In una imprecisata città, un trentenne senza nome, racconta alla sua Silvia una storia. La legge come se lo facesse alla musa di Recanati, che al giovane evoca emozioni forse lontane da quelle provate da Leopardi, ma che l’autore sembra volerci insistentemente portare alla mente. Il racconto prende poi una via autonoma, per ambientarsi in una periferia non identificata, in un tempo incerto. Non sono definiti neanche il nome dell’adolescente, che è la voce narrante del racconto, e il periodo storico in cui è ambientato. In compenso l’autore spesso ripresenta l’età, l’adolescenza, periodo dal quale il protagonista si rivelerà profondamente segnato e forse mai uscito. D’altronde il senso dell’incertezza, della volatilità, della mancanza di equilibrio, sembra caratterizzare anche il giovane trentenne che legge la storia, pervaso, dalla “confusa smania di una imprecisata diversità”.
Via Lurida - Il testo mira ad essere un poema in prosa, percorso da brevi poesie che fermano nella mente del lettore le immagini della vicenda narrata. A tratti ironico, in molti passi crudo, in altri quasi drammatico, il romanzo è teso a rappresentare il “disagio esistenziale nelle società moderne” come dichiara l’autore, Luigi Arista, passando per strade periferiche, molto note alla società moderna. Infatti Via Lurida “era l’ampio sterrato che correva avanti a una fila di nuove palazzette, le ultime della più fonda periferia” ma anche, come dice l’autore, “la zona franca tra due forme di vita inconciliabili, tra le loro urla e le nostre scorribande”. Eh sì, perché il testo è pregno di espressioni e digressioni carnali. Nella campagna, l’idillio giovanile è segnato da un forte impeto sessuale, animalesco, ma non sessista, forse appannaggio di una netta distinzione sociale. Se la prosa e la poesia sono pervase da istinti primordiali, in età più matura, il personaggio narrante non risulta libero, ma ancorato al passato, reiterando modelli già visti e vissuti.
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