31/01/2013
“Quando morirò
non cercatemi in una tomba,
cercatemi negli alberi in germoglio,
nei fiori che si aprono,
nei tramonti,
nelle nuvole bianche.
Quando morirò
non cercatemi nei ricordi,
cercatemi nei gigli dei prati,
nei colori dell’alba,
nel sole rosso,
che accompagna il giorno,
che scalda le montagne.
Cercatemi nel vento,
nelle stelle del cielo,
nelle mie poesie,
nei boschi che odorano di muschio,
nella luce del giorno,
nel mare, nelle cose che ho amato”
E’ racchiuso in questi versi il testamento spirituale di Carla Lenti, insegnante, poetessa e fotografa appassionata. Ed è proprio con le sue poesie e fotografie che gli amici la vogliono ricordare a tre anni dalla scomparsa (1960-2010). Le stesse che nel 2011 hanno composto il volume “Campiglia d’Orcia. I giorni, le opere, la poesia” (primamedia editore), in aggiunta a tutte le lettere, gli album e gli appunti che stanno raccogliendo e ordinando per colmare il vuoto della sua assenza.
Dietro i versi di Carla non c’è letterarietà né artificio: è un canto che sgorga nativo, simile a quello di un uccello; e ricorda le melodie degli uccelli anche nel frequente ricorso all’anafora e alla tecnica del refrain. Lo stile è semplice, dimesso; a volte c’è un andamento diaristico e quasi di prosa poetica. In questi componimenti Carla dà espressione a una profonda inquietudine, a una ricerca religiosa che non conosce certezze. Le prime poesie che parlano di questa ricerca insoddisfatta, di queste domande senza risposta sono rivolte a un Tu con la maiuscola.
"Un giorno Ti incontrerò
nella via del ritorno,
tra deserti viali senza fine,
nelle strade di ciottoli e sassi.
Ti seguirò in silenzio
nella solitudine del tempo,
nella quiete della sera".
E in un’altra poesia :
"Ti ho aspettato nel silenzio
di una notte senza stelle,
nelle sere di nebbia,
nelle strade deserte.
Ti ho aspettato nella mia solitudine,
sotto la luce di una lampadina,
nelle pagine di un libro.
Ti ho incontrato, chi sa,
e non Ti ho riconosciuto".
Ma si hanno anche poesie rivolte a un tu senza maiuscola e molto più umano, poesie d’amore, che parlano a volte di un amore perduto, a volte di un amore che riporta il sole e la vita “nell’anima stanca” e dà un senso alla “ricerca vana”, altre volte ancora di un amore che ha la funzione di guidare a qualcosa di altro o di aiutare a superare momenti di smarrimento.
"Aspetta un po’ ancora.
Lo so è un po’ triste stasera.
Ma ti prego aspetta,
non lasciarmi sola,
ho troppa paura stasera.
La nebbia ci avvolge.
C’è odore di strada bagnata,
le luci offuscate di case lontane
mi danno tristezza, mi sento avvilita".
Molte delle poesie di Carla sono dedicate alla sua Campiglia d’Orcia. E in “Sei tu, Campiglia”, in particolare, è contenuto un vero e proprio messaggio d’amore nei confronti del paese dove è nata e cresciuta e in cui il suo ricordo è sempre vivo.
"Sei tu, Campiglia, che ho
visto aprendo gli occhi,
tu che mi hai offerto le prime
luci, i primi colori, i primi suoni
la prima immagine del mondo.
…
Ti amo
vorrei morire guardandoti
come Francesco morì
guardando Assisi.
Ti porterò con me nell’Aldilà
Tra i prato senza fine
Tra i paesi che non hanno contorno".
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