Ebbene sì, a volte ritornano. #ioraccontobreve fa nove. Per molti singolari motivi che meritano tutti di essere raccontati. Le motivazioni riguardano un disguido informatico, un altro problema informatico più grave e un dinosauro. Insomma dai, microraccontiamolo:
Ricevette un bel racconto e lo selezionò per la settimana a venire. Lo mise nella cartella dei pubblicabili, già bello che pronto. Ma venne un virus informatico che scombinò le cartelle e un po’ anche il suo stato mentale, e il racconto finì tra le sue fatture. Il racconto non ci stava male, tra tutti quei numeri, ma era perplesso. Alla fiera informatica dell’est, per due soldi, comprò un nuovo pc. Ma venne la notte e arrivò un bastimento di mail arretrate, cariche di nuovi pezzi e racconti. Due, un racconto e un articolo, erano era assai belli e finirono nella cartella dei pubblicabili. L’articolo parlava di un dinosauro. Ma venne la fetida tempesta che il computer di nuovo stonò. Il raccontino questa volta finì tra i file temporanei e lì si stava proprio male, sospesi come in un limbo di insicurezza sul proprio destino. Ma venne l’angelo del pc che i due files spersi finalmente trovò. Quando ritornarono nella loro cartella, l’articolo sul dinosauro era ancora lì…
Il racconto finito tra le mie fatture è quello di
Simona Trevisi, anima di Toscanalibri.it e di tutte le sue attività. Se siete stati pubblicati lì, lei vi ha letto di sicuro e altrettanto di sicuro lo dovete a lei. Mi scuso con lei quindi, doppiamente. Giornalista, nata a Bergamo, è laureata in Scienze della Comunicazione. Dal 2005 collabora con la società Primamedia per conto della quale gestisce le attività e gli eventi curati da Toscanalibri.it. Qualcosina in più sulla sua biografia poi, mi sa che la potete immaginare leggendo il suo racconto…
Morfeo in smartworking
Finalmente era scivolato tra le braccia di Morfeo. Ci erano volute due ore di canti sussurrati, pacche sul sedere a ritmo di rumba, carezze amorevoli e storie raccontate a mezza voce. Riuscì a staccarsi dalla morsa del figlio dormiente e si mise in posizione supina. Con una mossa degna di un ninja tese le gambe fuori dal letto, poggiò i piedi a terra e lentamente si tirò su trattenendo il respiro, attenta a non compiere passi falsi. Con la testa era già in postazione davanti al computer, ma il suo ginocchio ebbe l’ardire di scricchiolare. Il rumore ruppe il silenzio in cui era immersa la stanza. Atterrita si girò verso il bambino che, subito desto, sbarrò gli occhi e cominciò a mugolare tendendo le braccia. L’impossibilità di praticare lo smartworking in solitaria era sempre più lampante.
Romeo Lucchi invece, non nuovo a questi lidi, è l’autore del racconto (quello svaporatomi davanti agli occhi durante un temporale qualche sera fa) e del pezzo che segue. Il racconto è di effetto e non c’è affatto bisogno di commentarlo; c’è forse solo bisogno di aggiungere una osservazione che mi viene spontanea, visto che lui è attore e si occupa di teatro e io in questo momento sto recensendo un libro su Sordi. Non so se lui sarà d’accordo, ma troverà certo il modo di dirmelo. C’è infatti una cosa che unisce un attore in gamba e uno scrittore altrettanto valente, ovvero il saper maneggiare i registri comici e tragici con la stessa efficacia. Leggete su questo sito i suoi
La tazza del vate o
Volare e poi questa storia e mi direte…
Due domande
Perché si muore? chiese il bambino al vecchio. Il vecchio spostò lo sguardo sulla tomba della moglie. Il bambino attese con gli occhi spalancati come se la risposta dovesse passare da lì. Il vecchio si piegò sulla tomba, prese il vasetto con i fiori appassiti e li gettò nel bidone vicino, andò alla fontana e mise l’acqua nel vaso dove sistemò un mazzetto di aster viola. Ripose il vaso sulla tomba e accarezzò la testa del piccolo. Perché si nasce se poi si deve morire? chiese il bambino. Il vecchio lo prese per mano e insieme si allontanarono senza risposte.
E veniamo all’articolo, sempre dello medesimo
Lucchi. La storia è nota ed è quella dell’autore guatemalteco Augusto Monterroso, autore del microracconto cosiddetto più breve della storia
Al suo risveglio, il dinosauro era ancora lì. (A. Monterroso). Ma non è questo il punto. Persino Umberto Eco, oltre a Calvino, ci si è confrontato. La traduzione italiana sopra è per l’appunto sua, di Eco.
Cuando despertò, el dinosaurio todavìa estaba allì. recita la storiella in lingua originale. E qui casca l’asino, anzi, il dinosauro. È proprio necessario fare dotte analisi di questo racconto ovvero stabilire se A) un tizio si sveglia improbabilmente accanto ad un dinosauro; B) un tizio sogna molto realisticamente un dinosauro; C) chi si sveglia è esso stesso un dinosauro? Romeo Lucchi ha ragione, proprio non lo è, non ci è assolutamente necessario per apprezzare e
giocare con il racconto nel modo tanto caro a Calvino: come dice in un film il saggio Samurai tentando di spiegare l’arte della spada a un occidentale
no mente, troppa mente. Apriamo solo le porte all’immaginazione e godiamoci i microracconti. Che poi in ogni caso, ci facciamo influenzare tanto, inconsciamente, da un buon racconto che spesso ogni nostro sofisticato sforzo di interpretazione oggettiva di un testo naufraga comicamente proprio sul nascere… il nostro pregiudizio sarà sempre più forte. Volete una prova? Fate caso a come è tradotto in inglese su
wikipedia il nostro racconto :
When he awoke, the dinosaur was still there. Secondo voi, piazzando lì quel
He che idea della storia aveva in mente il traduttore? A), B) o C)?
La potenza della micronarrazione
Al suo risveglio, il dinosauro era ancora lì. (A. Monterroso)
È potente la micronarrazione. Una sola frase apre la porta dell’immaginario. Lasciamo da parte le incongruenze storico scientifiche e proviamo a immaginare la scena insieme. Vediamo il cacciatore che diventa preda. Riesce a trovare rifugio in una caverna, passa una notte quasi insonne e finalmente dopo un breve riposo, al suo risveglio, vede il peggior incubo della sua breve vita fermo ad aspettarlo fuori dalla caverna. Ancora. Oppure potremmo dare un taglio più contemporaneo alla storia e immaginarci la mattina dopo una folle notte di eccessi (lascio alla fantasia del singolo stilare l’elenco delle sostanze psicotrope assunte nel corso della notte). Risveglio. Primo pensiero: mioddio sto ancora come i pazzi! Secondo pensiero: quest’acido non mi lascia più! Del racconto Il dinosauro Calvino diceva: “Io vorrei mettere insieme una collezione di racconti di una sola frase, di una sola riga. Ma finora non ho trovato nessuno che superi quello del guatemalteco Augusto Monterroso”.