Che lavoro fai? Voglio scrivere! No, aspetta un attimo: la domanda era “Che lavoro fai?” non “Che lavoro vorresti fare?”, perché in effetti qui il condizionale sarebbe d’obbligo. Ho conosciuto diversi giovani di belle speranze che, accecati dai complimenti delle zie per il temino di terza media, hanno pensato che scrivere fosse il loro futuro. Arrivati all’età di 22 anni, rimbalzando dalla facoltà di Fisica a quella di Giurisprudenza senza soluzione di continuità, hanno compreso in una notte tormentata - tipo quella dell’Innominato di manzoniana memoria - di dedicarsi alla scrittura, con buona pace di: 1. soldi spesi da mamma e papà per mantenerli; 2. pianti, lamenti e alti guai di mamma e papà che non capiscono cosa abbiano sbagliato nel metodo educativo per avere un/una figlio/a tanto… ehm… sognatore; 3. tempo della sottoscritta, contattata dai suddetti mamma e papà, per far ragionare il/la pargolo/a. Ora la prima domanda che pongo in questi casi è: quanti romanzi hai scritto? La seconda: conosci come funziona il mondo editoriale? Le risposte sono nell’ordine: 1. Ho cominciato a scrivere il mio primo romanzo, ma non ho le idee molto chiare su come andare avanti. Sono un po’ in crisi perché mi sono bloccato (che per me, significa: ho scritto le prime due righe e non so come continuare); 2. Ehm… no, non so come funziona il mondo editoriale. Ecco, allora cari amici miei aspiranti scrittori di professione, consiglio a tutti due cose: seguire la rubrica Scrivi con la prof nelle prossime uscite, in modo da risparmiarmi telefonate con genitori piangenti che chiedono un appuntamento con la sottoscritta per far ragionare il pargolo/la pargola; evitare di decidere aprioristicamente qualcosa senza prima essersi informati bene!