Raffaello Andreini, una storia nel cassetto mai pubblicata

il 28/03/2011 - Redazione

La storia universale è quella di un solo uomo diceva Borges. E oltre ai tanti diari di guerra dati alle stampe, grazie ai quali vicende personali sono state elevate a racconto collettivo, ci sono anche storie di prigionia mai raccontate che rappresentano un autentico documento di storia. Una di queste è quella di Raffaello Andreini di Sant’Angelo in Colle. Proponiamo qualche stralcio dei suoi diari, nella piena consapevolezza che, forse più di tutto, è proprio il racconto delle vicende personali e dei microcosmi che le contengono a dare veramente il senso di ciò che è successo.
Raffaello Andreini si arruola all’età di 19 anni il 10 maggio 1943 molto orgoglioso di andare a difendere la cara Patria. La sera stessa scrive nel suo diario: Sono partito dal mio piccolo paese salutando i miei cari, amici e parenti, e mi hanno mandato a Cividale (Udine) nel Corpo Guardia alla Frontiera. Da lì a quattro mesi il ragazzo di Sant'Angelo sarebbe finito prigioniero dei tedeschi: Il giorno 10-9-43 ci hanno detto che ci portavano a Milano; poi invece la cronaca è stata smentita. Verso le ore otto della sera ci hanno salito su di un treno e ci hanno portato alla prima stazione austriaca che sarebbe Linz. Il peggio per lui deve ancora venire. Dopo 6000 chilometri e un viaggio durato dieci giorni, raggiunge la Prussia Orientale e viene rinchiuso in un campo di concentramento, piastrina n. 2280. Nei mesi successivi avrebbe scritto: Oggi sono preso da una grande malinconia e mi vengono alla mente tante cose di quando ero tra i miei cari ed i miei compagni, invece mi trovo qui tra questa palude e fra questi quattro fili spinati senza avere né colpa né peccato e carico di pidocchi, e sporco quanto mi pare senza neppure potermi lavare la faccia perché non c'è acqua, con molta fame; Questa è la vita di un giovane ventenne che passa sotto il dominio di un'altra nazione. Ho cercato di distrarmi, perché altrimenti sentivo che stavo molto male. Si arriva così alla primavera del 1945. L’ultima pagina di diario è la prima di un nuovo racconto, quello del ritorno a casa: Sceso dal camion trovai subito un mio amico, lo salutai felicemente, ansioso e con molta gioia gli chiesi se andava ad avvertire i miei genitori. Dopo poco incontrai i miei cari: la contentezza e la gioia di riabbracciarli dopo tanto tempo non la so neppure descrivere; subito dopo è stato tutto un salutare e raccontare un pò della mia vita vissuta in questo periodo mancante dal mio paese, ad amici e parenti. Così, giorno per giorno, sto riprendendo la mia vita regolare.

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