C’è un rivale in amore? Cerchiamolo dentro di noi

Luigi Oliveto

13/05/2021

Una bella storia quella raccontata da Claudio Piersanti nel romanzo “Quel maledetto Vronskij” (Rizzoli). Una storia d’amore. Protagonisti Giovanni e Giulia, coppia di sposi semplicemente contenti di essere coppia, “fatti per passare il tempo insieme, perché soltanto così si sentivano completi. Amavano le stesse canzoni, gli stessi film, gli stessi colori, gli stessi profumi. Da ragazzi quasi si vergognavano di mostrarsi così uniti. Si sentivano antiquati e statici perché tutti gli altri si separavano di continuo mentre loro restavano sempre insieme.” I due conducono una ritirata vita piccolo-borghese, tutta compresa nelle piccole cose della quotidianità: l’accurata colazione del mattino, il bacetto di saluto quando Giovanni esce e rientra dal lavoro (faceva con grande dedizione il lavoro di tipografo), la cura delle rose in giardino, lo scambio di tenerezze, il sesso anch’esso commisurato a quei ritmi posati. L’amorevole routine viene però interrotta dalla malattia di Giulia e – cosa ancora più deflagrante – sconvolta quando lei, dopo poco che era tornata dall’ospedale, un giorno sparisce facendo precipitare Giovanni nello sconforto. Sospetta che Giulia lo abbia lasciato per un altro uomo (lui, peraltro, si era sentito sempre inadeguato rispetto alla bellezza e all’intelligenza di lei). Angosciato, si aggira ora per casa cercando una qualche risposta. Fruga tra i libri di Giulia (appassionata lettrice) e tira giù dalla libreria il corposo volume di Anna Karenina. Prende a leggerlo convincendosi ancora di più che Giulia abbia trovato un uomo passionale come Vronskij, il personaggio del romanzo di Tolstoj. Allora, percorso dalla gelosia, prende una singolare iniziativa: da raffinato tipografo quale è, vuole realizzare una copia unica, fatta a mano, di Anna Karenina. Lavora ininterrottamente a quel libro di pregio misurandosi così con il suo rivale, il maledetto Vronskij; a differenza di lui, bello, sicuro, intraprendente. Succede così che Giovanni si proietta completamente nella storia raccontata da Tolstoj; si convince che in quelle pagine sia contenuta la ‘spiegazione’ di quanto gli è accaduto. Finché la frastornata immaginazione di Giovanni viene stemperata in un ritorno alla realtà. Dopo un anno Giulia torna a casa. A quel punto apparirà chiaro ciò che non si era visto o voluto vedere, i sentimenti acquisteranno diversa consapevolezza, la vita porrà dinanzi a nuove prove, l’amore chiederà impegnative conferme. A tratti commovente, il romanzo di Piersanti scava molto nei sentimenti, ma l’autore sa controllare benissimo la materia: la commozione è asciutta, non pretende lacrime.
 
***
 
Non si piaceva, non si era mai piaciuto, neanche da ragazzo, e forse per questo già allora cercava di vestirsi con cura, da uomo, non come i suoi coetanei che accanto a lui sembravano fratelli minori. Anche continuando a frequentare malvolentieri la scuola aveva cominciato a lavorare a quattordici anni, d’estate e nei pomeriggi liberi, e con i suoi primi risparmi si era comprato un vestito blu e una cravatta. Sua moglie ci teneva quanto lui e nei suoi cassetti non mancavano mai camicie ben stirate e gilet senza maniche di diversi colori, che essendo da anni il regalo fisso di Natale si potevano definire una collezione. Ma se non si apprezzava troppo fisicamente, anche per il corpo assurdo che aveva, lungo e magrissimo, non era meno severo con le sue caratteristiche psicologiche. E quelle neppure una cravatta sgargiante poteva nasconderle. La gentilezza lo avvolgeva come una camicia di forza. Magari di buon tessuto morbido ed elastico, poco appariscente. E dello stesso tessuto doveva essere il bavaglio invisibile che lo costringeva al suo detestato sorriso. Detestato solo da lui, in verità, da quando se lo vedeva rinfacciare dalle troppe fotografie della sua vita. Troppe per quel sorriso che nei decenni era cambiato pochissimo, assumendo forse una piega leggermente malinconica. Le prime rughe in fondo lo miglioravano, gli davano un’aria più misteriosa, e neppure veder spuntare qualche capello bianco sopra le orecchie gli dispiaceva. Aveva sempre giocato d’anticipo, con il tempo.
A vent’anni ne dimostrava trenta, ci teneva a sembrare un adulto e non voleva essere trattato come un ragazzo.
Le persone che erano con lui sul tram diretto verso il centro lo avrebbero definito un sobrio signore di mezz’età, magrissimo e alto com’era, e piuttosto elegante anche se i suoi abiti e le sue scarpe, di buona qualità, sembravano un po’ fuori moda. In effetti abiti scarpe e cravatte erano stati acquistati molti anni prima ma una delle sue caratteristiche era appunto questa: era un conservatore. Non in politica ma nell’economia domestica. Conservava tutte le sue reflex, le sue macchine per scrivere Olivetti, il suo primo Apple con hard disk esterno made in Los Angeles, l’enciclopedia storica regalata da suo padre per il matrimonio, e appunto tutti i suoi vestiti degli ultimi trent’anni. Quando sua moglie se ne lamentava riusciva a comprimere le sue collezioni in spazi sempre più ridotti. Non c’erano cassetti normali in casa sua, ma puzzle a geometrie variabili e neppure un centimetro cubo andava sprecato. Restava un angolo nel mobile sottoscala? Lui ci sistemava un portapenne rovesciato pieno di Bic rosse a punta fine. Ne aveva almeno un centinaio, nascoste in posti strategici che ricordava senza problemi. In meno di mezzo centimetro erano raccolti i suoi tipometri. Lì c’era la sua collezione di lastre in rame con le illustrazioni di un antico volume di botanica, lassù i suoi contafili, i più belli mai costruiti, con lenti perfette senza neppure un graffio, accanto alle piccole scatole in legno con punzoni ancora nuovi. Aveva anche vecchissimi caratteri cinesi in legno, prezioso regalo del suo ex capo che li aveva comprati in un mercatino per due soldi. Per non parlare delle sue collezioni di segni ortografici: frecce, grappe e parentesi, mani indicative, chimica, ecclesiastici, astronomia, matematica, caratteri fonetici, asterischi e stelle. Ogni collezione occupava un posto preciso. Come se vedesse attraverso il legno dei cassetti e delle ante degli armadi, poteva trovare tutto in un minuto. A volte sentiva la nostalgia di una delle sue prime regimental e ricordava sempre dove l’aveva riposta. In effetti aveva diverse manie, su questo concordava con sua moglie.
 
[da Quel maledetto Vronskij di Claudio Piersanti, Rizzoli, 2021]
 
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Luigi Oliveto

Luigi Oliveto

Giornalista, scrittore, saggista. Inizia giovanissimo l’attività pubblicistica su giornali e riviste scrivendo di letteratura, musica, tradizioni popolari. Filoni di interesse su cui, nel corso degli anni, pubblica numerosi libri tra cui: La grazia del dubbio (1990), La festa difficile (2001), Siena d’autore. Guida letteraria della città e delle sue terre (2004), Giosuè Carducci. Una vita da poeta (2011), Giovanni Pascoli. Il poeta delle cose (2012), Il giornale della domenica. Scritti brevi su libri, vita, passioni e altre inezie (2013), Il racconto del vivere. Luoghi, cose e persone nella Toscana di Carlo Cassola (2017). Cura la ristampa del libro di Luigi Sbaragli Claudio Tolomei. Umanista senese del Cinquecento (2016) ed è co-curatore dei volumi dedicati a Mario Luzi: Mi guarda Siena (2002) Toscana Mater (2004),...

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