Giulietta e Romeo sono esistiti davvero; non nella cinquecentesca Verona di Shakespeare bensì nella Siena medievale, lacerata dalle faide tra le famiglie Salimbeni, Tolomei e Marescotti. A svelarlo la scrittrice danese Anne Fortier nel libro “La chiave del tempo” (Sperling & Kupfer), una coinvolgente storia d'amore tra passato e presente, che si ispira ad un fatto di cronaca del 1340 riportato negli annali della città di Siena. Due nobili amanti, un matrimonio segreto, un frate complice, un duello mortale, l’esilio, una pozione dagli esiti fatali. Il romanzo inizia ai giorni nostri: alla morte della zia, Julie Jacobs riceve in eredità una lettera e la chiave di una cassetta di sicurezza, situata nel caveau della Banca Monte dei Paschi di Siena, al cui interno è contenuta una misteriosa scatola contenente un crocifisso, delle carte e una vecchia edizione di Giulietta e Romeo. Seguendo gli indizi Julie scopre di chiamarsi Giulietta Tolomei e di essere discendente della Giulietta vissuta nel 1340. Inizia così ad indagare per scoprire gli intrighi che ancora legano la sua famiglia a quella dei Salimbeni.
E’ stato difficile portare avanti la narrazione su un doppio livello temporale?
“E’ stato molto impegnativo. Nel romanzo alterno un capitolo ambientato ai giorni nostri e un capitolo risalente al 1340 ma ho dovuto scrivere almeno tre o quattro capitoli nel presente e altrettanti nel passato per non confondermi ed evitare confusioni”.
Come nasce l’idea di ambientare il romanzo a Siena e cosa la affascina della città?
“Visitando Siena mi sono resa conto che qui il medioevo è sempre presente; passeggiare per le sue strade significa fare un incredibile salto indietro nel tempo e per me questo è molto affascinante. Ho così pensato che sarebbe stato bello ambientarci una storia, forte del fatto che, grazie agli studi fatti da mia madre, conoscevo la storia realmente accaduta nella Siena medievale. Scegliere un angolo della città che preferisco è molto difficile. Tutte le esperienze che nel libro fa Julie, la protagonista, sono le stesse che ho fatto io e che mi hanno emozionato. Come lei amo Fontebranda ma l’unica cosa che ancora non ho fatto è sedermi in piazza del Campo di notte”.
Nella storia fa riferimento a personaggi, più o meno noti, realmente esistiti o esistenti?
“Sì, mi sono presa questa libertà narrativa. Spicca su tutti Ambrogio Lorenzetti che, nel romanzo, conosce Romeo e Giulietta nel 1340 e ne racconta la storia. Proprio a partire dalla sua cronaca doviziosa Julie, a settecento anni di distanza, inizierà a scoprire le vicende che hanno coinvolto la sua antenata Giulietta Tolomei. Un'altra persona che ho inserito nel romanzo è l’artista senese Massimo Lippi, corrispettivo del maestro Lorenzetti ai giorni nostri. Poi non mancano il parrucchiere Luigi, Giulio del ristorante il Cavallino Bianco e Alessio, il mio amico della contrada dell’Aquila”.
Come si inserisce il Palio all’interno del romanzo?
“Sono incredibilmente attratta dalla Festa dei senesi ma non avendo mai avuto la possibilità di vivere il Palio ho preferito scrivere di quello medievale, il Palio alla Lunga, attingendo dagli scritti di chi prima di me lo ha raccontato”.
Quanto c’è in lei di Julie e in cosa vorrebbe assomigliarle?
“Come lei vorrei avere una famiglia senese. Ad ogni modo in me coesistono sia Julie che la sorella Janice; in fin dei conti tutte le donne hanno una parte chiara e una più scura”.
Simona Trevisi
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