“Quest’anno ci riprendiamo l’8 marzo”, parla la scrittrice Lidia Ravera

il 07/03/2011 - Redazione

Donne che dicono no agli stereotipi e che rivendicano la propria dignità e la propria dimensione sociale. Un messaggio rabbioso e agguerrito e che, in vista dell’8 marzo, acquisisce ancora più forza e veemenza. Ne abbiamo parlato con la scrittrice Lidia Ravera, una grandissima personalità, attivissima nei movimenti per la rivendicazione della dignità del genere femminile, tanto deturpato quanto svilito dalle ultime pagine della cronaca nazionale e politica.

Lidia, quale è il ruolo della donna nella società di oggi? - “La situazione della donna in questo paese è diventata talmente una merda che succederà qualcosa. Oggi la donna è un quarto di manzo, un pezzo di carne. Una funzione del desiderio maschile. Siamo scivolati indietro in modo sconcertante. Forse adesso però torneremo ad essere le “castiga-matti” perché vedo le donne molto decise a organizzarsi e dire basta. Basta fare un giro nel web. Nascono gruppi continuamente. Tutti formati da donne intelligenti, colte, brave, incazzate nere e che scrivono pure bene. Sono allucinata dalla qualità. Peggio per voi, poveri maschietti”.

E il ruolo della donna nella politica? - “Nella politica ci sono le “uome”, sarebbe ora che arrivassero le donne vere, io non dispero. Le “uome”, per intenderci, sono le donne che hanno imparato il linguaggio e i pensieri dei maschi, quindi sono state cooptate. A noi non ce ne frega niente delle donne cooptate, vogliamo le donne, quelle vere. Mi piacerebbe una democrazia di genere, condizione senza la quale non è possibile discutere. Il 50% degli eletti devono essere donne, così come la stessa percentuale ci deve essere tra i ministri. Certo, magari sarebbe preferibile parlare in questo caso di donne che hanno fatto carriera politica e non che sono andate a letto con il Presidente del Consiglio. Lo stesso 50% nei cda, nelle direzioni dei giornali, ovunque. Democrazia è quella percentuale lì. A quel punto ci sarebbe una bella scelta e forse qualcosa potrebbe succedere, forse”.

Tre valori che una donna di oggi deve avere e tre pecche che assolutamente non deve avere. - “Il senso del suo valore, della sua dignità e l’indipendenza. Economica e mentale dagli uomini. Le donne non devono più avere bisogno degli uomini. È ammesso il desiderio, non il bisogno. Ma proprio perché non c’è la necessità dell’uomo, allora sì che entra in gioco il desiderio, non auspicherei un mondo di zitelle. Le tre pecche si evincono: dipendenza, l’uso del proprio corpo come scorciatoia per avere carriera e denaro, e la paura d’invecchiare. Le donne non devono avere paura di invecchiare. Le donne devono smettere di ricorrere alla chirurgia per dimostrare qualche mese in meno. Perché, così come gli uomini, sono persone. E le persone possono essere affascinanti o repellenti indipendentemente dall’età. Invece le donne hanno la tendenza ad adeguarsi al modello e di conseguenza invecchiano molto male. Basta con questi stereotipi. Ci sono degli uomini affascinantissimi a 80 anni e altri noiosissimi a 25. Ed è lo stesso per le donne. Di fatto le donne devono imparare a diventare persone e ad avere piena percezione di sé. Non sono una categoria. Le donne sono un genere con tutti i pregi e i difetti che hanno tutte le persone. Non devono essere uno stereotipo che si riduce tutto alla mera bellezza. Capisco selezionare una ragazza sulla bellezza perché questa deve fare la fotomodella, non una che deve fare il ministro o l’amministratore di un’azienda. Per l’uomo esiste questo limite perché se sei piacente e atletico, allora sei un calciatore. Un sessantenne non lo è. Per le donne invece questo messaggio tende ad essere travalicato”.

8 marzo. Come si è evoluta e quali significati porta con sé questa data? - “Dell’8 marzo non ce ne frega un piffero da sempre. Quest’anno però ce lo riprendiamo. Faremo casino in tutta Italia con piazze rigurgitanti di eventi, happening ed una generale e aggressiva allegria. E quest’anno ha senso festeggiarlo. Ha senso perché c’è questo movimento che dice basta, che dice “Se non ora quando”, che è il giusto seguito della manifestazione di febbraio. Saremo tante, determinate e allegre. Perché in questo paese melma, in questo pantano in cui viviamo si ripete sempre la stessa scena da 20 anni ininterrottamente e questo risveglio delle donne a livello trans generazionale è la prima buona notizia da mesi e mesi”.

Perché proprio “se non ora quando”? Non sarebbe forse stato meglio perché non sempre? - “La frase è una citazione da Primo Levi. E serve per dire Adesso. Cioè “se non ora quando” vuol dire che abbiamo aspettato per tanto fino ad adesso, ma ora muoviamoci”.

L’8 marzo è stato strumentalizzato nel corso degli anni? - “Decisamente sì. È una scemenza così come il 14 febbraio e via dicendo. È la data in cui alle donne veniva regalata una mimosa, quest’anno è il momento in cui la mimosa gliela ficchiamo in gola! Le date sono date, e i rituali rappresentano quel che vogliono rappresentare. Però quest’anno mi sembra che abbia un senso festeggiare l’8 marzo. Questo velo che si è stralciato e che ci ha fatto vedere questo nido di vermi brulicanti ci ha offese e intristite. Ci ha messe in difficoltà con le nostre figlie perché se una ragazza vede che la sua compagna di banco ha un successo immediato vendendo il suo corpo, allora anche lei può pensare a mostrare il culo e smette di studiare. Tutto questo ci ha fatto sentire trastullo dei potenti, merce di scambio, una specie di cadeau fisso per ingraziarsi il potente di turno: veramente una cosa triste e squallida. Credo inoltre che questa abitudine maschile di pagare le donne sia legata al gran terrore degli uomini di un rapporto paritario. Ed è per questo che mi ha fatto piacere vedere il 13 febbraio molti uomini con un cartello con scritto “io non ho paura delle donne intelligenti”. Il che significa “io non ho paura della relazione”, “non ho paura del confronto”. Perché quando paghi una donna, eviti di essere sfanculato. E questo non può che denotare una profonda insicurezza maschile”.

Che valore ha festeggiare l’8 marzo nei 150 anni dell’Unità d’Italia? - “Beh l’Italia è un paese totalmente lacerato e diviso al suo interno. Quando Berlusconi dice che è stato votato dagli italiani dice una gran balla. Lo hanno votato il 25% degli italiani. E io vorrei che si tenesse conto anche del restante 75%. Il nostro è un paese spaccato politicamente, geograficamente ed economicamente. Poi adesso la Lega vuole rendere questa spaccatura definitiva in modo che le regioni più ricche lascino crepare quelle più povere. E quindi festeggiare l’Unità d’Italia mi fa ridere e piangere. Proviamo ad utilizzare questa ricorrenza come momento di riflessione sul perché l’Italia sia un paese così diviso”.


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Andrea Frullanti

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