Uscito per la prima volta nell’agosto del 1949, nella prestigiosa collana “La Medusa” di Mondadori, è stato ripubblicato nel 2021 con una Introduzione di Melania G. Mazzucco, segno dell’efficacia del dibattito femminista contemporaneo sulla necessità di prendere in considerazione il punto di vista femminile, in particolare sulla storia e sulla cultura italiana. L’inizio ricorda molto Menzogna e sortilegio, il romanzo di Elsa Morante uscito pochi mesi prima. Ma la vocazione un po’ magica viene abbandonata presto per una scrittura realistica, più tipo diario, romanzo psicologico, riflessione sulla scrittura o memoir come dichiarò la scrittrice di origini cubane, nonché partigiana, proprio come la protagonista Alessandra. Sicuramente si tratta di un coraggioso esperimento di contaminazione di generi, molto dirompente per l’epoca. La giovane Alessandra prende coscienza del “sordido destino” delle donne e per un istante si immagina avvocato “Sentivo che era mio compito far qualcosa per le donne, dovevo farlo a costo di annullarmi”. Infatti De Céspedes descrive il romanzo come “la storia di un amore e di un delitto”. Il libro è un memoriale di autodifesa e l’arringa di una penalista che chiede le attenuanti per la sua cliente. L’opera rielabora alcune esperienze autobiografiche durante l’occupazione, per collegarla a una storia che esplora i lati oscuri della psicologia femminile in un’Italia che sta uscendo dal ventennio fascista. Nel frattempo, proprio negli anni della scrittura del romanzo (1945-49) il dibattito pubblico si infuocava sul tema del diritto di voto alle donne, con grande attenzione al ruolo da loro occupato nella lotta antifascista, non solo come staffette.
“Sapevo ormai che un uomo può tremare e una donna restare impavida durante un bombardamento di artiglieria… Mi esasperava dunque con il ritorno alla normalità ritrovarmi nella condizione di subalterna che la società mi attribuiva in quanto donna”, scrive l’autrice nella prefazione. Ma il romanzo descrive passo passo anche il precipitare in un gorgo prima di Eleonora, madre mitizzata e poi di Alessandra stessa: la figura del doppio è una delle chiavi di interpretazione, a partire dalla morte del fratello Alessandro, che lei sente dentro di sé come un alter ego, a cui attribuisce caratteristiche di forza e audacia. A Natalia Ginzburg - che scriveva che le donne hanno la cattiva abitudine di cascare ogni tanto in un pozzo, di lasciarsi prendere da una tremenda malinconia e affogarci dentro, e annaspare per tornare a galla: “questo è il vero guaio delle donne” - De Céspedes sulla rivista Mercurio da lei fondata rispose: “Anche io, come te e come tutte le donne, ho grande e antica pratica di pozzi: mi accade spesso di cadervi, Ma – al contrario di te – io credo che questi pozzi siano la nostra forza. Poiché ogni volta che cadiamo nel pozzo noi scendiamo alle più profonde radici del nostro essere umano, e nel riaffiorare portiamo in noi esperienze tali che ci permettono di comprendere tutto quello che gli uomini – i quali non cadono mai nel pozzo – non comprenderanno mai. Sicché a volte io penso con affettuosa compassione che essi non abbiano pozzi in cui cadere e quindi non possano mai venire a contatto con tutti quei sentimenti che migliorano l’animo umano e che pesano anche sulla vita dell’uomo più conforme al modello virile”.
Partendo da questo presupposto il romanzo è proprio il precipitare di Alessandra in un pozzo profondissimo: qualcosa che proviene da una secolare tradizione di soggezione e schiavitù e che la protagonista cercherà di superare, arrancando nel tentativo di risalire da quel pozzo, per usare le parole di Ginzburg. Questo destino aveva segnato la madre, sopraffatta dal dolore per la morte mai superata del figlio Alessandro e per un amore impossibile, che si farà inghiottire dallo stesso fiume che aveva portato via suo figlio; di fronte alla tragedia Alessandra adolescente è costretta a lasciare Roma per andare in Abruzzo. Qui abiterà dalla nonna, in un ambiente molto chiuso e severo, ma accogliente dal punto di vista affettivo, e aperto ai ritmi della stagioni, anche se lei soffre terribilmente per il senso di soffocamento della cultura patriarcale contadina. E qui Alessandra incontrerà Francesco, l´uomo “fatale” che sposerà e amerà incondizionatamente. Durante la guerra, che soffriranno e vivranno in maniera diversa, scoprirà quasi subito quanto sia deludente e frustrante la vita all'interno anche dei matrimoni felici.
Per tutta la sua vita de Céspedes ha raccontato le donne. Le spiava negli appartamenti, le vedeva muoversi infinite su e giù per le scale, mentre trasportavano la spesa e lucidavano le ringhiere con il livore per la vita di abbrutimento e di noia. “Nel cortile le donne vivevano a loro agio, con la dimestichezza di coloro che abitano un collegio o un reclusorio. Ma tale confidenza, piuttosto che dal tetto comune, nasceva dal fatto di conoscere reciprocamente la faticosa vita che conducevano: attraverso le difficoltà, le rinunce, le abitudini, un’affettuosa indulgenza le legava, a loro stessa insaputa. Lontane dagli sguardi maschili, si mostravano veramente quali erano, senza la necessità di portare avanti una gravosa commedia”. Tante figure femminili, l’amica Lydia, la serva Sista, la nonna, le zie, le partigiane, ma è la madre Eleonora, suicida per amore, la figura centrale. In particolare, la protagonista eredita da lei “la stessa pericolosa sensibilità” che si evidenzia nell’attitudine allo studio dell’arte e della letteratura, e nell’idealizzazione di un amore di tipo romantico, mitizzato e dunque irrealizzabile. Proprio questi elementi avvicinano le due donne al personaggio di Emma Bovary, ma con le dovute prese di coscienza. "Conoscere una persona intimamente vuol dire spogliarla del mito che ognuno ama inventare di se stesso; possedere il segreto dei suoi difetti, delle sue debolezze, della sua miseria, insomma".
Date queste premesse il romanzo di De Cespedes è interessante, di valore, ma decisamente pesante e probabilmente "superato"? Se all'epoca era una tematica dirompente oggi appare datata e se non c’è un’accettazione passiva del proprio destino da parte della protagonista non si evidenzia nemmeno un vero e proprio cambiamento nel senso più ampio di crescita. La protagonista può talvolta irritare le lettrici di oggi, per le sue posizioni eccessive. Comunque risultano molto più attuali alcuni romanzi di Natalia Ginzburg, come “La strada che va in città”, ambientato in Abruzzo o “E’ stato così”, anche questo su un omicidio, per non parlare di “Una donna" di Sibilla Aleramo. C’è però sicuramente da osservare con attenzione uno spaccato del periodo fascista e bellico molto approfondito e particolare perché "visto dalla parte di lei", infatti i dissidenti sono chiamati “coloro che non sono contenti”, Mussolini è la voce arrogante e il Fascismo non viene mai nominato. Un romanzo molto complesso, che ha fatto però il suo tempo, nella lingua, nella visione di genere. Nonostante la povertà che la protagonista e la madre vivono e lamentano, hanno comunque una prospettiva diversa rispetto a chi non può accedere alla cultura. Sono affascinate e assorbite dalla letteratura, dall’arte e dalla musica e questo le distingue dalle altre donne, comprese le amiche del pianerottolo. Il punto di vista di Alessandra è particolare per osservare la condizione delle donne che vivono nel suo palazzo, ma anche delle parenti abruzzesi. Per la possibilità che hanno di analizzare, osservare e valutare. Alessandra ribalta le aspettative e al contrario di sua madre, che si suicida, lei uccide, forse perché per evadere da quella condizione opprimente, lei ha fatto un lungo percorso su di sé e ha osservato le donne. Qui sta la forza del romanzo.
Talvolta la protagonista appare odiosa, troppo concentrata su se stessa, nevrotica, quasi compiaciuta delle sue difficoltà, senza riuscire a vedere un futuro, senza accettare mediazioni di nessun tipo. Senza lasciare che nemmeno Tomaso innamorato di lei possa in qualche modo scalfire la sua corazza di autodeterminazione. Ma forse la società che era scaturita dal Fascismo e dalla della guerra aveva bisogno proprio di un sano e giusto egoismo delle donne? Non è questa l’unica strada percorribile perché vengano riconosciuti i diritti delle donne? Rivendicare il proprio posto, esprimere le proprie esigenze? In questo caso uccidendo l’uomo che le ha calpestate. Un omicidio vero ma anche metafora di una condizione nuova che avrebbe portato a grandi cambiamenti per l’universo femminile. Voto alle donne, divorzio, nuova legge di famiglia, aborto… Un percorso ancora da compiersi, iniziato anche con queste pioniere della storia delle letteratura, di cui De Cespedes occupa un posto importante.
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