Lo dice Rainer Maria Rilke e lo ribadisce, a distanza di tempo, Roland Barthes: ci vuole pazienza, ragazzi, ci vuole pazienza! Per scrivere ci vuole pazienza. Verso chi? Prima di tutto verso noi stessi: non tutti i giorni sono ugualmente produttivi, non sempre si può scrivere subito e tutto quello che ci passa per la mente, anche se il desiderio c’è ed è quasi insopprimibile. C’è il giorno in cui siamo stanchi, quello in cui abbiamo troppi impegni, l’altro nel quale davvero non troviamo la concentrazione: in questi casi non si può che aspettare tempi migliori e mantenere la calma. Secondariamente, serve pazienza perché la storia prenda il volo: una buona idea a volte arriva all’improvviso, ma non altrettanto rapidamente diventa narrabile. In certi casi, mancano i particolari, in certi altri quel personaggio così convincente si dimostra meno coerente di quanto era apparso in prima battuta e quindi occorre tempo per capire quale sia davvero il suo ruolo. In terzo luogo, serve pazienza per scrivere la storia: un romanzo è fatto di capitoli, paragrafi, pagine, frasi, parole, lettere. Qualcuno obietterà che da ora in avanti l’Intelligenza Artificiale verrà in soccorso e i romanzi si scriveranno in un minuto. Sì, se non fosse che un romanzo è anche fatto di pensieri, emozioni, riflessioni e soprattutto stile. E per questi secondi elementi ho qualche dubbio che l’Intelligenza Artificiale possa assisterci. Inoltre per scrivere occorre razionalità, coerenza, logica: muovere più personaggi in una stessa storia crea molti problemi in termini di dinamiche di gruppo e di effetti di azione-reazione. Per narrare tutto questo in modo piacevole, serve pazienza. Infine, una volta che il romanzo sarà concluso, occorrerà pazienza per le revisioni, pazienza per trovare l’editore giusto, pazienza per ascoltare le critiche dei lettori, ecc. Per scrivere ci vuole pazienza, pazienza, pazienza…
 
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