“Il Contado senese, il cui paesaggio, allora come oggi, appare unico e inconfondibile per il tipico andamento collinare, per la colorazione grigiastra delle crete, per gli ordinati filari delle vigne…” Con queste parole Ettore Pellegrini, in uno dei suoi numerosi libri, descriveva Siena e il suo territorio per spiegarne le antiche rappresentazioni tra simbolismo e realismo. Pellegrini è infatti uno dei massimi esperti dell’iconografia storica della città e della provincia di Siena. Negli anni ’70 quando è nata la sua passione per l’iconografia, cioè per le stampe, i disegni e le pitture di carattere vedutistico, questo filone di studi era completamente perso nell’oblio. Si deve infatti a Ettore Pellegrini una ricostruzione precisa, puntale, approfondita, anche se mai esaustiva come le scienze che si rispettano, della storia cartografica, geografica e bibliografica di Siena e del suo contado medievale. Pellegrini oltre ad essere un appassionato studioso di cartografia antica, di cui possiede un’inestimabile collezione, è anche un colto ricercatore bibliografico e di storia dell’architettura medievale.
A chi si devono le prime rappresentazioni iconografiche di Siena?
“Siena rappresentava delle difficoltà oggettive essendo adagiata su tre colline, che la rendevano di difficile rappresentazione. Nel ‘500 nessuna città di collina è stata ripresa con tanta esattezza come è stato fatto per Siena. Questo è un primato che nessuno conosce, ma va attribuito a Francesco Vanni che nel 1595 ne rilevò una veduta destinata a rappresentare la città per tre secoli. Vanni non era solo un grande pittore, ma anche un topografo eccellente. Altro importante studioso dell’immagine è stato il Malavolti, promotore di una veduta stampata nel 1595”.
Come si rappresentava Siena prima della conoscenza dell’iconografia?
“Nelle pitture del ‘400 esistono rappresentazioni di Siena estremamente simbolizzate, dove si riconoscevano solo pochi dettagli architettonici. Ancora, con Francesco Di Giorgio Martini venivano rappresentate mura e torri a caso, mentre la torre del Mangia era sempre raffigurata correttamente”.
Quando è nata la sua passione per l’iconografia?
“È nata quando ero giovanissimo, grazie agli scritti di Langton Douglas che mi hanno stimolato il forte interesse per l’evoluzione storica della città. La storia non può basarsi solo sui carteggi documentali, perché a questi si devono aggiungere l’iconografia urbana e la topografia, che assistono la ricerca storica su basi figurate talvolta di grande validità scientifica”.
Nel 1976 il suo primo libro su Siena, ma quanto è stata importante la provincia?
“La mia passione collezionistica mi ha spinto a ricercare soggetti relativi all’antico territorio senese, perché sono sempre stato convinto che Siena non sarebbe stata Siena, se non avesse avuto un territorio così particolare che la alimentava, e che a sua volta, serviva da cassa di amplificazione della cultura senese. Questo è vero sotto il profilo della storia dell’architettura, dell’arte e anche del diritto, Siena infatti è stata antesignana della diffusione del diritto già dal ‘200, quando i rapporti col territorio dominato si basavano su disposizioni statutarie”.
Elisa Manieri
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