Risate amare in un caffè senza zucchero

il 18/04/2011 - Redazione

Per raccontare il razzismo nella quotidianità di ciascuno di noi ci mancano le parole giuste ed abbiamo scelto allora proprio una storia tratta dell’ultimo libro di Ascanio Celestini “Io cammino in fila indiana”
L’autunno è caldo, c’è tensione.
Entro in un bar
e il barista mi guarda con la faccia di uno che mi sta per dire
“Mò vediamo che mi chiede questo”.
Mi guarda e non dice niente
perché l’autunno è caldo e c’è tensione,
ma fa la faccia di uno che sta per dire
“Vediamo che chiede questo”.

Che io non dico niente
perché l’autunno è caldo e c’è tensione,
ma gli faccio la faccia di uno che gli risponderebbe
“Che vuoi che ti chiedo? un chilo di carne?
Ti chiedo di controllarmi la pressione alle gomme?
Sto in un bar e ti chiedo un caffè!”

Che lui mi fa la faccia di uno che non dice niente
perché l’autunno è caldo e c’è tensione,
ma mi fa la faccia di uno che sta per dire
“E certo! Ti prendi solo un caffè.
Con tutti i paninitramezzinicornetti, porcacola e nazicola,
con tutta la robba che c’ho nel bar
tu ti prendi solo un caffè! Mi fai lavorare per 80 centesimi!”

Che io non rispondo perché l’autunno è caldo e c’è tensione,
ma gli faccio la faccia di uno che gli direbbe che
“Se c’è una cosa normale in questo paese,
in questo porco mondo che va tutto alla rovescia
è proprio di entrare in un bar e prendersi un caffè!”.

Che lui sta zitto perché l’autunno è caldo e c’è tensione,
ma mi fa la faccia di uno che mi starebbe per dire che
“Magari ti ci metti pure un chilo di zucchero.
Mi apri una bustina di zucchero appresso all’altra
e mi finisci lo zucchero. E lo zucchero lo pago io!
Te lo regalo, mica ti aumento il prezzo del caffè.
80 centesimi e mi finisci lo zucchero!”

Che io gli faccio la faccia di quello che,
pure se mi sto zitto perché l’autunno è caldo e c’è tensione,
ma gli faccio la faccia di quello che gli risponderebbe che
“Io lo prendo amaro il caffè e lo prendo pure ristretto,
che mi dovresti pure ringraziare,
che manco ti faccio lavorare tanto per i tuoi 80 centesimi,
che quasi quasi mi dovresti fare lo sconto!”

Che quello mi guarda
con la faccia impunita di uno che mi direbbe
“Dieci clienti che entrano dentro questo bar,
dieci caffè che faccio e non ce ne stanno due uguali.
C’è quello che lo vuole ristretto e quello che lo vuole lungo,
c’è quello che lo vuole decaffeinato
e quello che lo chiede corretto,
c’è quello che lo beve d’orzo e quell’altro al ginseng
e poi quello macchiato, macchiato caldo e macchiato freddo,
e quell’altro ancora che se lo beve americano,
ma americano con l’acqua a parte, ma mica calda calda,
lo vuole americano con l’acqua a parte ma appena stiepidita”.

Che insomma il barista mi fa ‘sta faccia
che non mi dice niente
perché l’autunno è caldo e c’è tensione
ma mi fa la faccia di quello
che gli rode che fa dieci caffè diversi
“E magari mi scrocchi anche il cesso!”

Che io non rispondo perché l’autunno è caldo e c’è tensione,
ma gli faccio la faccia di uno che gli direbbe
“E dove devo andare a pisciare?
Ti piscio nella zuccheriera? mi dai il catetere?”

Che lui mi fa la faccia di quello che
sta zitto perché l’autunno è caldo e c’è tensione,
ma mi fa la faccia di quello
che mi direbbe “Zecca comunista!”

Che io sto zitto perché l’autunno è caldo e c’è tensione,
ma gli faccio la faccia di quello che gli farebbe
“Fascisti carogne tornate nelle fogne!”

Che lui mi fa la faccia di quello che
sta zitto perché l’autunno è caldo e c’è tensione,
ma mi fa la faccia di quello
che mi direbbe “Ti spacco la faccia!”

Che io sto zitto perché l’autunno è caldo e c’è tensione,
ma gli faccio la faccia di quello
che gli farebbe “Ti brucio il bar!”

Che lui mi fa la faccia
di quello che mi direbbe “Ti do una coltellata!”

Che io gli faccio la faccia
di quello che gli farebbe “Ti sparo a una gamba!”

Che a un certo punto arriva un filippino
con un mazzo di rose.

Dopo dieci minuti che io e il barista
ci guardiamo in silenzio e in cagnesco
il filippino delle rose dice “Una rosa un euro, grazie!”.

Che allora io parlo e dico
“Filippino…te l’ho già dato l’euro.
Te l’ho dato per lo tsunami che v’ha smantellato le case.
Te l’ho dato con l’sms.
E quando sono tornato a casa
ho scoperto che pure mia moglie te l’aveva dato.
Mi pare che già stiamo a due euro
e non c’abbiamo manco una rosa.
E mò vuoi un altro euro? Cosa ci fai con tutti ‘sti euro?
Ti ci compri il suv?”

Che il barista pure lui parla.
Tira fuori la pistola da sotto al bancone,
la punta in faccia al filippino
e gli fa “Filippino…esci da questo bar,
se no ti mando a vendere fiori al camposanto!”

Anche la rozza Sparta e l’elegante Atene
Si coalizzavano quando trovavano un nemico comune.
Questa è la democrazia
”.

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