisteggiante, eretico ed eversivo.
Su quella comunità, ordinamento, unione volontaria di famiglie, la “Società delle Famiglie Cristiane” dapprima corteggiata dalla Santa Sede e sopportata dal neo Stato unitario, sarebbe prevalsa la ragion di Stato (e della Chiesa). La mattina del 18 agosto 1878, mentre a capo di un numeroso gruppo di “seguaci”, uomini, donne, tanti bambini, si recava in processione verso Arcidosso, all’ordine del delegato di Pubblica Sicurezza: “David, sciogli il corteo e ritirati in nome della Legge”, “Io vado avanti in nome di Cristo, Duce e Giudice” rispose David, “ Se volete la pace porto la pace, se volete la misericordia porto la misericordia, se volte il mio sangue ecco il petto. Io, sono la vittima”.
Una palla di fucile pose fine alla contesa. Pose fine? Se però a distanza di oltre centotrenta anni c’è ancora chi tiene accesa la fiammella sul Monte del David, il monte Labro, chi parla e scrive del Profeta, del Santo, del Martire, del Pazzo, il Paranoide, l’Eretico, il Visionario, il Messia dell’Amiata qualche dubbio viene.
Seppelliti i morti, incarcerati i ribelli secondo i dettami della legge dura ed inflessibile, imparziale come lo sanno essere le leggi dello Stato, allora come ora, nei confronti dei più sprovveduti, i più deboli, i senzadio, solo l’illuminata interpretazione dei fatti da parte della Corte di Assise di Siena a fine 1879 avrebbe finalmente mandato assolti i più stretti confratelli del David. Con buona pace dei due deceduti nel carcere di Grosseto.
L’Eremo di Monte Labro, eletto dal David come sede della Santa Legione e Fratellanza Cristiana, nel secondo Dopoguerra sarà individuato come luogo di esercitazioni militari: ciò che non aveva potuto l’originario abbandono e l’incuria del tempo, avrebbero portato a termine le cannonate a salve del nuovo Esercito italiano.
Eppure, anche David aveva partecipato, a suo modo, all’Unità di questa Italia, arruolandosi nel 1860 volontario nella Regia Cavalleria piemontese combattendo (e restando ferito) alla battaglia di Castel Fidardo.
Il Cristo di David è il Cristo della Repubblica di Dio, dei più poveri, i più deboli la cui Legge è il diritto per tutti. In nome di queste utopiche “visioni” costituì in tutto il versante ovest amiatino, fino alla foce dell’Ombrone ed oltre, una delle prime società di Mutuo Soccorso associando decine di famiglie che spontaneamente misero in comune i propri beni ed i propri averi, terreni e quanto altro nello spirito di condividere fra tutti, nel bene e nel male, tutto quanto avevano a disposizione in virtù di una avveniristica visione di tipo keyneisiano che sarebbe applicabile anche ai tempi odierni, contro le miopi “visioni” dei nostri più illustri economisti attuali.
L’utopia di David è stata solo quella di credere che “in nome di Cristo Duce e Re” si poteva realizzare una Società più equa, più giusta? La Società delle Famiglie Cristiane quasi, finalmente, la “Città ideale”?
Se il rapporto con l’ufficialità della Chiesa di Roma fu fin dall’inizio alternante, burrascoso, sopportato e non osteggiato, alla fine, allarmata dalla dimensione del movimento che in breve aveva (e forse avrebbe) assunto, più che per l’ odore di “eresia”, fu scaricato “more solito” nel modo più diretto. Viene in mente lo scandalo dello Ior, Marcinkus, l’amaro caffè di Sindona ed il suicidio di Calvi sotto i ponti di Londra. Comunque, l’intervento del “giovane” Stato italiano, per tornare a David, rappresentò il vero braccio armato del Papa (non più) Re.
Anche se le autorità governative, dietro sollecite richieste di intervento di mettere in campo la forza pubblica contro David ed i suoi seguaci, si limitarono in un primo tempo a tenere sotto controllo il movimento, ritenendo la questione di esclusiva competenza della Chiesa e che non minacciasse in alcun modo l’ordine pubblico.
Ma di fronte all’atteggiamento deciso di David di scendere dalla Torre del Labro ad Arcidosso, alla testa di una pacifica processione di seguaci, cambiò atteggiamento. La processione di uomini e donne, famiglie intere con figli grandi e piccoli, “armati” solo dall’entusiasmo di seguire il loro “duce” e “messia” vestendo i variopinti costumi espressamente disegnati e confezionati per l’occasione, costituì un pericolo, una minaccia ed un attentato allo Stato. Il Delegato locale di pubblica sicurezza non esitò a schierare i propri agenti, comandare l’Alt e quindi ad aprire il fuoco contro i “sovversivi”.
Stranamente, David non fu colpito dal fuoco ufficiale, ma per mano di un bersagliere che si trovava, per caso, aggregato alle locali forze dell’ordine. Colpito in fronte David morirà in serata senza aver ripreso conoscenza. Nel trambusto che seguì la sparatoria restarono uccisi anche tre poveri seguaci e si contarono diversi feriti. I suoi più stretti collaboratori furono portati in carcere a Grosseto, uno, un fratello, vi morì. Gli altri furono sottoposti a processo e successivamente, come detto, tutti assolti dalla Corte di Assise di Siena.
Del bersagliere che si trovò per “caso” ad eseguire la fucilazione di David non si seppe più niente se non, per voci di non provata attendibilità, che sia stato trovato, poco dopo, morto per accoltellamento per mano di ignoti.
Ma al di là dell’analisi sul credo di ordine religioso praticato, in nome del quale si sono sacrificate delle vite umane, sull’ “utopia” del David di una società più giusta, di una società protesa a guardare ai più poveri, ai diseredati, ai “senza Dio”, agli ultimi, ad una più equa spartizione della ricchezza, si può ancora fare riferimento ai tempi che stiamo percorrendo? La domanda aspetta solo che ognuno di noi dia una risposta.
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