Noi esseri umani siamo trasgressivi, perché sappiamo che dobbiamo morire. L’unico modo di ricordarci di noi dopo la morte è lasciare memoria di sé, ed è questo che ha ispira tutta la nostra vita. Così Eugenio Scalfari, durante la presentazione del suo ultimo libro “Scuote l’anima mia Eros” (Einaudi), presentato alla Biblioteca delle Oblate di Firenze, nell’ambito del ciclo “Leggere per non Dimenticare”. A confrontarsi con lui Alberto Asor Rosa, critico letterario, scrittore e politico italiano: Nei libri precedenti di Scalfari, trovavamo una meditazione mescolata di autobiografia. Qui invece la meditazione è quasi del tutto purificata da elementi personali.
La pubblicazione - Nel suo ultimo libro lo scrittore riflette sul desiderio e sulla condizione umana, rivisitando in base alla propria esperienza il pensiero di alcuni tra i più grandi intellettuali della storia europea. Al centro il tema dell’Eros, da quello platonico, fusione di psiche e bios, a quello di Marcuse e Bataille, che ne esaltano la funzione liberatoria per la civiltà. Questo libro – scrive l’autore - è il racconto di uno scontro che avviene in ogni attimo della nostra vita tra le passioni e la ragione; il racconto dell’innocenza perduta, delle trasgressioni, della brama egoistica del potere e la generosità verso gli altri, dell’amore romantico e di quello libertino. E proprio le varie forme dell’amore, una volta identificate, vengono analizzate da Scalfari nel loro interagire: Il sentimento amoroso qui descritto – ha spiegato Asor Rosa -, è in realtà una molteplicità che agita i recessi dell’anima: c’è l’amore di sé, quello per l’altro, e infine quello per gli altri. A questi si aggiunge in noi l’istinto di sopravvivenza, che si collega a una volontà di potenza. Signore di tutti gli istinti, Eros ci infonde lo slancio vitale: Alla base di tutto c’è l’istinto di sopravvivenza – ha affermato Eugenio Scalari -. Coincide con la vita ed è proprio di tutti gli esseri viventi. È l’Essere con la maiuscola, che negli umani si rafforza con l’amore di sé, riflessivo, senza il quale non saremmo in grado di avere consapevolezza del limite che c’è tra noi e l’esterno, senza il quale cioè non sapremmo preservare l’individuo che siamo. Poi abbiamo anche qualcos’altro, un pensiero che riflette verso se stesso; e per questo che abbiamo coscienza della nostra fine.
Il ricordo di Italo Calvino - Il libro si apre con una dedica ad Italo Calvino, una sorta di alter ego, un costante termine di confronto per l’autore: Io sono stato, a differenza di lui – dice Scalari -, un mercuriale che sognava d’essere saturnino. L’autore, che afferma di aver sempre cercato la luce della razionalità, ammette che il sapere e la conoscenza hanno un fondo oscuro nella malinconia, la vera chiave per cogliere la dimensione poetica del mondo: Mi prendeva in modo periodico, circa una volta al mese, una botta di malinconia. Quando la sentivo arrivare avevo il bisogno di ritirarmi in una stanza, da solo, con un pacchetto di sigarette, in penombra. Me ne restavo ore, in compagnia di un disco di musica classica, pervaso da un sentimento di malinconia. Adesso non mi accade più, ma sento ancora tutta la dimensione poetica del mondo. Infine un ricordo dell’adolescenza, gli anni passanti in un liceo di Sanremo, in classe con Italo Calvino: Con Calvino ci siamo conosciuti da giovani, quando non eravamo ancora in grado neppure di conoscere noi stessi. Tuttavia, fu per me un incontro essenziale. Le persone che frequentiamo a quell’età influenzeranno per sempre i nostri interessi, le nostre curiosità, le nostre letture.
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