Ciao Vita. Quando muore un amico e ci si chiede il senso dell’essere al mondo

Luigi Oliveto

22/04/2021

All’epoca erano ragazzi. Mordevano la vita con gusto e spregiudicatezza. Tanto forte era la loro amicizia da stipulare un patto: il giorno in cui uno di loro due si fosse trovato a morire avrebbe avuto l’altro vicino a confortarlo. Cose che si dicono da giovani. Poi la vita separa, traccia strade diverse, ciascuno viene fagocitato dal proprio presente. Così accade anche ai protagonisti del romanzo “Ciao Vita” di Giampiero Rigosi (La nave di Teseo). Sergio, regista di successo, è da poco rientrato a Roma dalle Eolie, dove si era recato per un sopralluogo nei posti in cui ambientare il nuovo film. È a tavola con la sua compagna, Francesca, quando squilla il telefono: viene informato che il vecchio amico Vitaliano (sono tanti anni che non si vedono) è affetto da una rara malattia degenerativa, è prossimo a morire e vorrebbe che Sergio andasse quanto prima a trovarlo. La reazione immediata di Sergio è più di fastidio che di dolore. L’egoismo sembra dargli subito argomenti per scansare la richiesta dell’amico (il lavoro, il viaggio, le tante cose da fare). Ha quasi una reazione di disappunto nei confronti di Francesca che lo invita ad andare: “Bologna non è lontana” dice Francesca. “Con l’Alta Velocità, poi.” Sergio andrà dall’amico, manterrà dunque quella promessa che si erano fatti da giovani. In nome di un’amicizia nata negli anni Settanta a Bologna, sui banchi delle scuole medie, e proseguita per un intenso decennio. Sempre insieme a condividere viaggi, serate, la passione per cinema, musica, letteratura, il dramma della strage alla stazione, e persino l’amore per la stessa ragazza. Due temperamenti diversi ma inseparabili: Sergio, tranquillo, molto dedito allo studio; Vitaliano, esibizionista, azzardoso fino a farsi male. Poi in un momento di forte disaccordo si erano separati. Ora, a distanza di anni e in un frangente drammatico, tutto acquista luce diversa. Dinanzi alla fine di un’esistenza ti interroghi sul senso della vita e su come ogni cosa appaia relativa (inutile?). Verso la fine del romanzo leggiamo: “Cos'è l'uomo? Un meccanismo che funziona e prima o poi si guasta, si corrompe, smette di esistere, almeno come consapevolezza di sé. Un congegno che per caso o per errore ha raggiunto un livello di autocoscienza così elaborato da indurlo a chiedersi il senso del suo essere al mondo. Un organismo tormentato da domande sul significato della propria vita, sull'esistenza o meno di un'anima che sopravviva alla morte fisica, sulla presenza di un dio, creatore e giudicante, o semplice osservatore, o perfino disinteressato alla sorte umana, ma pur sempre un essere a un livello spirituale più alto e quindi inafferrabile.” Il corposo libro di Rigosi (500 pagine) è molto di più di un (bellissimo) racconto sull’amicizia, sul rispetto delle promesse fatte. E’ una insistita riflessione su dove valga la pena investire vita, tempo, affetti. Se l’aggettivo non risultasse troppo grossolano, verrebbe da dire: un libro utile.
 
***
 
Sergio sta masticando un boccone quando squilla il telefono.
“Vado io” dice Francesca alzandosi.
Lui inghiotte, beve un sorso di bianco. La sente chiedere chi è, restare un attimo in silenzio, poi dire: “Sì, un attimo.”
Francesca si avvicina, gli porge il cordless tenendo il palmo sul microfono.
“Cercano te. Anna qualcosa, non ho capito bene.”
Sergio fa una smorfia come per dire e chi diavolo è.
“Sì, pronto.”
“Ciao Sergio, sono Anna” la donna fa una pausa, nella quale Sergio cerca di ricondurre questa voce a qualcuno di conosciuto. “Anna Mongiorgi, ti ricordi? La sorella di Vitaliano.”
“Anna! Come stai?”
Sergio si alza, si allontana di qualche passo dalla tavola.
“Eh, insomma” gli risponde. “E tu?”
“Bene, bene…” dice lui, lasciando sospesi nell’aria quei due bene: un invito a rivelare il motivo di quella telefonata e anche un vago timore, che si materializza con una stretta allo stomaco.
“Senti, Sergio, purtroppo devo darti una brutta notizia. Vitaliano sta male.”
“Male?” Sergio guarda Francesca, che è tornata a sedersi e lo sta osservando.
Probabilmente tenta di interpretare le sue pause, la sua espressione che deve apparire smarrita, forse perfino spaventata. Le fa segno di continuare a mangiare e intanto chiede: “E’ grave?”
“I medici non sanno quanto tempo gli resta, ma non molto. E’ stato lui a chiedermi di fare questa telefonata. Gli farebbe piacere vederti.”
“Ma certo. Hai fatto benissimo.”
Anna sembra sollevata anche se nella sua voce resiste una sfumatura di dubbio. “Davvero? Non ero sicura che. Sai, dopo tutto questo tempo.”
“No, che c’entra. E’ lì con te? Passamelo, che lo saluto.”
Sergio non è sicuro di avere voglia di parlare con Vitaliano ma in questo momento la cosa che desidera di più è interrompere la conversazione.
Lei impiega alcuni istanti a rispondergli. “Sarebbe meglio se tu venissi a trovarlo uno di questi giorni. Adesso sta da me, nella casa dei nostri genitori. Te la ricordi, vero?”
Sente la propria voce ancora incongruamente sintonizzata su un generico buonumore, dire: “E come no? In via Paolo Martini.”
Stavi dormendo. Però non era il tuo letto: era la cuccetta di una nave. Qualcuno ti ha scrollato per avvisarti che imbarcate acqua e state affondando. Sei balzato in piedi ma non sai come comportarti. Cosa si fa in questi casi? Come si può saperlo? Quante volte può capitare, nel corso di una vita, di fare naufragio? Ti guardi attorno, allarmato se pure non del tutto sveglio, cercando una risposta, un’intuizione, o almeno qualcosa a cui aggrapparti.
Sergio fa qualche passo indeciso, si avvicina alla parete dove si trova la cucina, fissa lo sguardo sull’anta del frigorifero, coperta di piccoli magneti colorati. Il dolore tra il collo e la spalla ha ripreso a pulsare.
“E’ un periodo un po’ incasinato” dice disgustato dal tono impacciato e incespicante che ha sostituito quello troppo gioviale di prima. “Sai, il lavoro…”
Anna resta in silenzio.
A lui non resta che aggiungere: “Comunque uno di questi giorni provo a fare un salto.”
“Allora ti aspettiamo. Buonanotte. E scusa se ti ho disturbato.”
“Ma figurati. Ciao Anna.”
Stacca il cordless dall’orecchio e lo fissa tentando di ricordare quale tasto deve premere per interrompere la comunicazione.
Torna a sedersi. Stende il tovagliolo sulle ginocchia. Solleva lo sguardo su Francesca, che lo sta osservando.
“Era la sorella di un mio vecchio amico. Vitaliano, ti ricordi? Devo avertene parlato qualche volta.”
“Quello con cui hai fatto il tuo primo film?”
“Sì, proprio lui. E’ ammalato.”
“Un tumore?”
“Non so. Sì, è probabile. Mi ha detto che è molto grave.”
“E’ da parecchio che non lo vedi, vero?”
“Un sacco di tempo”
“E’ in ospedale?”
“No. Sua sorella mi ha detto che sta da lei.”
“A Bologna?”
Sergio annuisce.
“Andrai a trovarlo?”
“Vorrei andarci, sì…” risponde, senza rendersi conto che, in realtà, non è affatto sicuro di volerlo fare.
Vitaliano sul suo Gilera, i capelli lunghi e i jeans a zampa d’elefante, che si toglie gli occhiali da sole e gli allunga una borraccia. Sulla pelle coperta di polvere rossa rimangono i segni chiari delle lenti delle lenti e delle stanghette. Dietro di lui, a perdita d’occhio le rocce e i cespugli del Désert des Agriates.
“Certo, fai bene. Eravate molto legati, no?”
Sergio la guarda. Il fatto che Francesca lo inviti ad andare lo irrita. Del resto cosa si aspettava? Che gli suggerisse di ignorare la grave malattia di un vecchio amico?
“In questo periodo avrò molto da fare” dice, come per giustificarsi.
“Bologna non è lontana” dice Francesca. “Con l’Alta Velocità, poi.”
“Sì, hai ragione. Però tra andata e ritorno si perde comunque una giornata.”
Sergio si gratta il mento, coperto dall’ombra grigiastra della barba rasata più di venti ore prima. Si vergogna di quei tentennamenti.
“Be’, vedrai quello che riesci a fare” Francesca, pragmatica come sempre, chiude il discorso.
 
[da Ciao Vita di Giampiero Rigosi, La nave di Teseo, 2021]
 
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Luigi Oliveto

Luigi Oliveto

Giornalista, scrittore, saggista. Inizia giovanissimo l’attività pubblicistica su giornali e riviste scrivendo di letteratura, musica, tradizioni popolari. Filoni di interesse su cui, nel corso degli anni, pubblica numerosi libri tra cui: La grazia del dubbio (1990), La festa difficile (2001), Siena d’autore. Guida letteraria della città e delle sue terre (2004), Giosuè Carducci. Una vita da poeta (2011), Giovanni Pascoli. Il poeta delle cose (2012), Il giornale della domenica. Scritti brevi su libri, vita, passioni e altre inezie (2013), Il racconto del vivere. Luoghi, cose e persone nella Toscana di Carlo Cassola (2017). Cura la ristampa del libro di Luigi Sbaragli Claudio Tolomei. Umanista senese del Cinquecento (2016) ed è co-curatore dei volumi dedicati a Mario Luzi: Mi guarda Siena (2002) Toscana Mater (2004),...

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