Se i microeditori (forse) crescono, fanno crescere e scommettono sulla qualità

il 17/11/2011 - Redazione

Sei nuove case editrici che nascono ogni mese, una ogni 5 giorni. Sessantamila libri pubblicati ogni anno, di cui però la maggior parte non supera le 500 copie vendute: anzi, il 35 per cento dei titoli non vende nemmeno una copia in libreria. Fanno impressione le cifre sulla piccola e media editoria sulle quali in questi giorni ha ragionato La Repubblica, in occasione della Rassegna della Microeditoria di Chiari, in provincia di Brescia. Il paese dove tutti fanno libri, così titolava il giornale, ribadendo ciò che da sempre si sa, che questo è un paese dove lo scrivere e il pubblicare sembrano riscuotere più favore dell'acquistare e del leggere. Uno non finisce di stupirsi e interrogarsi su cosa davvero permetta a tutto questo di andare avanti. E certo, gratta gratta, sotto la superficie dei titoli, delle copertine, dei comunicati stampa, si incontrerebbero chissà quante realtà che non sono quelle che sembrano e dicono di essere. Però poi leggi anche della piccolissima Keller, che è quella che in Italia ha scoperto il premio Nobel Herta Muller (prima del Nobel, ovviamente), leggi de Il Margine che ha venduto 3 mila copie con l'autobiografia di don Dante Clauser, il "prete dei barboni"…leggi e tiri un respiro. Microeditori (forse) crescono e, insieme, fanno crescere anche noi. Crescono e fanno crescere, guarda un po', se scommettono sulla qualità, mica su altro.

Paolo Ciampi

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