Coetzee e il suo “Gesù” che gioca a pallone, canta, balla e fa molte domande

Luigi Oliveto

30/07/2020

È in libreria “La morte di Gesù” (Einaudi, traduzione di Maria Baiocchi), ultimo romanzo di una trilogia che John Maxwell Coetzee ha dedicato, in maniera del tutto originale, alla figura di Gesù. Così originale e spiazzante che questo Gesù, che si chiama David, morirà ancora bambino. David è figlio acquisito di Simòn e Inés, ma, a un certo punto, lasciando nello sconforto i genitori, decide di trasferirsi da Julio Fabricante, direttore di un vicino orfanotrofio che lo invita a formare una squadra di calcio insieme ad altri ragazzi. Perché David è bravissimo nei dribbling, così come sa muoversi divinamente nel ballo ed eccellere nel canto. È un ragazzino di notevole vivacità intellettiva, anche se, finché aveva frequentato la scuola pubblica, gli insegnanti lo avevano definito “ostinato” e “intrattabile”, forse un soggetto con disturbi dell’apprendimento. Ma il padre “è certo che un bambino con una tale intelligenza innata possa fare a meno della scuola regolare. È un bambino eccezionale, dice a Inés. Chi può dire in quale direzione lo porteranno le sue doti? Inés, nei momenti di maggiore magnanimità, è disposta a dargli ragione.” Certo. È comprensibile come gli insegnanti fossero piuttosto contrariati. David si rifiutava di fare le addizioni e, cosa ancora più deplorevole, di leggere, perché lui aveva imparato a leggere da solo sulle pagine di un’edizione per bambini del Don Chisciotte e non intendeva leggere altri libri diversi da quello. Lo sapeva a memoria e lo riteneva non una storia di fantasia, ma una storia vera. David è inoltre un bambino che pone molte domande, ed è ciò che intende fare l’autore attraverso un gioco di continue allusioni. Domande di senso: sulla vita, sulla società, sui conformismi culturali ed etici, sull’importanza del conoscere e, giustappunto, dell’interrogarsi. Ecco, interrogatevi, chiede Coetzee attraverso il suo bizzarro e tenero “Gesù”. Il finale non lascia dubbi. David si ammala di una misteriosa malattia e muore. Quando a Simòn viene restituita la copia del Don Chisciotte che David aveva letto e riletto fino all’ultimo, vi trova dentro un biglietto della biblioteca su cui è scritto: “Cari bambini, qui alla biblioteca ci piace sapere se avete amato leggere i nostri libri e che cosa vi hanno lasciato. Qual è il messaggio di questo libro? Che cosa vi rimarrà più impresso? Scrivete la vostra risposta qui sotto. Non vediamo l’ora di leggerla. Il vostro amico, il bibliotecario.” Fuori metafora: è il biglietto che Coetzee ha messo per noi nel suo libro. Una qualche risposta gli è dovuta.
 
***
 
Sotto la loro ala David è fiorito. È forte e sano. Anni prima, quando erano a Novilla, si erano scontrati con la scuola pubblica. Gli insegnanti di David lo trovavano obstinado, intrattabile. E da allora lo hanno ritirato dalle scuole pubbliche.
Lui, Simón, è certo che un bambino con una tale intelligenza innata possa fare a meno della scuola regolare. È un bambino eccezionale, dice a Inés. Chi può dire in quale direzione lo porteranno le sue doti? Inés, nei momenti di maggiore magnanimità, è disposta a dargli ragione.
All’Accademia di musica di Estrella David segue le lezioni di canto e di danza. Le lezioni di canto sono sotto la supervisione del direttore dell’Accademia, Juan Sebastián Arroyo. Quanto alla danza, non c’è nessuno all’Accademia che gli possa insegnare qualcosa. Nei giorni in cui decide di andarci, balla come gli pare; gli altri allievi lo seguono oppure, se non ci riescono, guardano.
Anche lui, Simón, danza, sebbene si sia convertito alla cosa di recente e non sia portato. Balla in privato, di sera, da solo. Dopo essersi messo il pigiama mette un disco sul grammofono a basso volume e balla da solo con gli occhi chiusi, fino a che non gli si svuota la mente. Poi spegne la musica e va a letto e dorme il sonno dei giusti.
La musica, la maggior parte delle sere, è una suite di danze per flauto e violino composta da Arroyo per ricordare la morte della seconda moglie, Ana Magdalena. Le danze non hanno titolo; il disco, inciso nel retrobottega di un negozio in città, non ha etichetta e la musica è lenta, maestosa e triste.
David non si degna di seguire i normali corsi, e in particolare di fare gli esercizi di matematica come un normale bambino di dieci anni, per via di un pregiudizio contro l’aritmetica, incoraggiato in lui dalla defunta señora Arroyo, che aveva messo in testa agli allievi che le erano passati per le mani che i numeri interi sono divinità, entità celesti esistenti da prima del mondo fisico e che continueranno a esistere anche dopo che il mondo sarà finito, motivo per cui meritano reverenza. Mescolare i numeri tra loro (adición, sustracción), o farli a pezzi (fracciones), oppure applicarli alla misurazione di quantità di mattoni o di farina (la medida), costituisce un affronto alla loro divinità.
Per il suo decimo compleanno lui e Inés hanno regalato a David un orologio, che David rifiuta di portare perché (dice) fissa i numeri in ordine circolare. Le nove possono venire prima delle dieci ma nove non viene né prima né dopo dieci.
Alla devozione della señora Arroyo per i numeri, espressa nelle danze che insegnava ai suoi allievi, David ha aggiunto una piega idiosincratica tutta sua: l’identificazione di certi numeri con certe stelle nel cielo.
Lui, Simón, non capisce la filosofia dei numeri (che, personalmente, non considera una filosofia ma un culto) predicata dall’Accademia: apertamente dalla defunta señora, piú discretamente dal vedovo Arroyo e dai suoi amici musicisti. Lui non la capisce, ma la tollera, non solo per riguardo a David ma anche perché, quando è dell’umore giusto, e la sera balla da solo, qualche volta ha una visione, momentanea, fugace, dei discorsi della señora Arroyo a proposito di sfere d’argento, troppe per poterle contare, che ruotano una attorno all’altra producendo un ronzio ultraterreno nello spazio infinito.
Lui danza, ha delle visioni, e tuttavia non pensa a se stesso come un proselito del culto dei numeri. Per le sue visioni ha una spiegazione razionale che in linea di massima lo soddisfa: la nenia ritmica della danza, la cantilena ipnotica del flauto, inducono uno stato di trance in cui i frammenti vengono risucchiati dal sonno della memoria e agitati davanti all’occhio interiore.
David non sa o non vuole fare le addizioni. E cosa ancora più preoccupante, non vuole leggere. In effetti, avendo imparato da solo a leggere dal Don Chisciotte, non sembra interessato a leggere altri libri. Sa a memoria il Don Chisciotte in una versione ridotta per bambini; non la tratta come una storia di fantasia ma come una storia vera. Da qualche parte in questo mondo, o se non in questo nel prossimo, Don Chisciotte si aggira, a cavallo del suo destriero Ronzinante, con Sancio che gli trotta dietro sull’asino.
Hanno anche litigato sul Don Chisciotte, lui e il bambino. Se tu solo accettassi di aprire altri libri, gli dice, scopriresti che il mondo è popolato da una moltitudine di altri eroi, e anche di eroine, evocate dalla fertile mente degli autori. E anzi con le tue doti potresti creare i tuoi eroi e spedirli nel mondo a vivere le loro avventure.
David lo ascolta a malapena. – Non voglio leggere altri libri, – dice sprezzante. – So già leggere.
– Tu non hai capito bene cosa significa leggere. Leggere non significa trasformare in suoni dei segni stampati. Leggere è qualcosa di piú profondo. Leggere davvero significa ascoltare quello che il libro ha da dirti e rifletterci – forse anche conversare mentalmente con l’autore. Vuol dire conoscere il mondo – il mondo come è davvero, non come vorresti che fosse.
– Perché? – dice David.
– Perché? Perché sei giovane e ignorante. E uscirai dalla tua ignoranza solo aprendoti al mondo. E la maniera migliore per aprirti al mondo è leggere che cosa hanno da dire gli altri, le persone meno ignoranti di te.
– Io lo conosco, il mondo.
– No, non lo conosci. Non sai niente del mondo al di là del tuo ristretto campo di esperienza. Danzare e dare calci a un pallone sono di per sé ottime attività ma non servono per conoscere il mondo.
– Ho letto Don Chisciotte.
Don Chisciotte, te lo ripeto, non è il mondo. Al contrario! Don Chisciotte è la storia inventata di un vecchio illuso. È un libro divertente, ti risucchia nella sua fantasia, ma la fantasia non è la realtà. E in effetti il messaggio del libro mette in guardia i lettori come te perché non si facciano trascinare in un mondo irreale, un mondo di fantasia, come quello in cui è risucchiato Don Chisciotte. Te lo ricordi come finisce? Con Don Chisciotte che torna in sé e dice alla nipote di bruciare i suoi libri perché nessuno in futuro sia tentato di seguire la sua folle strada?
– Ma lei non li brucia i suoi libri.
– Invece sí! Forse il libro non lo dice, ma li brucia! Lei è ben felice di liberarsene.
– Ma non brucia Don Chisciotte.
– Lei non può bruciare Don Chisciotte perché ci sta dentro. Non puoi bruciare un libro se ci stai dentro, se sei un suo personaggio.
– Puoi, puoi. Ma lei non lo fa. Perché se l’avesse fatto io non avrei Don Chisciotte. Sarebbe cenere.
Da quelle discussioni col ragazzino lui emerge frustrato ma anche vagamente fiero: frustrato perché non riesce ad averla vinta in una discussione con un ragazzino di dieci anni; fiero perché il ragazzino di dieci anni è cosí abile da metterlo a tacere. Questo bambino sarà pure pigro, sarà arrogante, si dice, ma se non altro non è stupido.
 
[da La morte di Gesù di John Maxwell Coetzee, trad. di Maria Baiocchi, Einaudi, 2020]
 
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Luigi Oliveto

Luigi Oliveto

Giornalista, scrittore, saggista. Inizia giovanissimo l’attività pubblicistica su giornali e riviste scrivendo di letteratura, musica, tradizioni popolari. Filoni di interesse su cui, nel corso degli anni, pubblica numerosi libri tra cui: La grazia del dubbio (1990), La festa difficile (2001), Siena d’autore. Guida letteraria della città e delle sue terre (2004), Giosuè Carducci. Una vita da poeta (2011), Giovanni Pascoli. Il poeta delle cose (2012), Il giornale della domenica. Scritti brevi su libri, vita, passioni e altre inezie (2013), Il racconto del vivere. Luoghi, cose e persone nella Toscana di Carlo Cassola (2017). Cura la ristampa del libro di Luigi Sbaragli Claudio Tolomei. Umanista senese del Cinquecento (2016) ed è co-curatore dei volumi dedicati a Mario Luzi: Mi guarda Siena (2002) Toscana Mater (2004),...

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