Un secolo con Romano Bilenchi. Roberto Barzanti ricorda lo scrittore colligiano

il 16/11/2009 - Redazione

Nato nel 1909 a Colle Val d’Elsa, Romano Bilenchi è stato giornalista, scrittore e intellettuale di grande spessore, capace di interpretare le diverse generazioni che si sono susseguite, in quello che è stato definito, “il secolo breve”. Bilenchi ha vissuto direttamente i maggiori episodi della storia del Novecento, due guerre mondiali, il fascismo, la resistenza, il blocco sovietico e i movimenti culturali di studenti e operai. Alla grande cifra intellettuale di Bilenchi, l’amministrazione comunale di Colle Val d’Elsa, la Regione Toscana e la Fondazione MPS, hanno dedicato un convegno per la celebrazione del centenario della nascita. Nella due giorni di convegno, è stato dato ampio spazio alla produzione narrativa di Romano Bilenchi, la cui chiave compositiva è stata definita dal critico Luigi Baldacci, “la fiaba triste immersa in un quadro lontano di memoria e di mito critico”. Nel senese la produzione giornalistica e narrativa dell’autore colligiano, è tutt’oggi viva, grazie al lavoro dell’associazione “Amici di Romano Bilenchi”. Per conoscere meglio l’opera e la cifra intellettuale di Bilenchi abbiamo incontrato Roberto Barzanti, primo presidente dell’associazione che oggi dichiara: “ripensare Romano Bilenchi, a cent’anni dalla nascita, significa ripercorrere con lui il secolo che ha vissuto con inesauribile passione, affrontando di petto le svolte cruciali, le ardimentose speranze politiche e le ingannevoli ideologie totali che l’hanno attraversato e sconvolto”.

Bilenchi sembrerebbe non avere ancora trovato una sua certa definizione nel ‘900 letterario. E’ vero? Oppure la critica più recente e avveduta, ha sciolto ogni dubbio?
“È difficile dare una collocazione a Bilenchi, rispetto al canone del Novecento. In lui confluiscono vari elementi, tra gli altri, è molto forte l’impronta dell’incontro con Federigo Tozzi. Bilenchi risente di un secolo che ha rotto con gli schemi del realismo, mentre è forte il debito verso l’ermetismo. Si può definire la sua scrittura, un’appartata asciuttezza lirica, una prosa avara, pudica. Per quanto riguarda la critica, Bilenchi ha ottenuto contributi eccellenti. Esistono molte voci critiche che hanno fatto capire in profondità la sua opera. Possiamo dire che se da un lato, non è stato un autore prolifico, dall’altro, ha prodotto cose di una perfezione assoluta”.
In che misura e sotto quali aspetti possiamo dire che l’attività narrativa di Bilenchi abbia anche testimoniato una generazione, un complesso segmento di storia sociale e politica?
Bilenchi è un autore molto generazionale, nella sua scrittura sembra non esistere l’urto della storia. Quella di Bilenchi è una generazione che ha vissuto illusioni, ha subito dolore, delusioni, sofferenze e la sua partecipazione politica deriva proprio da questo impulso storico. La riflessione generazionale non è immediata in Bilechi ma, appunto, interposta alla riflessione. A Bilenchi in interessa lo svolgimento o l’intreccio, ma la trama psicologica della vicenda umana.
In sintesi, come potrebbero essere definiti lo stile di scrittura e la poetica di Bilenchi?
È uno stile che punta a scoprire nella vita e nell’esistenza delle persone, la loro condizione, in un’accezione che scavalca la cronaca. Bilenchi non può essere inserito né nel Verismo, né in altre categorie, la critica non ha il compito di classificare l’autore in un filone, ma nella sua individualità.

Elisa Manieri

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